Non c’è più la nuova Via della Seta ad unire, almeno idealmente, Italia e Cina. Le economie dei due Paesi risultano però complementari: la presenza italiana oltre la Muraglia resiste.
Non c’è più la nuova Via della Seta ad unire, almeno idealmente, Italia e Cina. Il governo Meloni ha infatti deciso di non rinnovare l’accordo stipulato con il gigante asiatico nel 2019 dall’allora esecutivo gialloverde guidato da Giuseppe Conte. Tutto da rifare, dunque? La situazione è diversa da quanto non si potrebbe immaginare.
Già, perché sin dal 2004 i rapporti tra i due Paesi sono regolati da un Partenariato strategico globale. Occhio alle parole: “globale”, termine usato per indicare l’estensione delle collaborazioni in atto lungo l’asse Roma-Pechino, che non si limita al solo ambito strettamente bilaterale, sia esso politico, economico-commerciale o culturale, ma coinvolge anche la trattazione di tematiche globali, come il rapporto Ue-Cina e le questioni di carattere multilaterale.
Tornando tuttavia alla questione commerciale, l’export italiano in Cina è passato dai 12,8 miliardi di euro del 2020, in piena pandemia di Covid-19, agli oltre 13,6 miliardi registrati nel periodo compreso tra gennaio e agosto 2023. Una crescita benaugurante ma che, per svariate ragioni – in primis le tensioni geopolitiche tra Usa e Cina – non è apparsa in linea con i presunti benefici che avrebbe dovuto apportare la Belt and Road Initiative. Sul fronte opposto, per la cronaca, l’export cinese in Italia è passato dagli oltre 32 miliardi di euro del 2020 ai circa 31 miliardi rilevati tra gennaio e agosto 2023. [...]
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