Come stabilire di chi è il sottotetto in condominio secondo i parametri utilizzati dalla Corte di Cassazione.
Tra le varie controversie condominiali ve ne sono alcune intramontabili, tra cui il dibattito sulla proprietà del sottotetto. Quest’area, compresa appunto tra il tetto e il solaio di copertura, non è abitabile proprio per la sua conformazione ma può rivelarsi un ambiente molto utile. Spesso viene impiegato come deposito o locale adibito a usi come lo stenditoio, se rispetta i requisiti di agibilità. Ancora, il sottotetto può essere sfruttato come area di passaggio verso altri locali, ma è anche possibile renderlo abitabile rispettando i precisi requisiti normativi di riferimento. In questo caso, si parla di mansarda.
La proprietà del sottotetto non è fissa. In alcuni edifici è uno spazio comune condominiale, in altri appartiene in via esclusiva a uno o più proprietari. Questo spazio non viene infatti citato tra le aree comuni del condominio - che solo difficilmente possono diventare esclusive - ma spesso si presta all’uso condiviso. La questione è dibattuta, anche perché ha riflessi importanti nella vita dei condomini, soprattutto coloro che abitano all’ultimo piano.
Pur non essendoci una regola generale sulla proprietà del sottotetto, c’è un consolidato orientamento della Corte di Cassazione in merito ai criteri per la determinazione della titolarità di quest’area. Nemmeno i giudici, infatti, propendono per una soluzione in via maggioritaria, ma concordano sui parametri da utilizzare per stabilire la proprietà del sottotetto. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Bologna, nello specifico la n. 1565/2024, conferma l’uso dei criteri attenzionati dalla Cassazione, ossia la destinazione d’uso, la funzione e la caratteristica strutturale.
Di chi è il sottotetto in condominio?
La presenza di eventuali atti di proprietà o di menzioni specifiche nel regolamento condominiale chiarisce in modo indiscusso la titolarità del sottotetto, perlomeno se non è variata per effetto dell’usucapione. Il problema è che nella stragrande maggioranza dei casi non viene specificato alcunché in merito a questo spazio, come dimostrato dall’elevato numero di cause civili sull’argomento.
Secondo la Corte di Cassazione, un importante parametro di valutazione è rappresentato dalle caratteristiche strutturali del sottotetto e dalla sua funzione originaria. In particolare, si può ritenere il sottotetto di proprietà esclusiva del condomino sottostante quando lo spazio ha la funzione specifica di isolare l’appartamento sottostante da umidità e forti variazioni di temperatura, ma anche quando non è accessibile da altre unità immobiliari né materialmente condiviso.
La destinazione d’uso è quindi una linea guida fondamentale per la determinazione della proprietà del sottotetto, da ritenersi di proprietà comunque quando appunto destinabile (o già destinato) all’uso comune. Per esempio, la citata sentenza della Corte d’Appello di Bologna ha riconosciuto la proprietà esclusiva del sottotetto in favore del proprietario dell’appartamento sottostante, considerando i seguenti elementi:
- destinazione d’uso rivolta unicamente all’unità immobiliare sottostante;
- isolamento termico come unica funzione;
- nessun accesso o praticabilità per altri condomini;
- assenza di elementi comuni all’interno del sottotetto;
- utilizzo sempre esclusivo del sottotetto.
La sentenza n. 10269/2023 della Cassazione riconosce invece la proprietà condivisa del sottotetto autonomo rispetto all’unità immobiliare sottostante, con accessi e praticabilità, che può essere sfruttato (anche solo potenzialmente) per fini comuni. Opera in questo caso la cosiddetta presunzione di condominialità, ciò significa che si considera il bene uno spazio comune, ma è possibile provare il contrario.
In caso di controversie la proprietà del sottotetto deve essere stabilita in modo certo, pertanto in assenza di un titolo di proprietà è indispensabile rivolgersi al tribunale per dirimere la lite. Le linee guida, per quanto consolidate nella giurisprudenza, non sono infatti regole ferree e generali e non permettono di far valere il diritto di proprietà in caso di diniego degli altri condomini (o viceversa).
Soltanto la sentenza, analizzando il caso specifico con tutti gli elementi rilevanti, può fornire una risposta certa in proposito. Conoscere il metodo di valutazione permette tuttavia di farsi un’idea in proposito ed eventualmente evitare liti.
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