Vediamo insieme le novità legislative del pignoramento del conto corrente con i relativi limiti per dipendenti e pensionati e lavoratori autonomi con partita iva.
Come ben riepilogato da Agenzia delle Riscossione, il pignoramento presso terzi riguarda i crediti che il debitore ha verso terzi (per esempio il conto corrente, stipendio), oppure cose del debitore che sono in possesso di terzi.
Con questa procedura si richiede a un terzo di versare direttamente all’Agenzia delle entrate-Riscossione quanto da lui dovuto al debitore di quest’ultima, che, a sua volta, è creditore del terzo.
Se il pignoramento riguarda stipendi, salario, o qualsiasi altra indennità derivante da rapporto di lavoro o di impiego, esistono per l’Agente della riscossione alcuni limiti a seconda che si parli di un lavoratore dipendente, di un libero professionista o di un pensionato.
Ma vediamo insieme come funziona:
Le regole del pignoramento del conto corrente
Le ultime novità legislative: pensioni
Dal 22 giugno 2022 arrivano novità per il pignoramento presso terzi. In particolare, in ragione della entrate in vigore con la pubblicazione del 24 dicembre 2021 in G.U. della legge delega n. 206/2021 (art. 32) sono state introdotte novità all’art. 543 c.p.c. ossia sono stati aggiunti due commi con la conseguenza che l’omissione di alcune formalità renderanno inefficace il pignoramento.
La legge di conversione 21 settembre 2022, n. 142 (in G.U. serie generale n. 221 del 21 settembre 2022) del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115, recante misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali, ha inserito dopo l’articolo 21 il seguente: «Art. 21-bis. – (Modifiche al limite di impignorabilità delle pensioni) – 1. Il settimo comma dell’ articolo 545 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente: “Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro.
La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, dal quarto e dal quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge». Dunque, le novità si pongono su due piani: per un verso, è stato rivisto al rialzo il limite alla pignorabilità delle pensioni collegato all’ammontare dell’assegno sociale che, invece, di essere pari alla misura massima mensile dell’assegno sociale aumentato della metà è oggi corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale e, per altro verso, è stato previsto il limite minimo di € 1000,00.
Si evidenzia che l’importo dell’assegno sociale, nella sua misura piena, per il 2022 è di 468,28 euro per 13 mensilità. Infatti, con la Circolare n. 33 del 28 febbraio 2022, l’Inps ha rideterminato l’importo dell’assegno sociale in euro 6.085,43.
Sul punto corre l’obbligo di rammentare che la sentenza n. 400 del 1999 ha qualificato l’assegno sociale come «nuova prestazione assistenziale prevista dall’ordinamento per coloro che versano in situazione di indigenza» in sostituzione della pensione sociale; si tratta dunque di una prestazione economica, erogata a domanda, in favore di cittadini che si trovano in condizioni economiche particolarmente disagiate con redditi non superiori alle soglie previste annualmente dalla legge.
La pignorabilità dello stipendio
Per il 2022, la legge di Bilancio, ha introdotto alcune importanti novità relative al pignoramento dello stipendio.
Non tutti i crediti del debitore sono pignorabili, quindi, esistono dei limiti per la pignorabilità dello stipendio.
Questi limiti, impediscono di toccare i crediti alimentari e quei crediti che hanno come oggetto sussidi di grazia o sostentamento o dovuti per altre cause (maternità, malattie o funerali). Entrando più nel dettaglio dei limiti della pignorabilità sullo stipendio, secondo la normativa del 2022, deve corrispondere a:
un quinto: quando si tratta di debiti di lavoro o di tributi provinciali e comunali omessi;
un terzo: quando la pendenza riguarda gli alimenti dovuti per legge.
Quello che emerge chiaramente è che lo stipendio da lavoro dipendente può essere sottoposto a pignoramento ma esistono dei salvagenti per il debitore imposti dalla stessa legge.
È previsto infatti che il pignoramento debba assicurare quello che viene definito minimo vitale per condurre una vita dignitosa. Ciò significa che viene posto un limite massimo al di sopra del quale non è possibile pignorare un solo centesimo dello stipendio del debitore.
Esiste poi un’altra distinzione doverosa da segnalare. Il pignoramento potrebbe essere effettuato direttamente presso l’azienda o interessare lo stipendio già accreditato in banca.
Nel primo caso, come vedremo, l’importo viene trattenuto in busta paga e il limite alla pignorabilità è stabilito in misura fissa, mentre nel secondo il limite è variabile di anno in anno.
Le quote pignorabili sono:
- 1/10 dello stipendio quando l’importo è inferiore ai € 2.500,00;
- 1/7 dello stipendio se l’importo è inferiore ai € 5.000,00;
- 1/5 dello stipendio quando l’importo supera i € 5.000,00.
L’aver stabilito tali quote fa sì che, in termini pratici, non vi siano stipendi che non sono pignorabili. Infatti, anche nel caso in cui il reddito percepito sia all’atto pratico molto basso, rimane ugualmente attaccabile tramite pignoramento.
Il pignoramento del conto corrente alle Partite Iva
Il primo bene aggredibile di un professionista con partita Iva in sede di pignoramento dei bene è il conto corrente ovvero i redditi e le risorse finanziarie accumulati. Secondo le vigenti, non ci sono limitazioni al prelievo. E poco conta che il lavoratore sia in stato di disoccupazione ovvero che non lavori.
In caso di conto corrente cointestato, il fisco può procedere al pignoramento per il 50% del suo valore. L’attenzione può quindi spostarsi sui beni mobili di valore, come gioielli e arredi di pregio, di valore artistico o antiquario.
E naturalmente anche l’auto del professionista con partita Iva può essere pignorata. Ma solo se non è usata pe ragioni di lavoro, come accade nel caso di un agente di vendita.
Anche la casa è un bene attaccabile. Ma solo se sull’immobile da ipotecare l’ente di riscossione ha iscritto un’ipoteca da almeno sei mesi, dopo aver inviato al debitore un avviso di ipoteca e aver aspettato che trascorressero 30 giorni prima dell’iscrizione. Oppure se il valore complessivo degli immobili di proprietà del debitore è maggiore di 120.000 euro o se il debito erariale supera i 120.000 euro.
Tuttavia l’abitazione non può essere pignorata se l’immobile non è accatastato nelle categorie A8 o A9 ovvero non è una villa, un castello o un palazzo di pregio artistico e storico. Oppure se è la casa nella quale ha la residenza anagrafica, se è il suo unico immobile di proprietà, se la casa è adibita a civile abitazione.
Tra le cose mobili non pignorabili ci sono a un professionista con partita Iva ci sono l’anello nuziale, i vestiti, la biancheria, i letti, i tavoli per la consumazione dei pasti con le relative sedie, gli armadi guardaroba, i cassettoni, il frigorifero, le stufe ed i fornelli di cucina, anche se a gas o elettrici, la lavatrice, gli utensili di casa e di cucina unitamente ad un mobile idoneo a contenerli. Questi oggetti sono esclusi in quanto indispensabili al debitore ed alle persone della sua famiglia con lui conviventi.
Non rientrano però in questa categoria i mobili, tranne i letti, di rilevante valore economico, anche qualora lo siano per pregio artistico o di antiquariato. Semaforo rosso pure per le decorazioni al valore, le lettere, i registri e in generale gli scritti di famiglia, nonché i manoscritti, salvo che formino parte di una collezione. Stessa cosa per gli alimenti e i materiali combustibili necessari per un mese al mantenimento del debitore e delle altre persone della sua famiglia con lui conviventi.
Nessuna possibilità di pignoramento per le armi e gli oggetti che il debitore ha l’obbligo di conservare per l’adempimento di un pubblico servizio. Infine, non intoccabili pure gli oggetti sacri che servono all’esercizio del culto.
Non rientrano tra le proprietà, ma sono solo relativamente non pignorabili gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l’esercizio della professione, dell’arte o del mestiere del debitore. Questi beni possono essere pignorati, nei limiti di un quinto, quando il valore di realizzo stimato degli altri beni non è sufficiente per la soddisfazione del credito.
Cosa è pignorabile e cosa no
Non tutte le somme depositate della Banca sono oggetto di pignoramento. A tal proposito, la giurisprudenza si è interrogata con particolare riferimento al c.d. margine disponibile.
Il problema essenzialmente concerne tutte quelle ipotesi in cui il saldo del conto corrente affidato è in negativo. La giurisprudenza sul punto si è interrogata sulla pignorabilità dei successivi versamenti effettuati.
In primo luogo ricordiamo cosa sono i conti correnti affidati. Si ha affidamento bancario ogniqualvolta la banca mette a disposizione del cliente una somma di denaro che può essere prelevata (entro i limiti pattuiti con l’istituto bancario) dal correntista anche qualora il saldo del proprio corrente sia negativo.
La peculiarità di questo fattispecie è che le somme a disposizione non sono del correntista debitore ma della banca, dunque, non è possibile che le stesse possano essere sottoposte a pignoramento.
In caso di conto corrente affidato con saldo negativo, la Banca non provvederà a rendere la dichiarazione di cui all’art. 547 c.p.c. circa le predette somme a disposizione del correntista. Anche le successive somme affluite sul conto, dunque, sono volte a ripristinare la provvista.
Quindi, anche queste ultime non potranno essere pignorate, se non hanno comportato un ripristino del saldo positivo. Esse sono volte a ridurre o estinguere il saldo del debitore.
Dunque, la Banca provvederà alla dichiarazione ex art. 547 c.p.c. del terzo pignorato dovrà essere negativa ogniqualvolta il saldo non è positivo, anche laddove siano effettuati ulteriori versamenti sul conto corrente, se tali versamenti hanno ridotto il saldo del debitore.
© RIPRODUZIONE RISERVATA