Esenzione IMU, la Corte di Cassazione ribadisce che il beneficio spetta solo se i coniugi vivono e risiedono nella stessa abitazione: lo scopo è fermare i furbetti delle finte prime case. I dettagli nell’ordinanza n. 28534 del 15 dicembre 2020.
Esenzione IMU per i coniugi spetta solo se sono residenti e vivono nella stessa casa: la Cassazione mette uno stop alle finte case turistiche.
La Cassazione torna a decidere sull’imposta municipale unica e sui casi di esenzione, ed è particolare il tempismo, visto che il 16 dicembre cade la scadenza per il versamento del saldo.
Gli Ermellini si erano già scagliati contro le finte case turistiche nella sentenza n. 20130 del 24 settembre, e con l’ordinanza n. 28534 del 15 dicembre assestano un altro colpo all’evasione fiscale relativa all’IMU sulle seconde case.
Esenzione IMU solo se i coniugi vivono e risiedono nella stessa abitazione: lo stop della Cassazione alle finte prime case
La Cassazione ribadisce la propria decisione: l’esenzione IMU sussiste solo se i coniugi vivono, e risiedono, nella stessa abitazione.
L’ordinanza della Cassazione in cui tale concetto viene ribadito è la n. 28534 del 15 dicembre 2020, depositata quindi un giorno prima della scadenza per il versamento del saldo per chi non ha diritto alla cancellazione della rata prevista dai decreti Agosto e Ristori.
La stoccata della Cassazione, in ogni caso, riguarda l’evasione fiscale relativa all’IMU delle finte seconde case, ovvero le abitazioni al mare (o in montagna, in città, eccetera) travestite da prime case.
Nel caso specifico, una coppia viveva nella stessa casa, ma con la residenza in Comuni diversi. La moglie ha richiesto l’esenzione IMU alla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, ma la decisione di accordare il beneficio non è stata condivisa dalla Cassazione:
“non basta che il coniuge abbia trasferito la propria residenza nel comune in cui l’immobile è situato ma occorre che in tale immobile si realizzi la coabitazione dei coniugi, atteso che, considerato che l’art. 144 cod. civ. prevede che i coniugi possano avere esigenze diverse ai fini della residenza individuale e fissare altrove quella della famiglia, ciò che assume rilevanza, per beneficiare di dette agevolazioni, non è la residenza dei singoli coniugi bensì quella della famiglia.”
Inoltre, ai fini della spettanza della detrazione prevista per le abitazioni principali, il contribuente deve provare che l’abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari. Il prossimo step spetta di nuovo alla Commissione Tributaria Regionale, che dovrà riconsiderare il caso alla luce del principio affermato in sede di legittimità.
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