Lavoratori in Grecia in sciopero contro le riforme volute dai creditori europei. La crisi sociale ad Atene è sempre più forte, ma nessuno ne parla più.
La crisi sociale ad Atene è sempre più forte in risposta alle dure riforme volute da BCE e FMI, ma nessuno ne parla più.
I dipendenti del settore pubblico in sciopero nella giornata di giovedì per protestare contro le riforme del lavoro e delle pensioni, insieme al programma di privatizzazione voluti dal governo messo alle strette dai creditori europei per accedere ai fondi di salvataggio.
La gestione della crisi da parte di Tsipras & Co., seguiti passo passo dai creditori europei, sta portando ad una crisi sociale senza precedenti, spingendo allo sciopero generale medici, insegnanti e i dipendenti comunali, paralizzando la pubblica amministrazione greca.
Intanto, le barche rimangono ormeggiate nei porti come parte di uno sciopero parallelo dei marinai della durata di 24 ore.
Questo è il risultato dell’austerity, queste le conseguenze sociali in Grecia.
Nella dichiarazione del sindacato ADEDY, che rappresenta la quasi totalità dei cittadini greci impiegati nella pubblica amministrazione, leggiamo:
«I lavoratori e i poveri sono sempre quelli che pagano il costo della crisi».
Circa 3.000 lavoratori in sciopero e pensionati hanno manifestato in marca verso il parlamento al coro di «Tassate i ricchi!». Nelle mani dei manifesti con su scritto «I nostri bisogni sopra i loro profitti» e ancora «Basta con i tagli».
Negli ultimi anni le manifestazioni e i loro partecipanti non sono state di gran rilievo, dato che la difficoltà che ha avuto l’austerity ad infilarsi in Atene.
Ma ora, qualcosa sembra essere cambiato.
Giovedì una commissione parlamentare inizia a confrontarsi sul piano di bilancio per il prossimo anno, che prevede una crescita del 2,7 per cento ma anche un forte aumento delle tasse, incluso un nuovo rialzo delle tassa sul valore aggiunto (IVA) per aumentare i ricavi delle casse dello Stato.
La crisi economica della Grecia, in corso ormai da sette anni, e la recessione permanente ha causato la perdita di migliaia di posti di lavoro e un forte ridimensionamento degli stipendi.
Lo sciopero e la manifestazione di oggi da parte della pubblica amministrazione precede di poco un altro sciopero nazionale indetto dal settore privato rappresentato dal GSEE (il sindacato più grande del Paese), in programma per l’8 dicembre.
Atene è ancora in contrasto con i suoi creditori - l’Unione europea e il Fondo monetario internazionale - sulle riforme impopolari del lavoro, parte della seconda revisione del piano di salvataggio della Grecia.
La Grecia vuole una conclusione rapida della valutazione di quanto fatto in Parlamento così da avvicinare la riduzione del debito e l’inclusione dei titoli greci nel programma di acquisto di bond della BCE (quantitative easing), che consentirebbe al Paese di riguadagnarsi l’accesso al mercato prima del 2018.
Tuttavia, proprio oggi il primo ministro Alexis Tsipras ha detto che Atene non può accettare le richieste «irrazionali» dei suoi creditori, ma a quanto pare i parlamentari sì. Gira voce di una forte corruzione da parte dei burocrati europei pur di far passare le riforme necessarie in Parlamento.
Altri punti di scontro emersi questa settimana, oltre al mercato del lavoro, sono gli obiettivi fiscali e le riforme nel settore energetico.
I sindacati si sono mostrati fortemente contrari alla privatizzazione, compresa la cessione della partecipazione statale nella società elettrica PPC.
Con lo sciopero sullo sfondo, gli azionisti della società principale per il rifornimento di energia elettrica della Grecia, la Public Power Corp (PPC), hanno approvato la vendita di una quota del 24 per cento della rete elettrica ADMIE alla cinese State Grid, un accordo di privatizzazione chiave secondo quanto previsto dal piano di salvataggio.
«Pensiamo che il risultato della transazione sia stato soddisfacente, in termini finanziari, almeno»,
ha dichiarato il presidente della PPC Manolis Panagiotakis agli azionisti.
L’accordo dovrebbe essere firmato a gennaio 2017.
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