Una riflessione sul problema dei prezzi degli affitti in Italia e in particolare nella città di Padova.
In questa intervista, Matteo Greggio Miola discute il problema dei prezzi elevati degli affitti a Padova, e apre una riflessione anche sul panorama nazionale. Il crescente numero di studenti ha messo a dura prova le risorse, specialmente per quanto riguarda l’alloggio e gli spazi per le lezioni. La pandemia da Covid-19 ha aggravato la situazione, facendo aumentare i prezzi degli affitti e rendendo difficile per gli studenti trovare alloggi adatti. Miola nota che molti studenti sono stati costretti a vivere in AirB&B, hotel o alloggi condivisi con un numero insufficiente di persone. La mancanza di alloggi pubblici ha contribuito al problema, con l’ultima residenza universitaria costruita oltre vent’anni fa. L’intervista tocca il tema di come i prezzi variano a seconda della posizione e di come alcuni studenti siano costretti a trasferirsi in periferia per risparmiare denaro. Infine, Miola discute della mancanza di supporto da parte delle istituzioni governative.
Domanda: Ci sono state molte lamentele da parte di voi studenti per gli affitti troppo alti, è cambiato qualcosa in una città universitaria come Padova?
Risposta: Partiamo dal presupposto che Padova è appunto città universitaria, e l’impatto che Unipd ha sulla città penso sia molto più rilevante rispetto ad altre università nelle rispettive città. Basti pensare che, girando per il centro storico e non solo, è praticamente impossibile non imbattersi in qualche edificio o palazzo storico che sia dell’università o che abbia avuto a che fare con la storia centenaria del nostro Ateneo. Per il numero di iscritti che conta, di imprese che ci collaborano si può tranquillamente sostenere che Unipd sia tra le più importanti aziende della città. Il numero di studenti che vivono a Padova è, anche, un’importante risorsa economica; quest’anno l’università ha sfiorato i 70000 iscritti (anche se non tutti frequentanti, ovviamente). Quello che è cambiato in città in relazione all’università e agli universitari è il numero di questi ultimi e il mancato adeguamento a numeri decisamente più alti rispetto al passato, in riferimento a servizi, residenzialità e aule.
D: Gli affitti sono aumentati dopo il covid?
R: Sì, e non solo a Padova. Anche altre importanti città universitarie hanno visto gli affitti crescere vertiginosamente dopo la pandemia. Nella nostra città ormai è diventato praticamente impossibile trovare una camera singola sotto i 300€ in zone comode agli universitari, salvo qualche rara eccezione. Abbiamo sentito di casi in cui si arriva a pagare più di 400€ per una tripla. La pandemia ha stravolto il mercato edilizio, i bonus hanno creato una sorta di bolla che ha fatto schizzare i prezzi e l’offerta è rimasta bassa visto l’aumento delle iscrizioni (favorito anche dalla didattica duale), quindi della domanda. Dopo il covid, al ritorno in presenza, abbiamo visto moltissimi studenti e studentesse dover alloggiare in AirB&B, alberghi o condividere stanze in numero inadeguato di persone. Inoltre, sono numerosissimi i casi di annunci truffa, o di agenzie immobiliari che chiedono anticipi senza poi offrire l’effettivo servizio. Tutto questo è causato anche dalla gravissima mancanza di residenzialità pubblica, che dovrebbe essere a carico della regione, e dell’Ente Regionale per il diritto allo studio (ESU): l’ultima residenza è stata costruita più di vent’anni fa.
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D: I prezzi delle case cambiano molto a seconda delle zone?
R: Relativamente, ormai non c’è da stupirsi di trovare affitti sopra i 400€ per una singola anche in zone più periferiche. Il centro, comunque, rimane ovviamente la zona più costosa.
D: Rimanendo nell’ambito della crisi economica e del caro vita, ci sono studenti che preferiscono spostarsi in periferia o nei comuni vicini per risparmiare?
R: Purtroppo sì. “Preferiscono” è il verbo sbagliato, direi che sono costretti, in certe situazioni. Raccogliamo quotidianamente testimonianze di persone che hanno trovato sistemazione in comuni ben distanti dalle tratte urbane dei mezzi pubblici; comuni limitrofi e periferia sono zone di raggio troppo corto in certi casi. C’è chi si trasferisce per studiare a Padova, ma finisce per fare il pendolare.
D: In questi anni avete sentito un supporto da parte delle istituzioni?
R: Il supporto da parte delle istituzioni è sempre stato decisamente carente. A parte il Comune, che con l’Università aveva stanziato fondi per coloro che avevano periodicamente alloggiato in hotel o AirB&B, si è visto praticamente il nulla, se non promesse. Non è abbastanza ciò che è stato fatto e non è abbastanza nemmeno ciò che c’è in programma di fare per risolvere questa situazione, anche se il Comune ha poche possibilità di intervenire in quanto le stanze sono in mano a privati. Si potrebbe però sicuramente vigilare meglio la questione dei contratti: esistono dei contratti appositi per studenti, con cifre calmierate e maggiori tutele; il problema è che chi affitta spesso e volentieri non propone o si rifiuta di fare questi contratti, perché per loro sono ovviamente meno redditizi. Ma la vera e maggiore responsabile rimane la Regione Veneto, con la sua assessore all’istruzione Elena Donazzan e il suo Ente per il diritto allo studio, che è un organo completamente politico, sottofinanziato e inesistente. Ottenere un tavolo di confronto con l’ESU per parlare di residenze, borse di studio e mense (cioè quelle che dovrebbero essere le sue competenze) è impossibile, e quando se ne ha uno è come parlare davanti a una figura inerme, che respinge ogni critica e non si assume le sue responsabilità.
D: Come UDU avete fatto delle proposte per migliorare la situazione? Ci sono dei dialoghi in corso?
R: Noi come UDU, associazione studentesca che lavora in modo sindacale (senza ovviamente una bacchetta magica per ottenere ogni volta ciò che vogliamo), ci siamo fin da subito mobilitati con la campagna Student Homeless, facendo presente all’Università e alle istituzioni la situazione che si stava formando e avvertendo che c’era bisogno di un intervento immediato, che ovviamente non è arrivato. Terrei a sottolineare che il nome della campagna è in inglese perché la maggior parte delle vittime di questa crisi sono stati studenti e studentesse internazionali. Anche all’inizio di quest’anno si è chiaramente ripresentato il problema affitti, e noi siamo tornati in piazza. Abbiamo fatto proposte e partecipato a numerosi tavoli di confronto, i dialoghi sono costanti ma è difficile concretizzare, vista la complessità e la dimensione strutturale della questione. Ad esempio, è di pochi giorni fa la notizia di un nuovo accordo territoriale per i contratti per studenti, ponendo tutele obbligatorie e un tetto massimo al costo al metro quadrato dell’affitto.
Un’altra battaglia che portiamo avanti è quella contro le discriminazioni. Seppur non propriamente economica, anche questa contribuisce ad aggravare la condizione di disagio. Si aggiunge quindi un danno psicologico al quale si può andare incontro quando ci si vede rifiutare una camera a causa del colore della pelle, dell’orientamento sessuale, della nazionalità o anche della provenienza da altre regioni stereotipate, e questo non te lo ripaga nessuno (anche perché il servizio psicologico è un’altra grave lacuna della nostra società); e il numero di discriminazioni non è purtroppo per niente irrilevante.
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