Borsa di Amsterdam e caro-bollette sono ormai spariti dai media. Ma quanto avvenuto alla Freeport, principale esportatore di LNG statunitense, ci dimostra come i guai possano tornare. All’improvviso
Per giorni, la Borsa energetica di Amsterdam è stata il centro del mondo. Tutto passava dalle valutazioni di quei futures. E, soprattutto, ogni male del mondo era dovuto alla speculazione. Persino la nebbia o il caldo fuori stagione. D’altronde, trattasi un alibi con alle spalle una lunga e consolidata carriera.
In accoppiata con il caro-bollette, enfatizzato e drammatizzato da talk-show il cui palinsesto era basato unicamente sulla sfilata dolente di piccoli imprenditori e commercianti costretti a chiudere le proprie attività, dopo decenni di onorato lavoro. Una Via Crucis del MWh. Poi, di colpo, tutto sparito. Prima i rave, poi gli sbarchi. Il gas non è più un problema. Amsterdam è tornata la città dei canali e non più la Gomorra della speculazione ed è bastato un decreto sulla rateizzazione delle utenze energetiche per far rifiorire di colpo il Pil.
Strano Paese. Soprattutto perché stamattina ad Amsterdam il prezzo del gas naturale europeo ha aperto in netto rialzo, superando di slancio i 120 euro per MWh. Il tutto dopo il ritorno sopra la quota psicologica dei 100 euro di ieri. Che accade? Eppure dal fronte ucraino e dai bilaterali a latere del G20 paiono giungere notizie confortanti rispetto alle possibilità di una tregua nel conflitto e dell’apertura di un negoziato. Forse qualche tremore è stato innescato da questo: [...]
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