Cosa significa per l’economia europea e per l’Italia mettere al bando il petrolio russo? Quanto greggio importiamo da Mosca e c’è il rischio di uno shock energetico nel nostro Paese?
Il greggio Brent è salito di quasi il 18% sfiorando i $140 al barile all’open in Asia dopo la notizia nel fine settimana che gli Stati Uniti - e forse gli alleati europei - stanno discutendo di un possibile divieto alle esportazioni di petrolio russo.
È l’ultimo sviluppo di un’impennata dei prezzi inarrestabile dall’invasione dell’Ucraina, che ha sconvolto i mercati energetici.
Il nostro continente è molto esposto poiché è forte la dipendenza dal gas, soprattutto, ma anche dal petrolio proveniente dalla Russia.
Cosa può succedere se scatta l’embargo al greggio di Putin? Quale impatto sull’UE e, in primis, sull’Italia. Alcuni dati.
Quanto petrolio russo arriva in Europa e in Italia?
Dinanzi alla possibilità di sanzioni energetiche, nello specifico uno stop all’export del petrolio proveniente dalla Russia messo in atto da USA e UE, è scattata l’allerta nel nostro continente.
I numeri ci aiutano a capirne il motivo. Secondo i dati Eurostat, “il petrolio greggio ha in gran parte dominato le importazioni dell’UE di prodotti energetici nel 2021 con una quota del 73%, seguito dal gas naturale con il 15%. Nel 2021, la Russia è rimasta il principale fornitore di gas naturale e di petrolio all’UE.”
Un grafico relativo al 2019 mostra chiaramente la struttura dell’approvvigionamento di questo combustibile dell’Unione Europea:
Questo è più o meno lo schema di dipendenza UE dai prodotti petroliferi importati che si è palesato nel 2020 e nel primo semestre 2021. I grafici Eurostat sottostanti evidenziano la fetta importante di petrolio e derivati provenienti dall’extra UE: la Russia gioca il ruolo di protagonista.
Da sottolineare che in Europa sono soprattutto Germania, all’Olanda e alla Polonia ad acquistare dalla Russia nel settore petrolifero.
E l’Italia? Anche il nostro Paese importa da Mosca il greggio, ma la nazione non è la prima venditrice. Tra gennaio-novembre 2021 le importazioni italiane di petrolio sono state circa 5,1 milioni di tonnellate, corrispondenti al 10% di tutti gli acquisti. La Russia si colloca dopo Azerbaigian, Libia, Iraq, Arabia Saudita come partner italiano nel petrolio.
Cosa può succedere con lo stop al petrolio russo
La sola proposta di mettere al bando il petrolio russo ha scatenato un balzo del prezzo del greggio da allarme.
Quello che temono gli analisti è che sanzioni energetiche possano colpire consumatori e settori produttivi soprattutto in Europa, dove già forniture e stoccaggi di combustibili sono ai minimi.
Secondo il gruppo bancario ANZ, dato che questo sta accadendo nell’intero complesso energetico, l’Europa non ha molte opzioni e probabilmente pagherà molto di più per il suo petrolio, gas e altri combustibili nel breve termine.
“Un embargo sulle importazioni russe potrebbe spingere i mercati energetici nel peggior caos della nostra vita,” ha affermato Vandana Hari, fondatrice di Vanda Insights con sede a Singapore. La sua opinione è che sarà difficile vedere l’Unione Europea accettare un divieto di import di petrolio russo, anche se gli Stati Uniti andranno avanti su questa linea, poiché il vecchio continente rischia di spegnere la sua energia.
S&P Global è più netta: “I membri della Nato acquistano attualmente più della metà dei 7,5 milioni di barili al giorno di petrolio greggio e prodotti raffinati che la Russia esporta e le scorte sono già basse negli Stati Uniti e ai minimi storici in Europa e nei Paesi OSCE dell’Asia”.
Ci saranno disordini, energetici in primis e in Europa, inaspettati.
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