Coronavirus nei visoni: anche l’Italia è in pericolo? Facciamo chiarezza

Martino Grassi

12 Novembre 2020 - 19:30

Il coronavirus si è diffuso anche nei visoni dando vita ad una nuova mutazione chiamata Cluster 5. Ma questi animali rappresentano davvero un pericolo per l’uomo e per l’Italia?

Coronavirus nei visoni: anche l’Italia è in pericolo? Facciamo chiarezza

Una nuova variante di coronavirus è stata individuata all’interno di alcuni allevamenti di visoni in Danimarca. La vicenda ha da subito sollevato diversi allarmi, soprattutto dopo le dichiarazioni da parte delle autorità relative al fatto che questa nuova mutazione potesse compromettere le ricerche sul vaccino. Il nuovo ceppo è stato rilevato anche in Italia, e adesso è scattato l’allarme, tanto che una Regione sta valutando di chiudere i propri allevamenti. Ma questi animali rappresentano davvero un rischio per il nostro Paese e l’Europa?

I visoni affetti da coronavirus sono davvero pericolosi?

Dopo aver individuato una nuova mutazione, chiamata Cluster 5, all’interno degli allevamenti di visoni il governo danese ha dato ordine lo scorso 4 novembre di eliminare tutti gli animali, per prevenire una possibile diffusione di questo nuovo ceppo di virus. Il provvedimento è stato interrotto poco dopo, in seguito all’opposizione di alcuni legislatori.

La decisione dal Governo dei Paesi Bassi è stata presa poiché ha iniziato a radicarsi il timore che questo tipo di mutazione avesse il potenziale per diminuire l’efficacia dei vaccini attualmente in fase di sviluppo, tuttavia ancora non vi sono delle conferme a livello scientifico su quali possano essere effettivamente gli effetti di queste mutazioni.

Da quanto emerge per il momento dai pochi dati a disposizione, le mutazioni dei visoni indeboliscono l’azione degli anticorpi, tuttavia dai primi studi di laboratorio e dalle analisi computerizzate condotte a riguardo non è ancora possibile stabilire con certezza quale siano i comportamenti del virus nell’uomo. Tuttavia diversi esperti sostengono che le mutazioni rilevate negli allevamenti di visoni non avranno particolari ripercussioni sull’uomo.

Non molto tempo fa, Jesse Bloom del Fred Hutchinson Cancer Research Center, aveva pubblicato un post su Twitter in cui affermava: “Cosa significa questo per la trasmissione umana o la malattia? Impossibile dirlo, ma probabilmente niente almeno per la trasmissione”. Della stessa opinione anche il genetista Francois Balloux dell’University College di Londra, secondo il quale non c’è motivo di preoccuparsi. La conferma definitiva arriva anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo la quale: “È troppo presto per saltare a conclusioni sulle implicazioni di queste specifiche mutazioni”.

Il rischio di contagio dal visone all’uomo

Da uno studio pubblicato sulla celebre rivista Science, arriva la conferma che il coronavirus riesca a fare il salto di specie sia dall’uomo al visone che viceversa. La ricerca è stata condotta sequenziando il genoma del virus proveniente da 16 allevamento di visoni in Olanda. A tal proposito fanno sapere gli scienziati:

“Ulteriori ricerche su visoni e altre specie di mustelidi sono importanti per capire se questi animali rischiano di diventare un serbatoio di Sars-CoV-2. È imperativo che il settore della produzione e del commercio di pellicce non diventi serbatoio di un futuro spillover di Sars-CoV-2 per gli esseri umani”.

È infatti ormai cosa nota che diversi animali siano suscettibili al nuovo coronavirus, come dimostra anche il cane risultato positivo in Puglia, tuttavia l’origine zoonotica della pandemia di nuovo coronavirus è ancora sconosciuta, ossia ancora non si è riusciti a comprendere con certezza quale sia stato l’animale che ha fatto da ponte con l’epidemia che si è diffusa nell’uomo.

I primi visoni positivi nei Paesi Bassi sono stati trovati lo scorso aprile, e da allora è stato attivato da subito un sistema risposta nazionale per le malattie zoonotiche, oltre che un programma di sorveglianza. Anche gli 8 allevamenti presenti in Italia vengono costantemente monitorati affinché non si verifichino dei focolai come accaduto in altri Paesi europei. Alla fine del mese di giugno infatti, il 68% dei dipendenti negli allevamenti olandesi e i loro contatti, sono risultati positivi al coronavirus. La maggior parte dei ceppi erano specifici degli umani, tuttavia alcune persone erano state infettare da ceppi virali di origine animale. In sostanza erano stati registrati sia casi in cui l’uomo aveva infettato i visoni, sia casi in cui i visoni avevano contagiato gli uomini.

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