Per l’organizzazione guidata da Carlo Bonomi la ripresa potrebbe slittare al 2022 stando a numeri e scenario attuali. I dettagli
Ancora decisamente negativo l’orizzonte economico del Belpaese dipinto da Confindustria. Dopo aver evidenziato appena qualche giorno fa le elevate probabilità che il 2020 finisca in recessione, l’organizzazione guidata da Carlo Bonomi fa notare il rischio che la ripresa slitti al 2022.
Sarà infatti estremamente difficile che il Paese arrivi a segnare una crescita del 5% di PIL nel 2021 se si guarda allo scenario attuale, con una quotidianità di affanni e restrizioni innnescate dalla cosiddetta seconda ondata di coronavirus
Prospettiva che - avverte Francesca Mariotti, dg di Confindustria - porta a ritenere concreti i rischi di una ripresa direttamente al 2022. A pesare sullo scenario futuro di certo anche le già diffuse incertezze per il quarto trimestre, tracciate dall’ultimo studio in arrivo da viale dell’Astronomia.
Confindustria: ripresa slitta a 2022
La prospettiva nera dipinta da Confindustria arriva appena dopo la più recente constatazione relativa a un quarto trimestre del 2020 molto indebolito dalla seconda ondata:
“I dati congiunturali per il quarto trimestre non lasciano intravedere la prosecuzione del recupero”,
notano infatti da viale dell’Astronomia.
Rallentamenti dell’attività economica del Paese di certo meno imponenti rispetto al primo lockdown, e a macchia di leopardo vista la scelta di dividere il Paese in zone, ma che non lasciano più grossi spiragli alle percentuali di crescita stimate prima dell’ultimo più grave periodo della pandemia.
Estendendo poi la lettura dei numeri all’intero 2020 si nota un PIL che - spiega Confindustria - “ha registrato una caduta mai vista in tempi di pace”:
“Una crescita del PIL pari al 5% per il 2021 come ritenevano in molti fino a un mese fa richiederebbe forti variazioni positive dal secondo trimestre, che al momento sembrano difficilmente realizzabili”.
Uno scenario che impone una “strategia di rientro consistente” nel post-coronavirus, con “investimenti e riforme” che per il momento secondo la dg Francesca Mariotti si sono mostrati “timidi”:
“Insufficienti le risorse destinate a quella che viene definita la riforma dell’Irpef: al netto delle somme stanziate per la riforma sull’assegno universale e degli assegni alla famiglia, ammontano a circa 3 miliardi di euro nel 2022 e 2 miliardi nel 2023. Per un’imposta che apporta alle casse erariali circa 200 miliardi l’anno, si tratta di un margine di manovra dell’1%”.
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