Covid, dormire di più riduce il rischio di contagio: lo studio

Laura Pellegrini

24/03/2021

L’insonnia, lo stress e il burnout potrebbero esporre maggiormente al contagio da Covid-19: uno studio ha rivelato come dormire bene e abbastanza sia un’arma efficace per contrastare l’infezione.

Covid, dormire di più riduce il rischio di contagio: lo studio

Dormire bene e abbastanza è un toccasana contro il contagio da Covid-19. Gli scienziati dell’Università di Baltimora non hanno più dubbi: le persone che soffrono di insonnia, stress e burnout, secondo il loro studio pubblicato su Bmj Nutrition Prevention & Health, sono più esposte a contrarre l’infezione.

Sul campione analizzato, infatti, è apparso chiaramente come per ogni ora di sonno recuperato, la percentuale di ammalarsi di Covid-19 scenda del 12%. Ciò significa che l’insonnia potrebbe essere un fattore di esposizione al rischio.

Cosa hanno scoperto gli scienziati di Baltimora? Ecco perché dormire aiuta a contrastare il contagio da Covid-19, mentre l’insonnia e lo stress espongono al rischio.

Dormire per contrastare il Covid-19: lo studio

I ricercatori americani di Baltimora hanno condotto uno studio per valutare quanto incidono il riposo, lo stress e l’insonnia sul possibile contagio da Covid-19 e hanno scoperto come dormire bene sia un’arma particolarmente efficace per difendersi dall’infezione.

Analizzando un campione - dal 17 luglio al 25 settembre 2020 - di 568 soggetti contagiati dal Covid su un totale di 2.884 operatori sanitari di Francia, Germania, Italia, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti, i ricercatori hanno evidenziato due cose: uno su quattro dei positivi aveva difficoltà a dormire la notte, mentre in presenza di tre fattori (difficoltà a dormire la notte, scarsa continuità del sonno, uso frequente di sonniferi) la probabilità di infettarsi era quasi doppia.

Il ritmo circadiano sonno veglia è fondamentale nel nostro organismo - ha sottolineato Stefania Basili, ordinario di Medicina interna dell’Università La Sapienza di Roma - sia per quanto riguarda il cortisolo, ma anche per tutta la parte immunologica. Se non si mantiene questo ritmo probabilmente si alterano alcune forme di protezione tra cui quelle collegate ai linfociti”.

Allo stesso modo, se dormire poco, per scelta o perché si va a letto troppo tardi, può essere fonte di stress, esiste anche una condizione speculare da non sottovalutare, “ossia quando una persona non riesce a dormire proprio a causa dello stress o di uno stile di vita sregolato”. Entrambe le situazioni sono dannose per l’organismo, mette in guardia Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie.

Oltre al fatto di aver lavorato ininterrottamente soprattutto nella prima fase della pandemia, questi operatori sanitari sono esposti anche a notevoli fattori di stress, che indeboliscono le difese immunitarie, come ha ricordato Alberto Siracusano, direttore di Psichiatria e psicologia clinica del Policlinico Tor Vergata di Roma.

Come incidono stress e burnout sul Covid

Un altro fattore particolarmente importante da tenere in considerazione è il burnout da lavoro: tra gli operatori infettati, infatti, il 5,5% ne soffriva, contro un 3% che invece non era stato infettato.

Anche lo stress incide sul sistema immunitario e se presente può ridurre la sua efficacia: in tale situazione, il sistema nervoso libera molecole capaci di alterare la risposta immunitaria. “Trovarsi in condizioni particolarmente affaticanti e preoccupanti porta a un grave stress. L’ansia, poi, è una delle principali caratteristiche presenti negli operatori sanitari”, ha proseguito Siracusano.

La stanchezza fisica, infine, potrebbe persino portare a commettere errori nel proprio lavoro e quindi esporre al rischio di contrarre l’infezione, come riferisce Claudio Mastroianni, vice presidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali. “Potrebbe succedere insomma che dopo un anno di duro lavoro, 12 ore al giorno, possano esserci giornate in cui l’operatore magari salta qualche misura di sicurezza”.

Portare avanti un lavoro così pesante e alienante, lavorando dentro un reparto Covid, espone maggiormente alla malattia causata dal Sars-Cov-2, ma anche a un semplice raffreddore”, ha concluso la dottoressa Basili.

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