Mentre Basf annuncia un ridimensionamento delle attività in patria, le previsioni su Pil tedesco e prezzi dell’energia in Europa cancellano l’attuale ottimismo. E l’Italia con le casse vuote rischia
Quella dell’ottimismo è una gran virtù. Ma, spesso, il rischio è quello di lasciarsene fuorviare. Soprattutto quando si tratta di temi pragmatici ed esiziali come i numeri e le prospettive dell’economia. A quel punto, precauzione vuole che l’ottimismo torni a essere materia per gli spot televisivi e il governante accorto sposi il realismo gramsciano di un sano pessimismo della ragione.
C’è infatti voluto poco per far tornare sopra quota 100 euro MWh (salvo chiudere a 99), solo un giorno. Soprattutto, è bastato che alla riunione dei ministri dell’Energia Ue in Lussemburgo riemergessero tutte le fratture e le contraddizioni, condensate nella decisione forzata di indire un nuovo vertice d’emergenza per il 24 novembre.in cui cercare per l’ennesima volta la sintesi fra le posizioni. Ma il mercato ha tempi diversi dalla politica e quando vede associato il termine emergenza con un arco temporale di un mese, prezza subito. In negativo.
Ma non solo le valutazioni alla Borsa di Amsterdam oggi hanno richiamato tutti a un minimo di cautela, poiché - al netto di una stagione fredda che ancora latita e anzi vede temperature primaverili su mezza Europa - l’inverno è comunque lungo da passare. Ed epicentro del cono d’ombra è stata la ex locomotiva del Vecchio Continente, quella Germania che compariva su tutti i siti per la decisione di cedere il 25% del porto di Amburgo ai cinesi di Cosco Shipping. Paradossalmente, l’ultima delle preoccupazioni. Quantomeno a fronte di questa galleria degli orrori macro:
BASF says European operations need to be cut to size 'permanently' https://t.co/GAkfp9rRTd pic.twitter.com/bEgPqWhIyH
— Reuters (@Reuters) October 26, 2022
German companies have exhausted nearly all their options to curb natural gas consumption to help prevent shortages this winter https://t.co/CIqyT0SA0X
— Bloomberg (@business) October 26, 2022
Germany is preparing for a worst-case scenario in which it needs to double financial aid to Uniper, the nation’s biggest gas supplier, to €60 billion https://t.co/li4g8RWOjL
— Bloomberg (@business) October 26, 2022
From French tiremaker Michelin to German chemical giant BASF, European industry is starting to crack under the weight of record energy and raw material prices https://t.co/KIKc36zvik
— Bloomberg (@business) October 26, 2022
non solo la più grande industria chimica d’Europa, fresca di sbarco produttivo proprio in Cina, ammette chiaramente la necessità di un sostanziale e strutturale ridimensionamento dei suoi livelli produttivi e occupazionali in patria. Ma è l’intera industria teutonica a lanciare un grido d’allarme, essendo arrivata alla raschiatura del barile in fatto di limitazione dei consumi energetici e razionamenti. E se anche la francese Michelin comincia a inviare inequivocabili segnali di sostenibilità, è sempre la Germania a fare paura: il governo è stato costretto a contemplare un worst case scenario in base al quale la sopravvivenza della nazionalizzata Uniper potrebbe costare fino a 60 miliardi di euro.
Insomma, materiale da brividi. Degno della notte di Halloween ormai alle porte. Ma il peggio sta tutto in questi grafici,
i quali mettono in prospettiva comparata le previsioni sul Pil tedesco calcolate da l’istituto IFO e quelle ponderate rispetto proprio ai costi previsti per l’energia. Nemmeno a dirlo, la Germania non è attesa da una recessione tecnica, bensì da un vero e proprio sprofondo macro, peggiore addirittura di quello seguito al crollo Lehman e alla crisi finanziaria del 2008-2009.
Ma è questa ultima immagine quella che conta,
quantomeno volendo inquadrare le prospettive per il nostro Paese. Si tratta dell’elaborazione dei dati ICE compiuta da Andreas Steno Larsen, analista indipendente che in assoluta controtendenza aveva previsto il drastico calo dei prezzi del gas, quando tutti vaticinavano un’ulteriore impennata a seguito del picco di 330 euro MWh. Questa volta, il quadro è opposto. E fosco. E come di può notare, l’Italia pare destinata a un inverno con un prezzo del gas naturale a 311,4 euro per MWh. Semplicemente insostenibile. Per le aziende. Per le famiglie. Ma anche per i mitologici stoccaggi.
E se in seno all’Ue c’è chi sta molto peggio come Olanda, Francia e appunto la Germania, occorre sempre partire da un dato di fatto, confermato da Giorgia Meloni in persona: le casse italiane lasciate in eredità dal governo Draghi sono vuote. La Germania ha stanziato 200 miliardi di fondo contro il caro-bollette e ha ancora margine sui conti per intervenire nuovamente, mentre la Francia sta spingendo a dismisura sulla riapertura di almeno metà delle 26 centrali nucleari ferme per guasti o manutenzione. L’Olanda, chiaramente, già prepara barricate per tutelare almeno la sua Borsa energetica, dovendo salvare il salvabile.
E l’Italia, cosa farà? Dove troverà i fondi necessari a copertura di un nuovo decreto aiuti, a occhio e croce almeno triplo per ammontare rispetto all’ultimo messo in campo dai Migliori? Scostamento di bilancio? L’Europa lo consentirà? Il governo stesso si rimangerà la parola data rispetto al no verso nuovo indebitamento? Ancora oggi al Senato, la presidente Giorgia Meloni ha ribadito come la priorità d’azione in tal senso sarà in prima battuta quella della lotta alla speculazione. Auguri, i cimiteri della politica sono pieni di esecutivi che avevano tentato quella strada. L’alternativa? Solo due. O la Canossa - politicamente mortale - verso il Cremlino, unica fonte di approvvigionamento subito disponibile. O il default. Tertium non datur.
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