Le problematiche ancora non risolte tra Usa e Cina riguardano anche la disputa per le apparecchiature 5G. Le possibili problematiche relative a questa nuova tecnologia ha portato gli Usa a bloccare gli acquisti cinesi di infrastrutture di comunicazione 5G: ma quali sono i problemi per gli investitori?
Uno dei macrotrend che sarà capace di cambiare il nostro modo di vivere è il 5G. Entro il 2020, questa tecnologia dovrebbe diventare il nuovo standard per la comunicazione mobile. Secondo numerosi esperti, la velocità di connessione rispetto all’attuale 4G LTE sarà superiore dalle 100 alle 1.000 volte.
È quindi abbastanza scontato il fatto che società e Stati stiano cercando di fare il possibile per accaparrarsi una fetta sempre più grande del mercato.
In sostanza, vi sono due fattori fondamentali nell’uso del 5G: il primo deriva dalla bassissima latenza, non percepibile dall’utente. Ciò di fatto permette di utilizzare il sistema di cloud per migliorare le prestazioni, portando ad un reale sfruttamento del cosiddetto “cloud-computing” e a diversi sviluppi in una moltitudine di settori.
Il secondo è lo “slicing”, ed è questo il vero problema dal punto di vista geopolitico. Con il 5G, il proprietario dell’infrastruttura può dividere una rete in tante reti virtuali più piccole: in questo modo, livelli di servizi diversi vengono distribuiti ai vari clienti. Questa per gli operatori rappresenta la condizione perfetta, in quanto vengono tagliati i costi relativi alla fornitura di una struttura nuova.
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Uno dei principali problemi del 5G è quello relativo alla possibilità di disconnettere certi utenti oppure utilizzare attacchi hacker solamente su alcuni gruppi della rete senza influenzare il sistema.
In sostanza, le reti dovrebbero essere formate da molti router o switch fisici, ben più vulnerabili agli attacchi informatici, in particolare nell’Internet of Things.
5G e guerra commerciale
Sui timori evidenziati si basa il blocco messo in atto da parte degli Usa di bloccare gli acquisti cinesi di infrastrutture di comunicazione 5G, spingendo altri Paesi a fare altrettanto. In questo senso, Australia e Nuova Zelanda sono stati i primi Paesi a negare a Huawei di fornire il suo hardware per le apparecchiature 5G.
In realtà, per i vari Stati non è così semplice bloccare Huawei, per due motivi principali: il primo è che gli Stati Uniti non hanno mai fornito prove relative all’effettivo pericolo del colosso cinese, il secondo invece è che la società di telecomunicazione è altamente specializzata nella tecnologia 5G e riesce a produrre i componenti ad un costo più basso rispetto ai competitor.
In un report rilasciato da Legg Mason, si legge come gli investitori si trovino davanti due grattacapi: il primo relativo all’aumento delle spese per lo sviluppo del 5G con una maggiore lentezza nell’attuazione, il secondo è invece riferito ai prezzi della tecnologia, che senza la concorrenza di Huawei saranno più elevati.
Si deve inoltre considerare che, se i Paesi dovessero mettere in black list la società guidata da Ren Zhengfei, dovranno sostenere anche i costi per la rimozione dell’obsoleta rete 4G, la quale è stata inserita da Huawei stessa.
Per gli oltre 80 Stati coinvolti nella Nuova Via della Seta, Huawei dovrebbe restare sul gradino più alto del podio per importanza. Per il resto dei Paesi occidentali invece, Ericcson e Nokia farebbero da padrone.
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