Spulciando la classifica di Forbes sulle persone più ricche al mondo, si può vedere come non ci sia nessun italiano tra gli under 40. Il motivo? Pochi investimenti e fine dello spirito di iniziativa.
Non c’è traccia di italiani nella classifica dei giovani più ricchi al mondo stilata dalla rivista americana Forbes, dove vengono presi in considerazione i patrimoni personali di manager e imprenditori.
Tolti i figli dei miliardari, il nostro paese quindi non riesce più a partorire delle nuove generazioni capaci di creare delle fortune partendo dal nulla o prendere in mano le redini delle aziende di famiglia fin da giovani.
Nella classifica degli italiani più ricchi nel 2018 dominano infatti settantenni e ottantenni, con Giovanni Ferrero (54 anni) e Luca Garavoglia (49 anni) uniche eccezioni. Non pervenuti invece gli under 40.
Quali sono i motivi di questa mancanza di nuovi giovani ricchi in Italia? Oltre allo scarso ricambio generazionale e alla cronica mancanza di investimenti, appare lampante anche il venir meno di quello spirito di iniziativa che aveva contraddistinto l’industria nostrana fin dal primo dopoguerra.
Giovani più ricchi al mondo, Italia assente
Guardando la classifica stilata da Forbes in base alla ricchezza delle persone, sembrerebbe che in Italia le lancette imprenditoriali e manageriali si siano fermate alla metà dello secolo scorso.
Mentre negli altri paesi grazie soprattutto alle nuove tecnologie fioccano i ventenni oppure i trentenni già miliardari, nel Bel Paese latitano i giovani rampanti capaci di entrare nella speciale classifica della prestigiosa rivista americana.
Tra gli under 40 più ricchi al mondo troviamo in testa mister Facebook Mark Zuckerberg (34 anni, patrimonio personale di 51,7 miliardi di dollari), seguito dalla immobiliarista cinese Yang Huiyan (37 anni, 18,5 miliardi) e Lukas Walton di Walmart (32 anni, 15,1 miliardi).
Le sorelle norvegesi Alexandra e Katharina Andresen (21 anni e 22 anni) controllano Ferd, il fondo d’investimenti di famiglia, con un patrimonio personale di 1,3 miliardi a testa. Sempre in Norvegia, l’industria del pesce garantisce a Gustav Magnar Witzoe (25 anni) un patrimonio di 2,9 miliardi.
Snapchat invece porta all’americano Evan Spiegel (28 anni) un patrimonio di 1,8 miliardi, mentre Stripe rende all’irlandese John Collison un tesoro da 1 miliardo. Sempre i computer hanno fatto incamerare al cinese Zhang Yiming (35 anni) un patrimonio di 6,8 miliardi.
Fine dello spirito d’iniziativa
Per capire l’assenza di giovani italiani tra i più ricchi al mondo basta guardare la storia dei “Paperoni” nostrani presenti nella graduatoria di Forbes. Il primo in Italia per patrimonio personale è Leonardo Del Vecchio, che partendo da un orfanotrofio è riuscito all’inizio degli anni ‘60 a creare un impero con la Luxottica.
Giovanni Ferrero che è il secondo uomo più ricco d’Italia ha preso in mano l’azienda di famiglia proseguendo nella strada dettata dal padre. Difficilmente lo vedrete sui social o negli eventi mondani, preferendo da sempre un basso profilo.
I vari Stefano Pessina, Giorgio Armani o Silvio Berlusconi, gli altri italiani ai primi posti, anche se in maniera differente sono tutti dei self made man. Storia simile anche per le famiglie Benetton, Perfetti o Rocca.
Il boom economico italiano si è quasi interamente basato su questi “sognatori” che, partendo dal nulla, hanno creato dei veri e propri colossi. Le seconde e terze generazioni di queste famiglie invece non si sono dimostrate all’altezza, esclusion fatta per Ferrero, di portare avanti le aziende.
Altro tasto dolente in Italia è lo scarso supporto che ricevono invece quei giovani a cui non mancano idee o competenze. Gli investimenti verso le start-up latitano e così molti preferiscono fare armi e bagagli e cercare fortuna all’estero.
Ultimo aspetto è un generale impigrimento misto a rassegnazione che sta attanagliando gli italiani. Il web viene visto solo come mezzo per avere successo come influencer o similia, unico modo questo che viene percepito dai giovani (dati Istat) come mezzo per migliorare la propria situazione economica.
Nel dopoguerra l’Italia era un paese povero che è prosperato grazie a tanti piccoli-medi imprenditori che si sono messi in gioco. Adesso che le banche nostrane sono piene dei risparmi dei nostri genitori e nonni, i giovani abbienti hanno la pancia piena mentre i ceti popolari sono disillusi e scoraggiati. Senza un’inversione di tendenza il futuro per il nostro paese non è roseo.
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