Le strategie passive sono più efficienti perché il denaro tende a incanalarsi dove già è presente. In quelle attive, è il gestore a fare la differenza.
Gli ETF, acronimo di Exchange Traded Funds, sono strumenti di investimento lanciati all’inizio degli anni ’90 negli Stati Uniti. Questi strumenti sono nati per replicare un indice che sia esso del mercato azionario, di un singolo settore, di indici personalizzati, o di indici obbligazionari o che comprendano credito, materie prime e valute. Nascono quindi sostanzialmente come strumenti passivi, con l’obiettivo di replicare completamente un indice sottostante, acquistando tutti i titoli che lo compongono oppure ottimizzando tramite l’acquisto di titoli che forniscano il campione più rappresentativo dell’indice stesso in base a correlazioni, esposizione e rischio. In sostanza, includendo al suo interno un paniere di titoli uguale o molto fedele all’effettiva composizione del mercato, l’ETF passivo per fare bene il suo mestiere deve riprodurre l’andamento di quel determinato mercato.
Questo lavoro di tracking è garantito con un’ampia diversificazione ed un basso costo, dato che l’unico lavoro del gestore è l’aggiornamento regolare (in genere trimestrale) del paniere, in modo da riflettere le variazioni dell’indice di riferimento. Per questo motivo, la “bravura” di un Etf passivo rispetto ad un altro si basa proprio su un mix di queste 3 variabili: costi bassi, diversificazione e tracking piu’ o meno perfetto dell’indice, insieme con quanto risulta accessibile, liquido e scambiabile sul mercato.
Con il passare del tempo la definizione di ETF è un po’ cambiata. Questo perché il mercato degli strumenti finanziari si è evoluto ed oltre ai “semplici” strumenti passivi, sono nati quelli attivi. Per questi strumenti, la politica di investimento viene stabilita dal gestore o da un team secondo un criterio di selezione dei titoli indicato nel prospetto dell’emittente, con l’obiettivo non piu’ di replicare l’andamento di un indice ma per ottenere risultati migliori, attraverso una gestione piu’ flessibile. Questo prodotto ha sì un indice di riferimento (benchmark) ma i gestori possono prendere decisioni sull’allocazione del portafoglio sottostante senza aderire a una strategia di investimento passiva, possono intraprendere una ricerca sui titoli per determinare quali azioni sottostanti detenere e quali no, modificandone anche le ponderazioni in base alle valutazioni, alle tendenze del settore e al contesto macroeconomico. [...]
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