Elham Makdoum racconta come Bitcoin e le altre criptovalute siano diventati strumenti di guerra e potere. Un saggio essenziale per capire come le criptovalute ridefiniscono i conflitti di oggi.
La geopolitica delle criptovalute. Come Bitcoin & Co stanno cambiando il mondo di Elham Makdoum, pubblicato da Castelvecchi, si presenta come un’opera ambiziosa e sfaccettata, capace di intrecciare con maestria il complesso universo delle valute digitali con le dinamiche geopolitiche che caratterizzano il Ventunesimo secolo.
Il libro si rivolge a un pubblico curioso e attento, desideroso di comprendere come un’innovazione tecnologica apparentemente astratta, come le criptovalute, sia diventata un attore determinante nei conflitti globali, nelle strategie statali e nelle operazioni di attori non statali. Attraverso un’analisi ricca di dettagli, esempi concreti e riferimenti storici, l’autrice, una giovane analista indipendente, offre una lettura che non si limita a descrivere il fenomeno, ma lo contestualizza in una prospettiva più ampia, quella di un mondo in continua trasformazione, dove il virtuale e il reale si fondono in modi inaspettati.
Il testo si apre con un’introduzione che getta le basi teoriche e storiche del fenomeno criptovalutario, risalendo alle sue radici ideologiche nei movimenti cypherpunk degli anni Ottanta e Novanta. Makdoum cita figure seminali come David Chaum, Timothy C. May ed Eric Hughes, che con i loro manifesti hanno immaginato un mondo digitale libero dalle ingerenze statali e dalle sorveglianze di massa. È in questo contesto che emerge il Bitcoin, creato nel 2009 dal misterioso Satoshi Nakamoto, come risposta alla crisi finanziaria del 2008 e alla sfiducia nei sistemi bancari tradizionali.
L’autrice sottolinea come l’utopia libertaria alla base delle criptovalute – un sistema di pagamenti anonimo, decentralizzato e non tracciabile – si sia presto scontrata con la realtà, trasformandosi in uno strumento dalle implicazioni geopolitiche imprevedibili. Questo passaggio dall’ideale alla pratica rappresenta uno dei fili conduttori del libro, che esplora come un’invenzione nata per garantire libertà individuale sia diventata un’arma nelle mani di stati, terroristi e criminali.
Il primo capitolo si concentra sul legame tra criptovalute e terrorismo islamico, offrendo un’analisi dettagliata e inquietante di come gruppi come Al-Qāʿida e Dāʿish (ISIS) abbiano sfruttato le valute digitali per finanziare le loro attività. Makdoum riporta il caso dell’attentato a Charlie Hebdo del 2015 come il primo attacco terroristico noto finanziato tramite Bitcoin, evidenziando l’efficacia di questi strumenti nel garantire anonimato e rapidità nelle transazioni internazionali. L’autrice descrive anche figure come Ardit Ferizi e Zoobia Shahnaz, che con tecniche sofisticate come ransomware e frodi bancarie hanno trasferito fondi in criptovalute ai jihadisti, dimostrando una crescente competenza tecnologica tra questi gruppi.
Nel secondo capitolo, l’attenzione si sposta sulle guerre moderne e sul ruolo del “criptoverso” come nuova dimensione del conflitto. Makdoum analizza il caso del conflitto russo-ucraino, un evento spartiacque che ha visto entrambe le parti utilizzare le criptovalute in modi innovativi. L’Ucraina, con campagne di crypto-crowdfunding come l’Ukraine Crypto-Fund, ha raccolto 225 milioni di dollari, dimostrando la capacità delle comunità digitali di mobilitarsi rapidamente per sostenere uno sforzo bellico. La Russia, d’altro canto, ha sfruttato il dark web e i darknet market, come Hydra e Garantex, per generare oltre un miliardo di dollari nel 2022, aggirando le sanzioni internazionali e finanziando la sua macchina militare con l’aiuto di hacker nordcoreani.
L’autrice introduce il concetto di cripto-guerriglia, esemplificato dall’uso di Hamas delle criptovalute per l’operazione Al-Aqṣā Storm del 2023, un attacco che ha messo in luce la difficoltà di Israele nel bloccare questi flussi finanziari. Questo capitolo dipinge un quadro in cui il criptoverso diventa un campo di battaglia parallelo, accanto a quelli tradizionali, ridefinendo le strategie militari e geopolitiche.
Un’alleanza tanto oscura quanto redditizia viene analizzata nel terzo capitolo: quella tra la Cina e i cartelli messicani della droga, con le criptovalute come moneta di scambio. Makdoum si sofferma sulla crisi degli oppioidi negli Stati Uniti, che ha causato oltre un milione di morti dal 1999, presentandola come un esempio di guerra ibrida. Il fentanyl, prodotto in Cina e distribuito dai narcos messicani, viene finanziato e riciclato attraverso le criptovalute, che garantiscono transazioni rapide e non tracciabili. Citando “Guerra senza limiti” di Qiao Liang e Wang Xiangsui, l’autrice suggerisce che la Cina utilizzi questa strategia per destabilizzare gli Stati Uniti, trasformando gli oppioidi in un’arma silenziosa ma devastante.
Il quarto capitolo affronta le implicazioni più ampie delle criptovalute nelle relazioni internazionali, con un focus sul gruppo BRICS+ e sulla sfida al dominio del dollaro. Makdoum descrive gli sforzi di paesi come Russia, Iran e Brasile per creare una moneta digitale comune, come la ipotetica R5 sostenuta dall’oro, che potrebbe ridurre la dipendenza dal sistema finanziario statunitense. Parallelamente, analizza il ruolo della Corea del Nord, il cui Gruppo Lazarus ha rubato miliardi in criptovalute per aggirare le sanzioni, e il fallimento del Petro venezuelano, che evidenzia i limiti di queste iniziative.
L’ingresso di Wall Street nel criptoverso, con l’approvazione di fondi speculativi legati al Bitcoin nel gennaio 2024, segna un punto di svolta: gli Stati Uniti, pur in ritardo, cercano di istituzionalizzare le criptovalute, mentre la Cina continua a operare in modo ambiguo, vietandole ufficialmente ma finanziando mining farm clandestine all’estero. Questo capitolo offre una visione panoramica di come le criptovalute stiano rimodellando gli equilibri di potere globale.
La narrazione è arricchita da tre interviste finali – a un funzionario Interpol, a un anonimo esperto statunitense e allo stratega Edward Luttwak – che offrono prospettive diverse sul fenomeno, e da due testi in appendice: il white paper di Bitcoin di Nakamoto e la “Dichiarazione di indipendenza del cyberspazio” di John Barlow. Questi elementi aggiungono profondità e autenticità all’analisi, rendendo il volume non solo un saggio, ma anche una raccolta di documenti storici.
Uno dei punti di forza del libro è la capacità di Makdoum di collegare il micro (singoli casi di utilizzo delle criptovalute) al macro (le trasformazioni geopolitiche), mantenendo un tono analitico e mai arido.
In conclusione, La geopolitica delle criptovalute è un’opera preziosa per chi cerca di comprendere il presente e anticipare il futuro delle relazioni internazionali. Makdoum dimostra con chiarezza che le criptovalute non sono una moda passeggera, ma un elemento destinato a rimanere, capace di influenzare guerre, economie e politiche globali. Il libro invita a una riflessione critica su un mondo in cui la tecnologia, pur nata con intenti libertari, si è trasformata in uno strumento di potere e conflitto.
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