Continuano i contagi e i decessi legati alla diffusione del Covid-19, ma l’Italia è davvero così lontana dai numeri degli altri Paesi?
In Italia il Covid-19 non si arresta, ogni giorno si contano nuovi contagi e decessi legati alla diffusione del virus. I morti a causa del Covid dall’inizio della pandemia sono circa 174.722, mentre i casi totali sono oltre 21 milioni. Cifre che sicuramente devono essere rapportate alla popolazione, ma che per quanto riguarda i decessi ci vedono in difetto rispetto agli altri Paesi europei, in particolare: Spagna, Belgio, Germania e Francia.
Di numeri, nel corso della pandemia, ce ne sono stati molti. È importante, però, sottolineare come questi dipendano dalle modalità con cui si contano, in particolare per quanto riguarda i dati sui morti e sul tasso di letalità che sono strettamente connessi alle modalità di raccolta e registrazione. Per esempio, è sempre bene ricordare che non tutti - in particolare durante questa ondata estiva - hanno seguito le regole per la registrazione del contagio e quindi sono entrate nel conto del numero di positivi in Italia.
Perché in Italia ci sono ancora così tanti decessi da Covid-19
Il Corriere della Sera ha interrogato l’Istituto Superiore di Sanità, nella persona di Graziano Onder, per scoprire perché in Italia ci sono ancora così tanti decessi da Covid-19.
Come vengono classificati, quindi, i morti per Covid in Italia? Graziano Onder, spiega al Corriere della Sera, che i paramenti adottati sin da maggio 2020 sono quelli internazionali: «la regola prevede che siano classificati come decessi da Covid-19 solo quelli la cui infezione è riconosciuta come plausibile causa del decesso».
Ma come mai l’Italia ha più decessi rispetto agli altri paesi europei? «Il confronto tra i vari Paesi non va fatto solo in base al numero assoluto dei morti o al tasso di letalità, perché ogni Paese conta i decessi in modo leggermente diverso. Inoltre il numero di vittime va contestualizzato in base alle ondate epidemiche, che possono non coincidere a livello temporale tra i diversi Stati. Il vero parametro su cui fare i confronti internazionali è quello dell’eccesso di mortalità: quanti morti in più abbiamo avuto rispetto alla media degli anni in cui non avevamo il Covid. Questo è un dato più standardizzato e comparabile. Attualmente il monitoraggio arriva fino a giugno quando, ad esempio, l’Italia era posizionata molto meglio rispetto ad altri Paesi», si legge sul Corriere della Sera.
Insomma, confrontare e pensare i dati in modo assoluto può farci cadere nell’errore perché non è detto che i Paesi affrontino le ondate negli stessi periodi, oltre a piccole differenze nel conteggio che possono chiaramente fare la differenza sul totale dei dati.
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Un’analisi dell’ondata estiva
«I deceduti di questa ondata sono persone che hanno un’età media molto alta – spiega Onder al Corriere —, circa 85 anni e un carico di malattie croniche preesistenti alto (4-5 malattie croniche in media), quindi sono persone molto fragili in cui qualsiasi tipo di evento che possa essere anche banale, come un’influenza, può causare delle conseguenze molto serie, dall’altro possono essere persone che magari non riescono a sviluppare un’immunità sufficiente da vaccinazione: questi due fattori fanno sì che possano morire come conseguenza dell’infezione da Covid».
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