L’ex procuratrice dell’Aja, Carla Del Ponte, definì l’utilizzo dell’uranio impoverito da parte della NATO, «un crimine di guerra». Media e politica scelgono di ignorare la «sindrome dei Balcani».
La visita di Blinken a Kiev
Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha fatto visita ieri mattina a sorpresa a Kiev, in Ucraina.
Durante la visita, Blinken ha avuto la possibilità di essere aggiornato direttamente da Volodymyr Zelensky sullo stato della controffensiva ucraina. Il funzionario ha spiegato che «vogliamo vedere e sentire come intendono andare avanti nelle prossime settimane».
L’annuncio di Washington
Proprio alla vigilia della sua visita, l’amministrazione Biden aveva annunciato che invierà per la prima volta a Kiev le controverse munizioni perforanti contenenti uranio impoverito, mandate finora solo da Londra.
Lo ha rivelato sul proprio sito la Reuters, dopo aver visto un documento e ottenuto conferma da due dirigenti USA.
I proiettili, utilizzabili per distruggere i carri armati russi, fanno parte di un nuovo pacchetto di aiuti militari tra i 240 e i 375 milioni di dollari che sarà presentato la prossima settimana. Le munizioni potrebbero essere lanciate dai carri armati americani Abrams, attesi a Kiev nelle prossime settimane.
E la strage dei militari?
Per quanto, secondo gli analisti, queste munizioni non cambieranno l’esito del conflitto, è bene evidenziare nuovamente l’atteggiamento ipocrita delle istituzioni e dei media internazionali che da quando il Regno Unito aveva annunciato che avrebbe fornito all’Ucraina proiettili all’uranio impoverito, invece che deplorare tale decisione, si sono sforzati, anche in maniera grottesca, di insabbiare i rischi per la salute, pur di avallare l’invio di tali munizioni anticarro perforanti ad alto potenziale.
È bene, infatti, ricordare, che nel 2001, l’ex procuratrice del tribunale dell’Aja, Carla Del Ponte, definì l’utilizzo dell’uranio impoverito da parte della NATO, «un crimine di guerra». Da allora si iniziò a parlare della cosiddetta “sindrome dei Balcani”, un insieme di malattie come i linfomi di Hodgkin e altre forme di cancro.
In Italia, come censito dall’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), circa 8.000 militari italiani, di ritorno dalle missioni nei Balcani, sono stati colpiti da diverse malattie.
Una sentenza del 2013, emessa dalla Corte dei Conti della Regione Lazio, ha sottolineato la correlazione tra la malattia e le condizioni ambientali in cui il militare aveva prestato servizio (Kosovo).
Anche se il rapporto di causa effetto tra l’esposizione all’uranio impoverito e queste malattie non è ancora stato dimostrato, da anni la Coalizione internazionale per mettere al bando armi all’uranio (Icbuw) si batte perché simili proiettili vengano eliminati dagli arsenali.
Anche un rapporto dell’ONU pubblicato l’anno scorso ha messo in guarda dall’utilizzo dell’uranio impoverito in guerra in Ucraina per le sue possibili conseguenze: «L’uranio impoverito e le sostanze tossiche nei comuni esplosivi possono causare irritazioni della pelle, insufficienza renale e aumentano il rischio dell’insorgenza di tumori. La tossicità chimica dell’uranio impoverito è considerata un problema maggiore rispetto al possibile impatto della sua radioattività».
Nonostante le evidenze e il lungo elenco dei morti, invece di utilizzare il principio di precauzione e tutelare la salute dei militari e dei civili, si continuano a usare le persone come carne da macello, pedine sacrificabili in un conflitto che rischia di subire un’escalation e di trascinare il mondo in una spirale di sangue, polvere e violenza.
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