Il DPB conferma l’assenza di indicazioni su coperture per 16 miliardi. E mentre Giorgia Meloni recide il cordone con Draghi e «processa» il PNRR, il rischio è quello di stop a possibile indebitamento
I segnali di uno sbandamento erano già visibili. Ma ancora sottotraccia. Da un paio di giorni, invece, l’accelerazione è divenuta en plein air. Al netto di una limitatezza di risorse acclarata e della necessità di destinare due terzi dei 35 miliardi a disposizione della Legge di bilancio per il contrasto al caro-energia, il governo ha cominciato a cedere sui fondamentali. Le accise, ad esempio. In campagna elettorale erano dipinte come un mostro stile videogame da uccidere immediatamente, al primo livello della partita del nuovo esecutivo.
Invece, salgono. Indirettamente come nel caso della riduzione del loro taglio riferito alla benzina, passato da 30 a 18 centesimi. Di fatto, un implicito aumento di 12 centesimi in regime inflattivo al 12% annuo in ottobre. Poi quelle sulle sigarette, vecchio cavallo di battaglia di ogni esecutivo da pentapartito degli anni Ottanta e Novanta, il classico esempio di raschiatura del barile che equivale allo sventolio di una nefasta bandiera rossa.
Chiaramente, la colpa non può essere fatta ricadere su chi governa da un mese. E le casse le ha ereditate e non gestite. Eppure, nessuno osa ancora muovere un solo appunto al governo Draghi. Iconoclastia ex post, questo il rischio. Nonostante i conti fuori controllo del SuperBonus 110%, il fallimento totale della crociata in sede Ue sul price cap per il prezzo del gas e una gestione del PNRR che comincia a svelare qualche altarino di troppo. [...]
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