Credit management, al via in Italia una nuova stagione di fusioni e acquisizioni

Dario Colombo

11/07/2022

Perché siamo all’inizio di una fase di operazioni di aggregazioni e fusioni per aumentare l’efficienza dei processi di recupero e diversificare il business. Parlano gli esperti

Credit management, al via in Italia una nuova stagione di fusioni e acquisizioni

Oltre 50 operazioni nell’ultimo decennio, 5 grandi servicer che fanno il grosso mercato, 80% dei crediti non performing che in 2 anni si sono spostati dalle banche agli operatori specializzati. Sono i numeri che abbinati al trend di diversificazione dei ricavi fanno intendere che assisteremo a un nuovo periodo di M&A, merger and acquisition (fusioni e acquisizioni), del mercato italiano del credit management.

Se ne è parlato all’evento di Credit VillageM&A in the credit management industry: acquisire, essere acquisiti o aggregarsi? Nella previsione di una nuova ondata di operazioni in un ecosistema sempre più trasversale”, che si è svolto presso la sede di Le Village a Milano.

Negli ultimi due anni il settore del credito è stato caratterizzato da un trasferimento in massa dei crediti non performing che si sono spostati per l’80% dai bilanci delle banche verso gli operatori specializzati, lasciando in circolo uno stock di 100 miliardi di euro, tra NPL e UTP.

Un movimento che fa dei cosiddetti servicer i protagonisti della prossima stagione di fusioni e acquisizioni, che saranno volte soprattutto ad aumentare l’efficienza dei processi di recupero e a diversificare il business.

Credit servicing italiano primo in Europa

Negli ultimi anni il settore del credit servicing italiano ha visto i cinque principali servicer (Prelios, Do Value, Cerved, Intrum e Gardant) ingrandirsi andando a gestire singolarmente masse di crediti superiori ai 20 miliardi di euro.
In Europa nessun altro operatore supera i 10 miliardi di euro gestiti.

Le grandi banche hanno proseguito il loro percorso di deleverage con uno spostamento verso gli UTP e sono nate le challenge bank, con vocazione sugli NPE.

È in questo contesto che ci si aspetta una nuova ondata di crediti, a partire dal leasing o dal settore sanitario, che andranno a diversificare il business degli operatori, anche dei più piccoli, che si troveranno a gestire nuovi flussi.

Fusioni e acquisizioni: le previsioni per i big 5 e per i piccoli

Come ha spiegato Domenico Torini, Partner di KPMG, le operazioni di M&A nel credit management italiano saranno spinte dalla ricerca di efficienza, di diversificazione dei ricavi e delle performance.

Per i cinque grandi servicer la sfida sarà di diversificare il business ed entrare in altri mercati, guardando anche all’estero con operazioni cross-border,
I piccoli servicer, quelli di nicchia, si consolideranno con aggregazioni sinergiche con altri operatori.
Gli investitori esteri che hanno acquisito piattaforme di servicing italiane potrebbero essere interessati a uscire dal mercato nazionale.
Le challenge bank diversificheranno, facendo anche attività di lending, utilizzando la licenza bancaria, ed entrando in nuovi segmenti di business tramite M&A con operatori di altri settori, dal fintech al real estate.
I servicer di terza parte avranno un ruolo tecnologico: faranno un incremento delle masse di pricing aggressivo, utilizzando la leva dell’efficientemento processi, con ricerca e sviluppo e tanta capacità di macchina IT.

La lezione del consulente: perché acquisire

In relazione al trend atteso di fusioni e acquisizioni, Alessandro Baroni, partner della società di consulenza milanese Cross Border ha spiegato cosa rende interessante un piccolo servicer.

Molte operazioni, ha detto Baroni, sono state fatte nella prima fase di sviluppo del mercato, in cui operatori nazionali e internazionali volevano approfittare dello sviluppo del mercato NPL e dotarsi di capacità operativa per dare risposte. In questa fase per Baroni la dimensione è stata importante e ha contato anche l’età anagrafica delle proprietà cedente.

Alessandro Baroni Alessandro Baroni è partner di Cross Border

Di solito l’acquirente prendeva la maggioranza per consolidare i risultati, l’imprenditore manteneva quote di minoranza per un tempo definito e con un ruolo utile fare una transizione fluida.

Sono situazioni, ha spiegato Baroni, che durano tre anni e che sono destinate a concludersi ed è norma preordinare anche il trattamento della minoranza, dal punto rivista della governance e dei tempi e modalità della cessione,

Oggi, in un segmento Pmi, con operatori che fanno attività di servicing in conto terzi, Baroni vede un mercato più maturo, dove si intravedono delle uscite, con razionalizzazione di operazioni fatte in passato (circostanza tipica dei mercati maturi) e operazioni di puro consolidamento, per completare offerta di prodotti, gamma di soluzioni, acquisizione clienti, integrazione competenze, piccole diversificazioni.
Il trend sarà questo, per Baroni vedremo molte operazioni e le dimensioni non saranno un tema primario.

Parlando di Pmi, Baroni ha ammesso di averne viste poche di fusioni in senso stretto, per vari motivi, manageriali prima di tutto.

L’aggregazione fra pari concettualmente è stimolante, ma di fatto è difficile da realizzare. Diverso è il caso della piattaforme aggreganti, in cui investono i Private Equity. Ma operazioni così se ne son viste poche e non per via di una preclusione dei private equità nei confronti dell’industria.
Baroni ha osservato che che scontiamo una frammentazione del mercato caratterizzata da numeri piccoli, compressione dei manager e anche conseguenze della pandemia.

Come si stabilisce il valore di una società di credit management?

Baroni si è definito “un artigiano dell’M&A, uno che confeziona soluzioni su misura, non sono un fan di soluzioni a tavolino. La capacità intellettuale del consulente è creare le condizioni per cui dal processo di vendita si possa estrarre il massimo del valore per il cliente, l’imprenditore”.

Per stabilire il valore di un business di servicing in conto terzi con fatturato fra 5 e 20 milioni di euro la modalità di valutazione è quella del multiplo dell’Ebitda.

Il numero magico - ha detto Baroni - nella mia esperienza va da 5 a 7 volte: questo è l’enterprise value, a cui si somma o si sottrae la posizione finanziaria. Ma è un valore indicativo. Poi bisogna lavorare su aspetti qualitativi, altrimenti sarebbe troppo facile”.

Va anche tenuto conto che l’Ebitda è diverso per un compratore industriale (che compra per efficientarsi) o per uno finanziario (che compra per investire): il primo guarda alle sinergie, ai risparmi operativi, il secondo ha bisogno di vedere la struttura di prezzi e di premi dell’operazione.

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