Mario Draghi ha rassegnato le dimissioni, respinte dal capo dello Stato Sergio Mattarella: cosa succede ora? Ecco tutti gli scenari possibili, il calendario della crisi di governo e tutte le ipotesi.
Dimissioni respinte. O forse sarebbe più corretto dire congelate. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha respinto le dimissioni del presidente del Consiglio, Mario Draghi, che è salito al Colle nella serata del 14 luglio per formalizzare la crisi di governo. Governo che, di fatto, non c’è più, secondo l’inquilino di Palazzo Chigi.
La decisione di Draghi è arrivata dopo quella del Movimento 5 Stelle di non partecipare al voto di fiducia al Senato sul decreto Aiuti. Il presidente del Consiglio è subito salito al Colle per spiegare che non ci sono più le condizioni per andare avanti. Dopo il confronto con Mattarella si è preso qualche ora per riflettere e ha poi comunicato in Consiglio dei ministri la sua volontà di dimettersi.
Draghi è poi tornato al Quirinale dove ha rassegnato le sue dimissioni, rigettate però da Mattarella, che l’ha invitato a presentarsi in Parlamento. Tappa cruciale attesa per mercoledì 20 luglio. Ma cosa succederà ora e cosa faranno sia Draghi che la sua attuale maggioranza di governo? C’è qualche speranza di ricomporre lo strappo o si scivola inevitabilmente verso le elezioni anticipate? Vediamo quali sono tutti gli scenari possibili.
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Il calendario della crisi: tutte le tappe
Dopo la giornata di ieri si aprono in queste ore cinque giorni di trattative, fino alla giornata di mercoledì. Draghi ha prima un importante appuntamento istituzionale: il 18 e 19 luglio sarà ad Algeri per l’accordo sul gas. Ma sembra che non sia questa l’unica ragione per cui i tempi per riferire in Parlamento siano così lunghi.
La speranza, anche del capo dello Stato, è che in questi giorni si possa ricomporre la frattura. Enrico Letta e Matteo Renzi sperano che in questi giorni la maggioranza possa ricompattarsi attorno a Draghi. La giornata decisiva sarà quella di mercoledì 20 luglio, quando Draghi riferirà in Parlamento rendendo le sue comunicazioni alle Camere.
Draghi alle Camere: cosa succederà mercoledì
La decisione, in realtà, non arriverà in Aula. Draghi deciderà prima cosa fare. Nel caso in cui resti fermo sulla sua linea, senza alcun passo indietro, una volta terminate le sue comunicazioni andrà direttamente al Colle a dimettersi, senza alcun voto. Altrimenti potrebbe anche decidere di chiedere il voto di fiducia, strada che comunque percorrerebbe solo dopo aver ricevuto ampie rassicurazioni sulla tenuta della maggioranza nei prossimi mesi. Condizioni tutt’altro che semplici da ottenere, tanto più valutando i tentennamenti di Lega e Movimento 5 Stelle.
La chiusura di Draghi: pochi spiragli per un ripensamento
Le parole pronunciate da Draghi in Cdm, però, non lasciano molte speranze. Il suo discorso è stato netto e ha detto chiaramente che il governo si basa sulla realizzazione di un programma, ma che quelle condizioni che hanno portato alla nascita dell’esecutivo “oggi non ci sono più”.
È pur vero che fonti vicine a Palazzo Chigi ritengono che qualche, seppur flebile, possibilità c’è. Certo è che il presidente del Consiglio potrebbe avere un ripensamento solamente nel caso in cui tutti i partiti di maggioranza assicurino la loro lealtà e collaborazione con convinzione. Draghi non resterà a Chigi per vivacchiare o farsi lacerare da una campagna elettorale permanente dei partiti che lo sostengono.
Le posizioni dei partiti: sosteranno ancora Draghi?
Chi sicuramente vuole che Draghi prosegua sono Pd e Italia Viva. Anche se, forse, pensano a forme diverse. I dem sembrano voler continuare con la stessa maggioranza di oggi, mentre i renziani forse preferirebbero un Draghi bis senza i 5 Stelle. Favorevoli ad andare avanti anche i centristi e Luigi Di Maio con il suo Insieme per il Futuro.
Fondamentale sarà capire quali sono le intenzioni del Movimento 5 Stelle, che deve decidere se continuare a votare la fiducia all’esecutivo già mercoledì. Per ora nulla sembra deciso, ma qualche segnale di sostegno al governo Draghi è arrivato nelle scorse ore.
Passando al centrodestra, non prende chiaramente posizione Forza Italia: qui si affrontano due spinte, quella per un ritorno al voto e quella - forse prevalente - di un proseguimento dell’esperienza di Draghi a Chigi. La partita cruciale è però quella che si gioca nella Lega. Parte del Carroccio, capeggiata dal segretario Matteo Salvini, vuole seguire la linea di Fratelli d’Italia che chiede il ritorno al voto immediato.
Ma qualche spiraglio si potrebbe aprire soprattutto grazie ai presidenti di Regione leghisti e all’ala del ministro Giancarlo Giorgetti, favorevoli a una prosecuzione dell’esperienza di governo. Proprio le decisioni di Lega e 5 Stelle, quindi, saranno decisive per il futuro del governo Draghi.
Un altro governo è possibile?
Un’altra ipotesi di cui si è parlato negli scorsi giorni è quella di un governo diverso, senza Draghi al comando. Si è fatto il nome del ministro dell’Economia, Daniele Franco, come ipotetico traghettatore fino alla fine naturale della legislatura o, quantomeno, per arrivare al nuovo anno con la legge di Bilancio approvata.
Non è da escludere neanche l’ipotesi di un governo di scopo, magari proprio per chiudere la legge di Bilancio, mettere in campo le misure urgenti su salari e bollette e cambiare anche la legge elettorale (compito che spetta però al Parlamento). Un esecutivo in carica per pochi mesi per poi votare a inizio anno. La verità è che tutte queste ipotesi sembrano molto difficili e che Mattarella ritiene che non ci sia un altro presidente del Consiglio possibile al di fuori di Draghi.
Le elezioni anticipate: si torna al voto?
Al momento l’ipotesi più probabile è però quella del ritorno al voto anticipato. In caso di mancato accordo in maggioranza o di nessun ripensamento da parte di Draghi, il capo dello Stato potrebbe sciogliere le Camere già mercoledì, per quanto sia senza dubbio reticente a farlo.
Mattarella ha deciso di rinviare Draghi alle Camere per parlamentarizzare la crisi e per dare un messaggio: o la crisi si supera alle Camere o si torna al voto. Peraltro c’è anche un messaggio implicito in questa decisione: il capo dello Stato sembra dire al Parlamento di seguire le sue indicazioni dopo la sua rielezione avvenuta contro il suo stesso volere.
Quando si potrebbe andare a votare
Nel caso in cui Mattarella dovesse sciogliere le Camere si potrebbe quindi tornare al voto a partire da fine settembre. Anche se la data più probabile di cui già si parla è quella del 4 ottobre. Con tutte le complicazioni del caso, a partire dai tempi per formare il nuovo governo e poi mettere a punto la manovra in tempi utili per evitare l’esercizio provvisorio. D’altronde basta sottolineare un dato per capire l’anomalia di un voto a ottobre: nella storia repubblicana non si è mai votato per le elezioni politiche in autunno.
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