Le novità su scorte e inflazione Usa hanno depresso il prezzo del petrolio: è tonfo delle quotazioni, ma fino a quando? Il rialzo del greggio dipenderà dalla Cina. Tutti i fattori da osservare.
I prezzi del petrolio prolungano le perdite: un aumento molto più grande del previsto delle scorte di greggio degli Stati Uniti e l’anticipazione di ulteriori aumenti dei tassi di interesse hanno suscitato preoccupazioni per la prospettiva di una domanda di carburante più debole e di una recessione economica.
Nel dettaglio, alle ore 11.15 circa del 5 febbraio, la quotazione Brent scambia a 84,56 dollari al barile con un tonfo dell’1,19%. Il greggio WTI prezza 77,97 dollari al barile, perdendo l’1,38%.
Il petrolio ha avuto un inizio misto nel 2023, poiché i trader stanno tentando di valutare l’impatto della riapertura della Cina, i tagli all’offerta annunciati da Mosca e le persistenti preoccupazioni di una recessione negli Stati Uniti.
Proprio le novità dalla potenza americana sulle scorte, l’inflazione e la politica di Biden sulle riserve strategiche hanno dato il colpo ai prezzi del petrolio. La Cina compenserà con la sua ripresa economica?
Prezzo del petrolio: è tonfo e i motivi sono negli Usa
Sono almeno tre i driver al ribasso per il prezzo del petrolio e tutti provengono dagli Stati Uniti.
Innanzitutto, le scorte di greggio Usa sono aumentate di circa 10,5 milioni di barili nella settimana terminata il 10 febbraio, secondo fonti di mercato che citano i dati dell’American Petroleum Institute (API).
“I dati API esercitano una crescente pressione sul mercato petrolifero poiché questa sarebbe l’ottava settimana di formazione delle scorte... La tiepida domanda statunitense continuerà a deprimere i prezzi del petrolio a breve termine” hanno affermato gli analisti di Haitong Futures su Rueters.
Nel frattempo, un funzionario ha affermato che la Fed dovrà continuare ad aumentare gradualmente i tassi di interesse per battere l’inflazione, dopo che i dati hanno mostrato prezzi al consumo negli Stati Uniti aumentati a gennaio.
Le aspettative di un costo del denaro più elevato e di un dollaro più forte, che riduce l’attrattiva di materie prime come il petrolio, stanno rendendo il settore oil più incerto.
A pesare sui prezzi del greggio è stato anche l’annuncio di questa settimana del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE) che avrebbe venduto 26 milioni di barili di petrolio dalla riserva strategica della nazione, che è già al livello più basso in circa quattro decenni.
L’intento di Biden è proprio freddare ulteriormente il prezzo dei carburanti immettendo sul mercato maggiore petrolio.
La Cina può risollevare il mercato del petrolio?
Il petrolio ha faticato questa settimana a mantenere prezzi elevati, nonostante il piano della Russia di ridurre le forniture mentre le sanzioni sono sempre più attive e una serie di segnali che le raffinerie cinesi stanno raccogliendo carichi man mano che l’attività riprende.
Ci si chiede, quindi, quanto davvero la ripresa del dragone possa stimolare la domanda in un contesto di offerta di greggio incerto. Secondo quanto riferito, le raffinerie statali della Cina hanno ripreso gli acquisti di petrolio russo scontato, mentre quelle giapponesi potrebbero anche acquistare greggio russo se necessario.
Intanto l’Agenzia internazionale per l’energia ha sottolineato: “L’offerta mondiale di petrolio sembra destinata a superare la domanda nella prima metà del 2023, ma il saldo potrebbe rapidamente spostarsi in deficit man mano che la domanda si riprende e una parte della produzione russa viene chiusa”
La chiave di un rialzo dei prezzi del petrolio è la Cina, che rappresenterà quasi la metà della crescita della domanda di petrolio di quest’anno dopo aver allentato i limiti Covid.
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