Il famoso marchio Conbipel è in crisi, tra chiusure di negozi e licenziamenti

Violetta Silvestri

27 Gennaio 2025 - 07:49

Conbipel in crisi: l’azienda potrebbe chiudere negozi e licenziare nel 2025. Cosa succede e perché il marchio storico è in difficoltà?

Il famoso marchio Conbipel è in crisi, tra chiusure di negozi e licenziamenti

Conbipel si aggiunge ai marchi italiani a rischio licenziamenti e chiusure di punti vendita.

Il famoso brand che ha fatto la storia dell’abbigliamento in pelle in Italia attraversa già da tempo un periodo di crisi, che ora potrebbe concludersi con un piano di riassetto “doloroso” per i lavoratori.

Un attesissimo incontro al ministero delle Imprese e del Made in Italy dovrebbe tenersi il 4 febbraio, con la speranza di ottenere notizie più chiare e garanzie sul prossimo futuro dell’azienda e dei punti vendita sparsi in tutta Italia. Ci sarebbe, infatti, un nuovo investitore, una “newco” pronta ad acquisire il marchio e a far ripartire l’attività con un piano industriale ampio e credibile. Ma il condizionale è d’obbligo, con sindacati e lavoratori sul piede di guerra.

Il destino di Conbipel è appeso al filo da anni, con l’azienda finita in amministrazione straordinaria e sotto la procedura di composizione negoziata della crisi a cercare di scongiurare scenari pessimi, che raccontano di chiusure di negozi e riassetto della manodopera.

Un’altra eccellenza imprenditoriale italiana, quindi, rischia di scrivere la parola fine alla storia di un business di successo oggi “soffocato” da una crisi economica generale, dalla domanda in calo, dalle difficoltà nel risanare i bilanci.

Conbipel: storia di una crisi. Perché l’azienda rischia chiusure e licenziamenti

Dopo essere finita in amministrazione straordinaria nel 2020, Conbipel ha cambiato la proprietà nel 2022 con il controllo finito in mano a Btx Italian Retail and Brand - società con maggioranza di Eapparels Ltd e controllata dalla private equity di Singapore Grow Capital Global Holdings - e all’Agenzia di Stato Invitalia con il 49% delle azioni.

Il cambiamento, però, non si è tradotto in risultati positivi per il business. Il Tribunale di Asti ha infatti avviato la procedura di composizione negoziata della crisi, lanciando da allora un chiaro allarme su circa mille dipendenti impiegati nei 130 negozi ancora aperti in tutta Italia e nella sede principale e storica di Cocconato, dove tutto è nato nel 1958.

Ora, le ultime indiscrezioni parlano di una “newco” formata dall’azienda lombarda Euroseta Fashion (produttrice di intimo e abbigliamento) e da una società esperta di franchaising, con Invitalia ancora socia al 49%. Sarà questa la strada verso la salvezza del marchio?

C’è incertezza al riguardo. Nelle scorse settimane, infatti, sono stati chiusi già due centri Conbipel e le previsioni parlano di altri 48 punti vendita pronti ad abbassare le serrande nel 2025 con l’intento di avviare un riassetto. Tradotto: 400 lavoratori rischiano il licenziamento, mentre gli impiegati nella sede di Cocconato potrebbero finire in cassa integrazione straordinaria.

Quale futuro per Conbipel?

Sono molte le speranze riposte nei confronti dell’incontro presso il Mimit del 4 febbraio. Intanto, però, la tensione è molto alta.

Raffaele Statti, segretario della UilTuCs Valle d’Aosta ha assunto un tono allarmato quando è stato intervistato da media locali qualche giorno fa. Nelle sue parole possono essere riassunte tutte le preoccupazioni sul futuro dell’azienda:

“Le trattative sono in corso da tempo, ma ancora non è chiaro cosa ne sarà del personale, dei negozi e dei piani futuri....Inizialmente ci era stato detto che la filiale di Aosta non sarebbe stata toccata, ma ora sappiamo che non è più così. Gli scenari cambiano continuamente e la preoccupazione cresce, soprattutto tra i dipendenti che non sanno più a chi credere.”

L’impegno ministeriale e la procedura di composizione negoziata della crisi potrebbero dare risposte più concrete e positive nelle prossime settimane. Intanto, però, la vicenda Conbipel non fa altro che confermare come concorrenza internazionale, abitudini di consumo in cambiamento, debolezza economica generale anche a causa delle guerre e dell’instabilità geopolitica, stiano logorando anche marchi storici.

La chiusura di aziende e punti vendita rischia di incidere negativamente non solo a livello economico, ma anche sociale soprattutto in un Paese come l’Italia fortemente legato alla territorialità.

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