La crisi del gas scatenata dalla guerra in Ucraina sta mettendo a nudo le politiche energetiche dei Paesi europei: perché l’Italia risulta vincente rispetto alla Germania? Le risposte in un’analisi.
Nella guerra energetica esplosa in Europa, l’Italia potrebbe uscire più forte della Germania grazie a una politica diversa intrapresa negli anni scorsi e, ovviamente, a fattori geografici e di relazioni diplomatiche insiti nella storia dei Paesi.
A esporre questa interessante analisi su uno dei temi più caldi dell’intero continente, la crisi del gas e la rivoluzione energetica, è Reuters, con un articolo a doppia firma, Francesca Landini e Christoph Steitz.
L’Italia è stata più resiliente della potenza tedesca nella diversificazione dei fornitori di combustibile? Mentre la questione si fa più complessa, con le discussioni in Ue per un tetto al prezzo del gas russo in stallo e la corsa allo stoccaggio invernale, le diplomazie europee si sono mosse e continuano a tessere accordi. Il nostro Paese avrebbe guadagnato terreno in questo ambito, spiazzando una più sorniona Germania. Tutti gli spunti di riflessione dell’analisi.
I punti di forza dell’Italia nella crisi del gas
Il tema di partenza dell’analisi di Reuters per spiegare perché il nostro Paese sarebbe in vantaggio sulla Germania nella diversificazione dei fornitori di gas è la strategia dell’Eni.
Nelle settimane successive all’invasione russa dell’Ucraina del 24 febbraio, Claudio Descalzi, amministratore delegato della major italiana dell’energia Eni, ha intrapreso una serie di viaggi verso fornitori di gas in Africa. Le visite hanno incluso incontri con funzionari in Algeria a febbraio, più colloqui in Angola, Egitto e Repubblica del Congo a marzo, con l’ad spesso accompagnato da alti funzionari del Governo.
Eni e l’Italia, controllata dallo Stato, sono state in grado di sfruttare, in tempi brevi e al massimo delle possibilità, i rapporti di fornitura esistenti con quelle nazioni, per assicurarsi gas extra in sostituzione di gran parte dei volumi ricevuti dal suo principale fornitore, la Russia. Una mossa cruciale, che molti Paesi europei non sono stati in grado di eseguire così repentinamente.
L’Italia può anche vantare di essere la migliore in Europa per la sicurezza energetica con la sua capacità di stoccaggio.
“L’apprezzamento di Descalzi in diversi Paesi africani è sicuramente un vantaggio competitivo”, ha affermato Alberto Clò, ex ministro dell’Industria ed ex consigliere di amministrazione di Eni, riferendosi alle difficoltà di firmare accordi durante una crisi di approvvigionamento.
Sull stessa scia Martijn Murphy, specialista in petrolio e gas presso la società di ricerca Wood Mackenzie, che ha affermato quanto l’Italia, sebbene considerasse da tempo la Russia come il suo principale fornitore di gas, abbia lavorato per una maggiore diversità di fornitori, usando i legami di lunga data con l’Africa per ottenere una posizione migliore e resistere meglio di altri all’esclusione di Mosca dall’approvvigionamento:
“Eni ha legami molto forti con tutti i Paesi con cui opera in nord Africa ed è presente in tutti: Algeria, Tunisia, Libia, Egitto e nella maggior parte di questi è il più grande investitore upstream e produttore internazionale di compagnie petrolifere,” ha sintetizzato l’esperto.
L’Italia ha consumato 29 miliardi di metri cubi di gas russo l’anno scorso, pari a circa il 40% delle sue importazioni. Secondo Eni, sta gradualmente sostituendo circa 10,5 miliardi di metri cubi di quello con un aumento delle importazioni da altri Paesi, già a partire da questo inverno.
La maggior parte del gas extra proverrà dall’Algeria, che ha dichiarato il 21 settembre che incrementerà le consegne totali in Italia di quasi il 20% a 25,2 miliardi di metri cubi quest’anno. Ciò significa che diventerà il primo fornitore italiano, garantendo circa il 35% delle importazioni.
Dalla primavera del 2023, inoltre, un flusso crescente di Gnl inizierà ad arrivare da Paesi come Egitto, Qatar, Congo, Nigeria e Angola, consentendo all’Italia di sostituire altri 4 miliardi di metri cubi di gas russo.
Questioni politiche: la svolta dell’Italia sull’energia
L’analisi ha sottolineato anche interessanti mosse politiche che hanno poi avuto il loro peso energetico.
Nel 2006, era l’Italia a correre più veloce verso il gas russo rispetto alla Germania, con Eni - l’importatore di gas dominante del Paese - che all’epoca aveva siglato il più grande accordo di gas mai firmato da un’azienda europea con il colosso energetico controllato da Mosca Gazprom.
Tuttavia, negli ultimi otto anni c’è stata l’inversione di rotta: la Germania ha raddoppiato il consumo di gas russo ed è diventata sempre più dipendente, mentre l’Italia ha cercato di guardare altrove.
Il nostro Paese ha iniziato a tracciare un percorso diverso nel 2014, quando un nuovo Governo ha sostituito quello di Silvio Berlusconi, amico di lunga data di Putin, e Descalzi ha preso il timone di Eni. Indiscrezioni raccolte da Reuters hanno evidenziato come Descalzi, specialista di esplorazione e produzione che aveva supervisionato progetti in luoghi come Libia, Nigeria e Congo, si è concentrato su ciò che conosceva meglio: esplorare l’Africa.
Un grande successo è arrivato in Egitto nel 2015, con la scoperta di Zohr, il più grande giacimento di gas del Mar Mediterraneo, con l’avvio della produzione allo Zohr in meno di due anni e mezzo, uno sviluppo relativamente rapido nel settore.
In Algeria, dove Eni è presente dal 1981, la società ha siglato un accordo nel 2019 per rinnovare le importazioni di gas fino al 2027.
L’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014 e le conseguenti sanzioni occidentali sono state un momento di svolta. Roma ha ritirato il suo sostegno al progetto South Stream da 40 miliardi di dollari di Gazprom - che aveva lo scopo di trasportare gas dalla Russia all’Ungheria, all’Austria e all’Italia aggirando l’Ucraina - anche in risposta alle sanzioni. South Stream è stato abbandonato da Eni nello stesso anno, prima di essere messo fuori servizio da Mosca. L’Italia ha invece rivolto lo sguardo alla costruzione del più piccolo gasdotto transadriatico dall’Azerbaigian attraverso la Grecia e l’Albania.
Perché la Germania è in svantaggio sul gas
Parlando della Germania, la storia della strategia energetica del Paese racconta altro.
L’analisi ha innanzitutto sottolineato che Il ministero dell’Economia tedesco ha dichiarato di voler abbandonare le importazioni di gas russe il più rapidamente possibile e diversificare le sue forniture, citando i primi passi in tal senso come il noleggio di cinque terminali galleggianti per il gas naturale liquefatto: questo è un primo punto di debolezza rispetto all’Italia. La Germania attualmente non ha terminali Gnl, mentre il nostro Paese ne ha tre operativi e ne ha recentemente acquistati altri due.
Inoltre, la nazione tedesca, i cui 58 miliardi di metri cubi di gas russo importato l’anno scorso rappresentavano il 58% del consumo, ha visto le forniture attraverso il gasdotto Nord Stream 1 essere ridotte da giugno e interrotte ad agosto.
Incapace di garantire flussi sostitutivi sufficienti a lungo termine da altri Paesi e in mancanza di una major nazionale del petrolio e del gas con produzione all’estero, è stata costretta ad andare sul mercato spot, o fare affari in contanti, pagando anche circa otto volte di più rispetto ai prezzi di un anno per la sostituzione del gas.
Ci sono anche fattori al di fuori del controllo umano che hanno influenzato la sicurezza energetica: la Germania non gode della vicinanza dell’Italia al Nord Africa, per esempio, o delle ricchezze della Gran Bretagna e della Norvegia nel Mare del Nord. Non ha grandi riserve di petrolio o gas. T
Tuttavia, secondo l’analisi, funzionari e dirigenti tedeschi hanno commesso errori di calcolo negli ultimi anni, in particolare dopo l’annessione russa della penisola ucraina della Crimea. Quell’evento non ha spinto la Germania ridurre la sua esposizione alla Russia.
Non solo, nel 2015 è stato raggiunto un accordo tra Gazprom e società tra cui la tedesca E.ON e Wintershall per formare un consorzio per la costruzione del gasdotto Nord Stream 2, che ormai sappiamo che fine ha fatto.
In più, un giorno prima che Mosca invadesse l’Ucraina, Klaus-Dieter Maubach, CEO di Uniper, il più grande importatore tedesco di gas russo, ha descritto Gazprom come un fornitore affidabile. Da allora ha cambiato idea.Sette mesi dopo, Uniper si prepara a citare in giudizio Gazprom per i danni causati dai tagli alle forniture ed è stata salvata per un importo di 29 miliardi di euro dal Governo tedesco, che a settembre ha accettato di nazionalizzare l’azienda.
La Germania punta a sostituire completamente il gas russo entro la metà del 2024. Intanto, Olaf Scholz non ha dubbi: “Abbiamo fatto affidamento troppo a lungo e troppo pesantemente sulle forniture di energia dalla Russia...La vecchia equazione secondo cui la Russia è un partner economico affidabile anche nelle crisi non si applica più.”
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