Nel disegno di legge di Bilancio 2023 le criptovalute diventano cripto-attività e sono soggette a nuovi obblighi fiscali di segnalazione, metodi di valutazione e tasse.
Il disegno della legge di Bilancio 2023 introduce una regolamentazione fiscale delle criptovalute senza fare distinzioni e senza attendere la loro regolamentazione giuridica da parte delle autorità europee.
Nel testo della manovra, che deve trovare ora il via libera del Parlamento, le criptovalute diventano cripto-attività, vengono introdotti nuovi obblighi fiscali di segnalazione e nuove imposte, fra cui anche una del 2 per mille che ha tutta l’aria di essere una mini-patrimoniale.
Si tratta di un intervento normativo strutturato che, se da una parte ha lo scopo di fare cassa per lo Stato, dall’altra rischia di scoraggiare gli investitori che oggi operano nel settore e che stanno già subendo gli effetti della crisi delle criptovalute. Paiono invece mancare del tutto le distinzioni fra aspetti monetari e finanziari da una parte, e fra utilizzi a titolo di investimento e a titolo di speculazione dall’altra.
Analizziamo quindi gli articoli del disegno di legge di Bilancio 2023 a tema criptovalute, che nella numerazione della bozza vanno dal 31 al 35.
Legge di bilancio 2023, le norme sulle criptovalute
Le norme fiscali sulle cripto-attività sono individuate, per ora, agli articoli da 31 a 35 compresi della bozza delle legge di Bilancio 2023. Vediamoli in sequenza, corredati da alcune considerazioni, precisando che il commento viene fatto a una norma ancora non approvata e che potrà subire variazioni prima della stesura definitiva.
Tuttavia farlo in questo momento può essere un contributo al confronto fra le parti sociali su potenziali problematiche, sia conseguenti alla applicazione pratica delle norme, sia attinenti al necessario rispetto dei più alti principi costituzionali, fra i quali la progressività delle imposte e la proporzionalità, razionalità e logicità delle norme emanate dal Parlamento.
Tassazione sulle criptovalute (art. 31 legge di Bilancio)
Art. 31 – Tassazione delle operazioni su cripto-attività
È il cuore della nuova normativa ed è diviso in tre parti:
- La prima parte, dal comma 1 al comma 3, introduce la tassazione delle cripto-attività inserendo la nuova lettera “c-sexies” fra i redditi diversi di cui all’art. 67 Tuir e definisce le modalità di determinazione della plusvalenza con modifiche all’art. 68 Tuir, ponendo un limite molto basso all’obbligo impositivo previsto per le plusvalenze o i proventi , pari o superiori a 2.000 euro, nel periodo d’imposta;
- La seconda parte, dal comma 4 al comma 18, disciplina il regime del risparmio gestito con l’intervento degli intermediari finanziari ai quali aggiunge le due nuove categorie dei prestatori di servizi per le cripto-attività e di custodia dei portafogli digitali;
- La terza parte, dal comma 19 al comma 21, disciplina gli obblighi di monitoraggio in capo ai prestatori di servizi digitali, che devono effettuare una comunicazione per ogni operazione in cripto-attività che sia pari o superiore a 5.000 euro e introduce un obbligo di monitoraggio specifico per le cripto-attività detenute dalle persone fisiche e dagli altri soggetti alla disciplina del monitoraggio fiscale, anche se le cripto-attività non sono detenute all’estero.
L’art. 31 introduce la disciplina fiscale delle cripto-attività con alcuni concetti e alcuni limiti sui quali occorre porre molta attenzione.
Il primo concetto è quello della definizione delle operazioni da assoggettare a imposizione, ovvero “le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione, di cripto-attività, comunque denominata, archiviata o negoziata elettronicamente”.
Qui va detto che, se è comprensibile che le plusvalenze trovino spazio fra i redditi diversi, lo è un po’ meno che lo siano i proventi, che probabilmente dovrebbero trovare collocazione fra i redditi di capitale o fra i redditi diversi di natura finanziaria.
Il secondo aspetto da tener presente è quello del valore della plusvalenza esente da tassazione, che viene posto al di sotto dei 2.000 euro, mentre oggi il limite è fissato a 51.645 euro. Sembra una limitazione molto penalizzante per chiunque già possieda o voglia comprare criptovalute.
Non si tratta tanto del limite numerico in termini assoluti, quanto piuttosto di una mancata differenziazione fra investimenti e speculazione, infatti equiparare le due condotte senza fare distinzioni, se da una parte potrebbe ridurre il rischio speculativo, dall’altra avrebbe l’effetto ben più grave di demotivare gli investitori in cripto-attività, provocando un effetto peggiorativo alle stesse aspettative di gettito.
La Germania, ad esempio, esenta da tassazione i proventi e le plusvalenze degli investimenti in cripto-attività quando il periodo di detenzione è superiore ad un anno.
Un terzo elemento da considerare è l’esclusione della rilevanza fiscale per la “permuta tra cripto-attività aventi medesime caratteristiche e funzioni”. Anche questa definizione potrebbe dare origine a controversie. Se il legislatore vuole escludere dalla imposizione tutti i passaggi fra cripto-attività deve essere più esplicito, perché definire una permuta in base a caratteristiche e funzioni invece che in base a valori o a categorie rischia di creare confusioni e discussioni infinite.
Un ulteriore elemento da valutare attentamente è la prova del costo o del valore di acquisto che la norma definisce in questo modo: “Il costo o valore di acquisto è documentato con elementi certi e precisi a cura del contribuente; in mancanza il costo è pari a zero.”
È evidente che la definizione “documentato con elementi certi e precisi” non consente di individuare né con certezza, né con precisione i documenti che dovranno essere prodotti dal contribuente per provare il costo o il valore d’acquisto delle cripto-attività, soprattutto in un mondo come quello digitale dove, almeno sinora, le operazioni vengono effettuate su piattaforme o sul web - exchange, servizi e progetti digitali, pool, Dao, metaverso - che riportano valori delle cripto-attività sempre molto variabili ed incerti, soggetti a estrema volatilità e a fluttuazioni rilevanti e anche repentine.
Ora è facilmente presumibile che i funzionari destinati ai controlli, per evitare problemi, mettano in discussione le prove documentali portate dal contribuente e tendano a considerare il costo o valore d’acquisto pari a zero.
Si deve far notare che, nella seconda parte dell’art. 31, sono state introdotte alcune presunzioni legali sull’utilizzo delle cripto-attività, infatti sono state introdotte le presunzioni di cessione in caso di trasferimento di portafogli digitali fra soggetti diversi e di trasferimento di cripto-attività dal regime dichiarativo al regime del risparmio gestito e viceversa.
Un’ulteriore riflessione è da fare sulla parte finale del comma 2 dell’art. 31, ovvero sulla affermazione: “I proventi derivanti dalla detenzione di cripto-attività percepiti nel periodo d’imposta sono assoggettati a tassazione senza alcuna deduzione". Non esiste una categorizzazione giuridica dei proventi derivanti dalla mera detenzione di cripto-attività, dunque come se ne può provare l’esistenza e l’effettiva percezione?
Passando poi alla terza parte dell’art. 31, si deve notare che viene introdotto:
- l’obbligo per gli intermediari finanziari e per i prestatori di servizi per le cripto-attività e i prestatori di servizi per i portafogli digitali, di segnalare tutte le operazioni in cripto-valute pari o superiori a 5.000 euro;
- l’obbligo generalizzato di monitoraggio delle cripto-attività, anche se non costituiscono attività estere di natura finanziaria, per gli stessi soggetti obbligati al monitoraggio delle attività e dei redditi esteri.
Gravare dell’obbligo di monitoraggio gli investitori privati, anche quando le criptovalute sono detenute in Italia, direttamente con il possesso delle chiavi di accesso ai portafogli digitali o attraverso operatori autorizzati e già obbligati alle verifiche antiriciclaggio ed alle segnalazioni, sembra inutile e oneroso rispetto al vantaggio che potrebbe comportare per i controlli erariali.
Valutazione delle cripto-attività (art. 32 legge di Bilancio)
Art.32 - Valutazione delle cripto-attività
L’art. 32 introduce invece l’irrilevanza fiscale dei valori delle cripto-attività rilevate nei bilanci delle imprese alla fine di ogni periodo d’imposta, sia sotto il profilo Ires che sotto il profilo Irap.
Questa norma era attesa da tutte le attività d’impresa, infatti se le cripto-attività fossero state assimilate alle valute estere, alla fine dell’esercizio avrebbero avuto rilevanza fiscale i componenti positivi e negativi di reddito determinati dalle differenze fra i costi di acquisto delle singole cripto-attività alle date di acquisizione ed il loro valore a fine esercizio.
Imposte sulle plusvalenze dalle criptovalute (art. 33 legge di Bilancio)
Art. 33 – Rideterminazione del valore delle cripto-attività
Viene introdotta una sorta di “sanatoria” per ciascuna delle cripto-attività detenute al 1° gennaio 2023.
La norma prevede di determinare, al 1° gennaio 2023, il valore di entrata ai fini della rilevazione delle plusvalenze in caso di futura vendita o realizzo di ciascuna delle cripto-attività possedute, ovviamente per chi non le ha mai dichiarate.
Il valore è rideterminato in base al costo/valore di acquisto o, in alternativa, al valore normale di cui all’art. 9 del Tuir, alla data suddetta.
Il “costo” di questa rideterminazione è una imposta sostitutiva del 14%, da applicare al valore rideterminato e da versare in una o tre rate, annuali, maggiorate dell’interesse annuo del 3%. Il versamento dell’intero o della prima rata è da effettuare entro il 30 giugno 2023. La rideterminazione non consente di rilevare minusvalenze.
Occorre porre attenzione però al comma 2 dell’art. 31 per quanto riguarda le modalità di documentazione del costo o valore d’acquisto.
Al riguardo di questo adempimento tuttavia occorre porre l’attenzione sulle modalità procedurali da adottare e sui documenti da allegare per dimostrare il valore rideterminato delle cripto-attività, infatti al momento non è definito un modello dichiarativo apposito ma sono individuate soltanto le modalità di versamento dell’imposta sostitutiva, secondo le scadenze indicate ed anche in compensazione. In ogni caso non è esclusa la facoltà dell’amministrazione finanziaria di effettuare controlli sulla rideterminazione dei valori.
Sanatoria per dichiarazione criptovalute (art. 34 legge di Bilancio)
Art. 34 – Regolarizzazione delle cripto-attività
Per tutti coloro che non hanno dichiarato le criptovalute detenute alla data del 31.12.2021, nella dichiarazione dei redditi relativa, è introdotta la possibilità di sanare l’omessa dichiarazione con una dichiarazione apposita che sarà predisposta con un Provvedimento del Direttore Ae.
La regolarizzazione può essere effettuata dalle persone fisiche e dagli altri soggetti obbligati al monitoraggio – quadro RW - di cui all’art. 4 co. 1 del Dl 167/90, ovvero enti e associazioni non soggetti passivi d’imposta.
Se dal possesso delle cripto-attività non sono derivati redditi la sanatoria prevede il pagamento di una sanzione dello 0,5% sul valore delle attività non dichiarate.
Se invece dal possesso delle cripto-attività sono maturati redditi allora gli stessi soggetti potranno accedere alla sanatoria solo pagando una imposta sostitutiva del 3,5% ed una sanzione dello 0,5% sempre sul valore delle attività non dichiarate.
Il versamento delle imposte sostitutive e delle sanzioni verrà definito con Provvedimento del Direttore dell’Ae.
Però attenzione, perché bisogna dimostrare la liceità della provenienza delle somme investite, mentre la regolarizzazione copre soltanto le imposte dovute sui redditi maturati in capo alle cripto-attività e le sanzioni del mancato monitoraggio, senza offrire protezione dagli altri possibili rischi di violazioni in ambito penale, valutario e da eventuali accertamenti reddituali.
Ancora occorre definire i periodi di imposta che possono rientrare nella regolarizzazione, in quanto se sembra pacifico che il periodo di imposta ultimo da inserire nella regolarizzazione, sia il 2021, non è indicato da quale periodo d’imposta decorre l’obbligo. Inoltre bisogna ricordare che non è ancora scaduto il termine per presentare la dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta chiuso al 31.12.2021, che resta aperto sino al 28.2.2023.
In relazione a questa norma si deve rilevare che innanzi tutto non si comprende perché non consentire anche a coloro che avessero già dichiarato le cripto-attività negli anni precedenti di avvalersi della regolarizzazione, in caso avessero commesso errori nella determinazione dei valori o dei redditi eventualmente prodotti.
Poi si deve notare che non è certo il termine di decorrenza della regolarizzazione, ovvero si possono regolarizzare i periodi d’imposta per i quali sono ancora pendenti i termini per l’accertamento fiscale – che in caso di produzione di redditi esteri o di possesso di attività estere sono ancora aperti con riferimento al periodo d’imposta 2013, oppure si devono/possono regolarizzare solo i periodi di imposta a partire da quello in cui, per la prima volta, le istruzioni della dichiarazione hanno disciplinato l’obbligo di monitoraggio delle cripto-valute, ovvero il 2018.
Infine si deve far presente che i termini per la dichiarazione dei redditi e per gli obblighi del monitoraggio – Quadro RW – del periodo d’imposta chiuso al 31.12.2021 sono ancora aperti e che non si considerano omesse le dichiarazioni presentate entro 90 giorni dalla scadenza ordinaria fissata al 30.11.2022.
Imposta di bollo sulle criptovalute (art. 35 legge di Bilancio)
Art. 35 – Imposta di bollo sulle cripto-attività
Viene introdotta una sorta di “Ivafe cripto”, (Imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero), quasi una mini-patrimoniale vestita da imposta di bollo sulle cripto-attività.
Nei primi due comma dell’art. 35 si introduce una variazione nella Tariffa dell’Imposta di bollo, con valore però sino al 31.12.2022, infatti nel terzo comma si introduce una vera e propria “imposta sul valore delle cripto-attività detenute da soggetti residenti nel territorio dello Stato” e, almeno a prima vista, non limitata ai soggetti privati che operano al di fuori del regime di impresa.
L’importo di questa imposta è, al momento, fissata nel 2 per mille del valore delle cripto-attività detenute.
Le modalità di calcolo e di versamento saranno definite con provvedimento del Direttore dell’Ae.
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