Scopriamo in che modo questo servizio può agevolare lo scambio delle criptovalute, quali sono le tipologie esistenti e quanto sono sicure
Con il termine blockchain bridge si indica un servizio che connette due blockchain differenti e rende possibili delle interazioni tra di loro, colmando uno dei limiti più grandi di questa tecnologia: l’assenza di interoperabilità. Per fare un rapido esempio, chi possiede dei Bitcoin ma desidera partecipare ad attività di finanza decentralizzata su Ethereum, può sfruttare uno di questi “ponti virtuali”, senza vendere la criptovaluta.
Che cosa succede, di preciso, ai token disponibili solo su una blockchain che ne raggiungono un’altra tramite un bridge? Un altro esempio può aiutare a chiarire questo aspetto. Supponiamo di usare un blockchain bridge per inviare un Solana (SOL) verso un wallet di Ethereum. La criptovaluta che raggiunge il portafoglio non è quella originale, ma una sua versione “wrapped”, ossia convertita in un token compatibile con la blockchain di destinazione. Nel caso dell’esempio in questione, il Solana diventerebbe un generico token ERC-20, in grado di operare sulla blockchain di Ethereum.
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Quali tipi di blockchain bridge esistono?
Alcuni blockchain bridge sono unidirezionali e permettono di trasferire delle risorse da una blockhain all’altra, senza poterle però riportare indietro. Per esempio, Wrapped Bitcoin permette di inviare bitcoin verso la blockchain di Ethereum (convertendoli in ERC-20 stablecoin), ma non di mandare Ether sulla blockchain di Bitcoin. Altri “ponti” come Wormhole e Multichain sono bidirezionali e consentono di trasferire risorse da e verso una o più blockchain.
I blockchain bridge, inoltre, possono essere centralizzati o decentralizzati. La differenza principale tra le due tipologie risiede nell’identità di chi controlla i token utilizzati per creare le risorse trasferite tramite il ponte. Per esempio tutti i Wrapped Bitcoin (WBTC) sono custoditi dalla società fiduciaria BitGo. Il blockchain bridge in questione è dunque centralizzato. I ponti decentralizzati, invece, sono controllati del tutto dai contratti intelligenti (smart contract). In questo caso il controllo dei fondi non è affidato ad alcuna entità centrale. Degli esempi di questa tipologia di blockchain bridge sono Wormhole e Multichain.
Le ragioni per usare un blockchain bridge
Trasferire delle risorse da una blockchain all’altra può portare con sé numerosi benefici. Per esempio, alcune blockchain sono più economiche e veloci di quella nativa di una certa criptovaluta. È questo il caso di Ethereum, dove le commissioni elevate e la lentezza generale possono mettere in difficoltà chi muove i primi passi nel mondo della finanza decentralizzata. Portare le proprie risorse su una blockchain più rapida, come Arbitrum o Polygon può consentire di scambiare dei token ERC-20 per una frazione del costo originale, senza alcun compromesso. Altri investitori, invece, potrebbero sfruttare i ponti per sfruttare dei mercati esistenti solo su una blockchain differente da quella che utilizzano di solito. Per fare un esempio, il protocollo di finanza decentralizzata Orca è disponibile solo su Solana, ma supporta anche una versione “wrapped” di ETH.
Con il passare del tempo, i blockchain bridge stanno diventando più semplici da utilizzare. Molti protocolli di finanza decentralizzata li integrano al loro interno, così da consentire agli utenti di scambiare i token senza dover lasciare la piattaforma. Ciò rende il processo di conversione delle criptovalute tramite i ponti meno scomodo.
Quanto sono sicuri i blockchain bridge?
Pur essendo molto utili, i blockchain bridge possono nascondere delle insidie. Su alcuni dei ponti decentralizzati più recenti, per esempio, sono stati condotti pochi test atti ad accertarne la sicurezza. Anche quelli in circolazione da più tempo tendono a presentare delle falle che possono essere sfruttate, com’è successo negli scorsi mesi a Wormhole e Qubit.
Nel caso dei blockchain bridge centralizzati i rischi sono differenti e legati soprattutto all’eventuale corruzione o negligenza delle persone che lavorano per la compagnia che controlla i token. Può anche capitare che una terza parte, come il governo di un Paese, congeli le risorse detenute della società.
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