A Brescia è stata scoperta una «variante italiana» del coronavirus che potrebbe aver generato la variante inglese. Come riconoscerla? Quali sono i sintomi e il livello di pericolosità?
Dopo la scoperta della variante inglese del Covid e di quella sudafricana, gli esperti hanno annunciato anche una «variante italiana» di Covid-19 in circolo da agosto. Come ha spiegato Arnaldo Caruso - presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv) - all’Adnkronos, questa variante «è molto simile alla variante inglese» e potrebbe esserne addirittura il precettore.
Inevitabilmente balzata all’attenzione nelle ultime ore, ha subito scatenato una serie di quesiti, in primis relativi a un possibile superamento del vaccino. Ma sul punto Caruso è stato piuttosto chiaro: molto alta la probabilità che resti efficace anche su questa variante.
Scoperta a Brescia, questa versione italiana del Covid-19 spiegherebbe l’elevata carica virale presente nel tampone di un paziente positivo al Covid-19 nel mese di aprile 2020. "Anche dopo la guarigione i tamponi davano sempre esito positivo, con virus ad alta carica. A novembre ci siamo decisi a sequenziare il virus per capire perché questa persistenza, e con nostra sorpresa ci siamo resi conto di avere identificato una nuova variante, simile ma non identica alla variante inglese, che iniziava a circolare anche in Italia”.
Ma questa nuova variante sarebbe più pericolosa? Come si può riconoscere e distinguere dal normale coronavirus e dalla variante inglese?
Covid, variante italiana e inglese a confronto: come distinguerle
Come ha spiegato Caruso all’Adnkronos, la differenza tra la variante Covid inglese e quella italiana sta nella stessa comune mutazione della proteina Spike, che vede la variante italiana presentare anche “una seconda mutazione in posizione 493”.
“Come quella inglese, anche la variante italiana ha una mutazione in un punto nevralgico dell’interazione Spike/recettore cellulare, più precisamente in posizione 501. Ma la variante italiana ha anche una seconda mutazione in posizione 493, che rende la sua proteina Spike leggermente diversa da quella del virus pandemico che tutti oggi conosciamo”, ha chiarito Caruso.
L’ipotesi più plausibile vede la nascita della nuova variante italiana “intorno ai primi di luglio”; maggiori sicurezze, invece, circa il fatto che l’evidenza laboratoriale facente capo alla Società italiana di virologia “è di certo la prima che registra mutazioni nella proteina Spike a livello della posizione 501 in Italia e forse, almeno ad oggi, in Europa”.
Variante italiana: come è stata scoperta
Questa nuova scoperta della mutazione del Covid-19 è avvenuta «casualmente, osservando una persistenza virale anomala in un paziente che aveva sofferto di Covid-19 ad aprile. Anche dopo la guarigione, i tamponi effettuati da agosto in poi avevano sempre dato esito positivo con virus ad alta carica».
«A novembre ci siamo decisi a sequenziare il virus per capire il perché di questa persistenza, e con nostra sorpresa ci siamo resi conto di avere identificato una nuova variante, simile ma non identica alla variante inglese che iniziava a circolare anche in Italia». La scoperta è avvenuta a Brescia.
"A questo punto abbiamo sequenziato anche un campione dello stesso paziente ottenuto ad agosto”, scoprendo che “la proteina Spike variata era già presente allora, con tutte le sue mutazioni”.
Variante italiana: cosa cambia per il vaccino?
Se con la scoperta della variante inglese si sono sollevati seri dubbi sull’efficacia del vaccino, anche l’emergere di questa nuova mutazione italiana preoccupa la popolazione. Il vaccino sarà efficace?
Promettendo “certezze in poco tempo” sul punto, il numero uno della Società italiana di virologia parla infatti di una teoria che per il momento sembrerebbe escludere ipotesi di mancato funzionamento del vaccino:
“Il vaccino genera una risposta complessa verso tante aree della proteina Spike. Anche se vi fossero alcuni anticorpi non in grado di riconoscere una zona mutata come quella in posizione 501 o 493, ce ne sarebbero sicuramente altri in grado di legarsi a porzioni non mutate della proteina. Il loro legame sarebbe sufficiente a impedire l’interazione tra Spike e recettore cellulare, anche solo per una sorta di ingombro sterico che gli anticorpi creerebbero sulla superficie del virus. In poco tempo avremo comunque una risposta certa”.
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