Il crollo di giovedì scorso di oltre il 23% nel valore delle azioni di TIM non può essere giustificato solo dal nuovo piano industriale. Le verifiche della CONSOB dicono altro.
Sono passati alcuni giorni dal crollo verticale delle azioni di Tim in borsa. Il gigante delle telecomunicazioni in una sola giornata, ha registrato una perdita nel valore delle azioni di quasi il 24%, il 23,78% per la precisione. In euro stiamo parlando di circa un miliardo di capitalizzazione. Sicuramente un giovedì nero che in Via Gaetano Negri 1 a Milano si ricorderanno per lungo tempo.
Sulle prime ore i commentatori hanno imputato il crollo nelle azioni alla presentazione da parte dell’Amministratore Delegato Labriola del nuovo piano industriale. Quello che per l’appunto prevede la cessione di Netco, il veicolo che controlla l’infrastruttura fissa e secondaria di rete, al fondo americano KKR. Nel piano, anche il nostro paese, tramite il Ministero dell’Economia e delle Finanze, parteciperebbe con una quota non del tutto residuale (fino al 20%) a Netco.
Perdendo un asset strategico del genere, il cui valore e prezzo è stato proprio al centro delle trattative degli ultimi mesi, è comprensibile la reazione non proprio entusiasta del mercato alle prospettive per TIM. Eppure, per giustificare un crollo di queste proporzioni forse il piano industriale non basta. [...]
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