Il dollaro sale sui massimi da vent’anni sulla prospettiva di un irrigidimento della politica monetaria che favorisce la fuga verso asset considerati più sicuri. Ma non è l’unica ragione.
Politiche monetarie divergenti, pressioni inflazionistiche e guerra stanno provocando un repentino peggioramento delle condizioni dei mercati finanziari globali che tornano a sperimentare la volatilità, sintomo di incertezza e di rischio crescente. La conseguenza è un deflusso dei capitali da quelli più rischiosi a quelli considerati un rifugio sicuro, secondo il tipico fenomeno del flight to quality.
Tutto questo favorisce il Bloomberg Dollar Spot Index, il paniere che monitora il biglietto verde nei confronti delle altre dieci principali monete, salito nelle ultime sedute a 104,50 dollari, sui massimi da novembre 2002.
In uno scenario classico di risk-off, gli investitori fuggono da tutte le attività finanziarie più rischiose e l’Europa in questo momento è l’epicentro di tutte le tensioni geopolitiche globali.
Politiche monetarie divergenti
La scorsa settimana la Federal Reserve ha aumentato i tassi di interesse di 50 punti base, nel range 0,75-1%: dopo la rinomina di Jerome Powell alla guida dell’istituto centrale statunitense, la battaglia contro l’inflazione potrebbe accelerare con un nuovo rialzo di 50 punti base già durante il prossimo meeting di giugno. Per contro, in Europa assistiamo ad una banca centrale incapace di prendere decisioni in autonomia. Christine Lagarde è attendista e guarda alle mosse del suo omologo oltre Oceano prima di intervenire con determinazione per contrastare l’inflazione nell’area euro.
Dollaro e Yen favoriti dal risk off
Ecco cosa affligge l’euro che perde quota non solo nei confronti del dollaro ma anche dello yen, altra valuta rifugio per eccellenza.
Spaventa il ribasso della moneta unica, che contro il dollaro è scesa dell’1,3% registrando la perdita giornaliera maggiore da marzo 2020. Il EUR/USD ha toccato a 1,035 il livello più basso da gennaio 2017, riportando in zona di ipervenduto i principali oscillatori grafici. L’arrivo su questi livelli e la condizione di eccesso di ribasso potrebbero tuttavia favorire delle reazioni nel brevissimo termine verso quota 1,05. Solo nell’ipotesi di un ritorno oltre 1,064 sarà possibile intravedere spiragli di miglioramento: target in quel caso a 1,076 e 1,08, per un test dal basso della trend line disegnata a partire dai bottom del 2017 e passante per quelli del 2020. Per quanto significativo, un movimento di questa portata non modificherebbe la tendenza ribassista di fondo, attualmente orientata verso la mediana del canale tracciato dai record del 2008, che transita a ridosso della parità tra le due monete.
Nella seduta di giovedì EUR/JPY ha completato un testa e spalle ribassista disegnato a partire dai massimi di fine marzo, scendendo sotto area 134,80, minimi di fine aprile e punto di passaggio della neck line. Per il momento il supporto offerto a 133,25 dalla media esponenziale a 100 giorni è riuscita ad arginare le pressioni ribassiste, ma il target della figura si posiziona in area 129,80/130, in corrispondenza del 61,8% di ritracciamento del rialzo partito lo scorso marzo. Per scongiurare la realizzazione di questo scenario, la moneta unica dovrà recuperare le forze e tentare di risalire la china oltre 134,80 in direzione della resistenza a 136,60.
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