I redditi da criptovalute vanno nella dichiarazione dei redditi e sono soggetti all’obbligo di monitoraggio, tranne in un caso: l’Agenzia delle Entrate chiarisce quando il quadro RW non va compilato.
I redditi realizzati con le criptovalute sono tassati secondo le norme previste per le operazioni in valute estere, ossia si applica un’aliquota del 26% sulle plusvalenze, ma solo nel caso di giacenza dei conti e dei depositi superiore a 51.645,59 euro per almeno sette giorni consecutivi.
Dichiarazione criptovalute e monitoraggio fiscale: la normativa
Oltre ad applicare l’art. 67 del Tuir (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), il contribuente deve anche rispettare l’obbligo di monitoraggio fiscale, auto-denunciando la detenzione di criptovalute tramite il quadro RW della dichiarazione dei redditi.
Su questo obbligo, l’Agenzia delle Entrate si era già espressa in passato con la Risoluzione 72/E/2016 (con un richiamo alla sentenza della Corte di Giustizia Ue causa C-264/14 del 22 ottobre 2015) con cui assimilava le valute virtuali alle valute estere.
L’elevata complessità delle operazioni con criptovalute ha però fin da subito creato le condizioni per sollevare delle eccezioni a tale normativa, alimentando molti dubbi nei contribuenti.
Staking e monitoraggio: quando il quadro RW non va compilato
L’Agenzia delle Entrate è tornata a chiarire la sua posizione sul monitoraggio dell’attività di staking, il processo di validazione della blockchain che viene remunerato con degli interessi.
Con la risposta all’interpello 956-448/2022, la Direzione centrale piccole e medie imprese dell’Ade integra la precedente interpretazione resa nell’interpello 956-771, con cui ha esonerato il contribuente dalla dichiarazione dei redditi per gli interessi da staking, già oggetto di imposizione con ritenuta alla fonte dalla società - italiana - presso cui il contribuente ha aperto il conto di appoggio (wallet).
Grazie all’interpello 433/2022, l’Agenzia ha specificato che se le operazioni di staking vengono effettuate attraverso una piattaforma italiana, la chiave privata è nella disponibilità della società, pertanto il contribuente vanta un mero diritto di credito nei confronti della stessa. Per tale motivo, il quadro Rw non va compilato e non sussiste alcun obbligo di monitoraggio fiscale, oltre a non essere dovuta l’Ivafe, l’imposta patrimoniale dello 0,2% che si applica sul valore dei prodotti finanziari detenuti all’estero.
Criptovalute: l’Agenzia delle Entrate rompe un dogma
Questa statuizione dell’Agenzia delle Entrate rompe di fatto il dogma definito dalla Risoluzione 72/E/2016 e dalla sentenza della Corte di Giustizia Ue causa C-264/14 del 2015, aprendo a nuove ipotesi interpretative che potrebbero venire recepite (ci si auspica) presto in un quadro normativo comunitario.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Argomenti