I dati mostrano che l’Eurozona ha chiuso il 2022 in stagnazione, secondo i numeri dell’ultimo trimestre. Cosa significa questo per l’anno in corso? La recessione è stata evitata, ma è davvero lontana?
L’Eurozona non è riuscita a registrare alcuna crescita su base trimestrale negli ultimi tre mesi del 2022. Lo ha pubblicato martedì Eurostat, rivedendo leggermente al ribasso sia il Pil che i dati sulla crescita dell’occupazione, anche se quest’ultimo è rimasto forte.
Le revisioni hanno comunque confermato che la regione ha evitato di poco la recessione tecnica precedentemente prevista: è solo rimandata?
Se lo chiedono analisti ed esperti, soprattutto in vista di una Bce ancora aggressiva e con l’intento di alzare i tassi di interesse per un po’, considerando un’inflazione ancora elevata. Con gli obiettivi dichiarati di freddare la domanda, rendere i prestiti più costosi per consumatori e imprese, fermare l’aumento dei salari, la Banca centrale europea riuscirà a trascinare l’Europa in recessione?
Per ora, la regione a moneta unica ha provato la stagnazione: cosa significa e cosa aspettarsi.
L’Europa finisce il 2022 con una stagnazione
L’economia dell’area dell’euro non è riuscita a espandersi alla fine del 2022, poiché le performance peggiori del previsto in Germania e Irlanda hanno contribuito a ridurre i dati di crescita iniziali.
Nello specifico, la crescita economica dell’Eurozona è stata dello 0,0% nel quarto trimestre rispetto al terzo e dell’1,8% sull’anno precedente, ha affermato Eurostat in una nota. Ciò rispetto alle stime flash dello 0,1% e dell’1,9% pubblicate il 14 febbraio .
Grecia, Malta e Cipro hanno tutti registrato una crescita trimestrale superiore all’1%, con cali osservati in Germania, Estonia, Italia e Lituania.
Mentre la spesa delle famiglie e gli investimenti sono diminuiti, la spesa pubblica e il commercio hanno contribuito a compensare i cali.
Eurostat ha anche rivisto al ribasso il dato relativo alla crescita dell’occupazione nella zona euro allo 0,3% su base trimestrale rispetto allo 0,4% riportato in precedenza. Il numero su base annua è stato dell’1,5%, in linea con le stime precedenti.
Ciò ha spinto il numero totale di persone con un lavoro a 165 milioni, 3,6 milioni in più rispetto alla fine del 2019, poco prima che la pandemia colpisse il mondo.
La forte crescita dell’occupazione evidenzia quanto sia teso il mercato del lavoro e segnala un problema per la Bce nella sua lotta per riportare l’inflazione al 2%.
La recessione può ancora colpire l’Europa
Sebbene più cupa del previsto, la situazione della stagnazione fotografata a fine anno significa che il blocco potrebbe ancora riuscire a schivare per un pelo una recessione considerata inevitabile dopo che la Russia ha invaso l’Ucraina. Guardando al futuro, gli analisti prevedono una flessione nel primo trimestre, poiché l’aumento del costo della vita continua a pesare sui consumatori.
L’inflazione, infatti, rimane un problema. La misura senza le componenti volatili come cibo ed energia è accelerata a un record del 5,6% il mese scorso, anche se un calo dei costi energetici ha contribuito a ridurre l’indice generale.
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La Banca centrale europea è pronta ad aumentare i costi di indebitamento di un altro mezzo punto quando si riunirà la prossima settimana, aggiungendo forza alla spinta più aggressiva della sua storia.
Probabilmente ci saranno rialzi dei tassi ancora più avanti, con la previsione che tutta questa aggressività possa pesare anche sulla produzione, messa a dura prova anche da perdita di competitività delle industrie Ue rispetto a potenze come gli Usa, transizione green in corso, dilemma gas e forniture. C’è ancora spazio, quindi, per la recessione.
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