Uno dei timori più grandi degli studenti universitari è quello di non superare l’esame, specialmente perché, non conoscendo il regolamento dell’Università, non si sa dopo quanto possono ripeterlo.
La preparazione degli esami universitari è il primo vero banco di prova per le matricole. Spesso gli studenti possono riscontrare difficoltà nell’organizzazione del materiale didattico e pianificazione delle ore di studio necessarie per comprendere e padroneggiare la materia.
A volte può quindi capitare di non superare l’esame, magari per proprie lacune o per la troppa ansia che deve essere gestita. Spesso a gravare sullo stato d’animo degli studenti è anche l’incertezza su quando poter ridare l’esame.
Infatti in alcuni atenei è ancora in vigore il temuto salto d’appello, una pratica che consiste nel vietare allo studente di sostenere un esame all’appello successivo. Ecco quindi che insorgono i dubbi su dopo quanto è possibile ridare quello stesso esame.
In tal caso può tornare utile la vicenda trattata dal Consiglio di Stato (sentenza 2103/2023) dove un professore universitario aveva impugnato gli atti del suo Direttore di Dipartimento, con i quali aveva fissato un appello aggiuntivo degli esami della sua materia. Il docente censurava la violazione della normativa del 1938 sui titoli accademici e gli esami di Stato nella parte in cui fu stabilito che lo studente che ha ricevuto una bocciatura non può ripetere l’esame nella medesima sessione.
Secondo il massimo giudice amministrativo la norma richiamata dal professore ( articolo 43 del decreto 1269 del 1938) è a ben vedere una disciplina normativa ancora vigente - il salto d’appello è quindi ancora legale in Italia - ma che tuttavia è anche precedente alla Costituzione della nostra Repubblica. È opportuno fare chiarezza cercando di capire dopo quanto si può ripetere un esame universitario non superato, capendo cosa prevedono le leggi.
Dopo quanto si può ripetere un esame universitario non superato: cosa dice la legge
È innegabile che il salto d’appello sia uno svantaggio per gli studenti che dovranno aspettare una nuova sessione per ridare l’esame, allungando il percorso di studi degli studenti. Per capire quando uno studente può oggi dare un esame che non ha passato, è necessario ricorrere alle leggi, partendo proprio dalla norma citata dal professore.
Il fondamento del salto d’appello si può rintracciare nell’art. 43 del Decreto Regio del 4 giugno 1938 n.1269. L’ultimo comma dell’articolo recita testualmente: “Lo studente riprovato - quindi bocciato - non può ripetere l’esame nella medesima sessione”.
Questa disposizione, come ha ricordato il giudice amministrativo, pur non essendo stata eliminata è stata poi superata con l’introduzione di due leggi: la n. 168 del 9 maggio 1989 e la n. 274 del 23 novembre 1990. Con queste, nello specifico quella del 1989 il Governo ha stabilito l’autonomia dei sistemi universitari, quindi non sono statutaria e regolamentare; ma anche organizzativa, didattica, finanziaria e contabile delle Università.
Come spiegato anche da Il Sole 24 ore:
Va quindi valorizzato il differente assetto ordinamentale del settore in analisi rispetto a quello sussistente in epoca antecedente alla Costituzione; dovendosi anche sottolineare che neppure vengono in rilievo profili coperti da riserva di legge che in materia è essenzialmente afferente al reclutamento ed allo status giuridico dei professori e dei ricercatori universitari.
Dopo quanto si può ripetere un esame universitario non superato: spetta all’Ateneo deciderlo
Stando a quanto stabilito dalle leggi, spetterà quindi all’Università stabilire se e quando attuare il salto d’appello e come regolamentarne l’organizzazione.
Lo studente per capire quando potrà ridare l’esame, dovrà leggere a fondo le linee guida e il regolamento del proprio ateneo, dove potrà scoprire se sia ancora in vigore - e in quali casi - il salto d’appello . Va però detto che negli anni numerosi comitati studenteschi hanno presentato ricorso per eliminare questa pratica, in alcuni casi l’Università ha accolto la richiesta in altri no. Sta quindi all’ateneo, ma non è escluso un minimo di margine d’azione per gli studenti.
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