L’amministrazione finanziaria che si occupa dell’eccedenza detraibile Iva può contestare la cifra che il contribuente ha richiesto in dichiarazione.
In merito ai crediti Iva possono verificarsi delle incongruità specifiche e il fisco, di conseguenza, può procedere con la contestazione e la richiesta di un rimborso. In questo frangente il contribuente deve rispettare alcune specifiche altrimenti sarà costretto a rimborsare l’Iva dovuta.
Cosa sono i crediti Iva a rimborso
Prima di comprendere come funziona la contestazione del fisco specifichiamo che i crediti IVA a rimborso si riferiscono a una situazione in cui un’azienda o un contribuente ha pagato un’Iva maggiore rispetto a quanto doveva, e quindi ha il diritto di richiedere un rimborso delle somme in eccesso pagate all’Agenzia delle Entrate. Questi crediti IVA possono derivare da una serie di circostanze, tra cui:
- Acquisti di beni e servizi con un’aliquota IVA inferiore rispetto a quella che si applica alle vendite dell’azienda,
- Situazioni in cui un’azienda ha diritto a deduzioni fiscali o crediti IVA a seguito di operazioni speciali, come investimenti in attività specifiche o riduzioni fiscali,
- Il credito IVA può anche derivare da operazioni intracomunitarie o internazionali che coinvolgono l’IVA, come acquisti o vendite all’interno dell’Unione Europea.
Ricordiamo che la richiesta di rimborso in questione può essere presentata attraverso:
- La dichiarazione annuale Iva,
- La domanda trimestrale, quindi il modello Iva TR.
La domanda può essere presentata dal contribuente o attraverso un intermediario che sia abilitato a procedere nella pratica. Inoltre il credito dev’essere non inferiore a 2.582,28 euro.
La normativa tributaria presenta una serie di questioni legate alla sanzione dei crediti IVA non dovuti o inesistenti. Tra le situazioni di ravvedimento previste, rientra anche la gestione dei crediti IVA utilizzati in modo improprio:
- Quando l’importo utilizzato supera quanto dichiarato,
- Quando il credito viene utilizzato in violazione delle norme che ne limitano l’utilizzo.
La contestazione del fisco
Il credito IVA inesistente prevede che manchino completamente o parzialmente i presupposti che lo giustificano e la sua inesistenza non può essere verificata mediante controlli ai sensi delle normative fiscali pertinenti.
In altre parole, si parla di credito IVA inesistente quando un contribuente soggetto all’IVA, come un’impresa, riporta nella propria dichiarazione un credito IVA che non ha basi reali, cioè non è supportato da transazioni effettivamente effettuate. È il caso di errori di registrazione, l’emissione di fatture false o altre irregolarità simili. La conseguenza diretta di un credito IVA inesistente è che non può essere utilizzato per compensazione nei pagamenti fiscali e neppure richiesto come rimborso. La legge prevede sanzioni per chi utilizza in modo improprio o fraudolento i crediti IVA, compresi quelli inesistenti, al fine di garantire l’integrità del sistema fiscale. Il credito Iva non spettante, invece, prevede un fondamento reale, quindi le operazioni sono state svolte ma il soggetto che lo richiede e lo riceve non è in regola con le disposizioni normative.
La procedura
In merito alla procedura il fisco emette un atto di diniego rispetto alla richiesta di rimborso di un credito dell’Iva da parte del contribuente. Questo avviene dopo aver fatto gli accertamenti necessari. In questo frangente l’amministrazione finanziaria contesta la domanda di risarcimento dell’Iva, questo vale anche se i termini risultano scaduti. Sulla questione sono intervenute anche le sezioni unite con la sentenza n.21766/2021:
«In tema di rimborso dell’eccedenza detraibile dell’IVA, l’Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione, che non derivi dalla sottostima dell’imposta dovuta, anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del suo potere di accertamento o per la rettifica dell’imponibile e dell’imposta dovuta, senza che abbia adottato alcun provvedimento».
È stato definito che l’amministrazione decaduta dai poteri di accertamento e rettifica, non può pretendere un’imposta maggiore di quella liquidata in dichiarazione. Dall’altra parte è possibile non rispettare i termini temporali imposti se c’è la necessità di richiedere un maggior debito d’imposta al contribuente rispetto a quanto dichiarato. Il fisco ha quindi la possibilità di contestare un credito già presente nella dichiarazione e richiesto dal contribuente.
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