Il governo Conte bis è atteso al doppio voto di fiducia in Parlamento: se alla Camera Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Liberi e Uguali hanno numeri solidi, al Senato invece i possibili franchi tiratori pentastellati potrebbero rimettere tutto in discussione.
Il voto di fiducia per il governo Conte bis non sembrerebbe essere una pura formalità. Se alla Camera il Movimento 5 Stelle assieme al Partito Democratico e a Liberi Uguali possono contare su una solida maggioranza, al Senato invece i numeri per i giallorossi sono molto più ballerini.
Tutte le attenzioni sono quindi rivolte a quello che succederà martedì a Palazzo Madama, dove lo spettro dei franchi tiratori tra le fila dei 5 Stelle non esclude la possibilità che ci possano essere delle sorprese poco gradite alla neonata maggioranza giallorossa.
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Al Senato quindi il governo avrà bisogno del sostegno da parte delle Autonomie e di parte del Gruppo Misto per non correre rischi, ma l’interrogativo principale riguarda quella corposa fronda degli scontenti pentastellati - guidati da Gianluigi Paragone che ha annunciato il suo voto contrario - a questa alleanza del Movimento con il centrosinistra.
Governo Conte bis: i rischi del voto di fiducia
Quello che ci siamo messi alle spalle non è stato un agosto - politicamente parlando - come tutti gli altri. Invece delle classiche chiacchiere sotto l’ombrellone, c’è stata una crisi di governo che ha rimescolato le carte in Parlamento.
Un “ribaltone” che si è consumato in tutta fretta visto che c’è ben poco tempo da perdere con la manovra autunnale che è all’orizzonte. Prima però di iniziare a imbastire la legge di Bilancio, il governo Conte bis deve incassare la fiducia da parte del Parlamento.
L’attuale maggioranza è formata da Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Liberi e Uguali. Tra gli appartenenti delle Autonomie e del Gruppo Misto, finora in pochi hanno assicurato il proprio sostegno ai giallorossi.
Alla Camera comunque non dovrebbero esserci grossi colpi di scena. A fronte di una maggioranza che a Montecitorio è di 316 deputati, i 5 Stelle insieme a PD e Liberi e Uguali possono contare su 341 voti.
Se però già alla Camera dovessero arrivare alcune defezioni tra le fila della maggioranza, questo farebbe scattare il classico campanello d’allarme tra i giallorossi in vista del voto di martedì al Senato dove i numeri sono molto più risicati.
I numeri al Senato
Per il governo la situazione al Senato è molto più delicata rispetto a quella alla Camera, anche se in teoria i tre partiti della maggioranza a Palazzo Madama potrebbero contare su una maggioranza anche se risicatissima: 162 senatori a fronte di una soglia minima di 161.
Non è affatto detto però che tutti i senatori giallorossi alla fine votino la fiducia al nuovo esecutivo. Oltre al pentastellato Gianluigi Paragone, anche il dem Matteo Richetti potrebbe esprimersi in maniera contraria.
In più c’è la possibilità - paventata dal vice segretario della Lega Andrea Crippa - che almeno ben 9 senatori del Movimento 5 Stelle siano pronti a votare contro la fiducia e a passare tra le fila del Carroccio.
Non è un mistero infatti che tra i pentastellati in molti siano scontenti per questa alleanza con i nemici di sempre del Partito Democratico, in fondo sempre gestito dal tanto odiato Matteo Renzi che può contare sul sostegno della maggioranza dei parlamentari dem avendo fatto lui le liste alle ultime elezioni.
In aiuto di Giuseppe Conte al Senato ci saranno però 3 voti provenienti dall’Autonomia (l’ex presidente della Camera Casini, l’altoatesino Bressa e il valdostano Laniece) e almeno 5 dal Gruppo Misto (il socialista Nencini, e gli ex 5 Stelle Buccarella, De Bonis, De Falco e Nugnes).
In totale quindi, escludendo Paragone e Richetti, i giallorossi in teoria possono contare su 168 senatori. Chi ha annunciato invece il voto contrario è +Europa, mentre sono in dubbio i 3 di SVP e i 2 di MAIE (Movimento degli Italiani all’Estero). Da valutare anche cosa faranno i 5 senatori a vita più il Presidente emerito Giorgio Napolitano che difficilmente sarà però presente in Aula.
I voti contrari certi sono 138 (in teoria 139 ma Umberto Bossi non dovrebbe essere presente) quindi - per non ottenere la fiducia - il governo dovrebbe avere almeno una decina di defezioni tra le propria fila oltre al mancato appoggio di tutti quei senatori al momento ancora indecisi.
Uno scenario questo non facile da realizzarsi ma di certo non impossibile, soprattutto se a fronte di un cambio di casacca ci fosse poi l’effettiva rassicurazione per un seggio sicuro nel caso di elezioni anticipate che sarebbero automatiche in caso di una mancata fiducia al Senato.
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