Il prezzo del gas corre. L’Italia deve preoccuparsi?

Violetta Silvestri

10 Ottobre 2023 - 10:54

Il prezzo del gas aumenta ancora e fa scattare un nuovo allarme sulle forniture, anche in Italia. Cosa sta succedendo con la guerra in Israele sullo sfondo e quali sono i rischi nel prossimo futuro.

Il prezzo del gas corre. L’Italia deve preoccuparsi?

Non si ferma il prezzo del gas in Europa, che nel benchmark olandese supera i 45 euro per megawattora oggi, registrando un ulteriore balzo dall’impennata di ieri e vola di oltre il 3%.

L’allerta è massima anche in Italia, con la stagione del riscaldamento quasi in avvio e la consapevolezza di una vulnerabilità energetica non del tutto superata. La guerra in Israele, inoltre, sta aggravando lo scenario per quanto riguarda gli approvvigionamenti di questo carburante.

Sebbene non sia un fornitore diretto dell’Italia, lo Stato israeliano gioca un ruolo nel settore del gas e gli stessi territori sotto assedio o a rischio di coinvolgimento nel conflitto sono ricchi di giacimenti. Questo significa che l’interruzione delle forniture dal Medio Oriente o, semplicemente, il caos generato da una guerra possono sconvolgere l’offerta. Con conseguenze anche per Europa e Italia.

Inoltre, l’AIE ha avvertito sulla volatilità presente e futura del prezzo del gas.

Prezzo del gas aumenta con la guerra in corso: cosa succede?

Mentre si scrive, l’ICE Dutch TTF Natural Gas Futures, prezzo di riferimento in Europa con consegna novembre sale a 45,870, con un aumento del 4,32%. La quotazione è balzata da 40 a 45 euro per megawattora nel giro di poche ore stamattina, evidenziando incertezza e nervosismo nel settore.

La cronaca dai territori del Medio Oriente coinvolti nella guerra raccontano che l’Egitto sta valutando l’impatto di un arresto della produzione nel giacimento di gas israeliano Tamar sui suoi piani per riprendere le esportazioni di Gnl verso l’Europa.

L’interruzione significa che le importazioni egiziane di gas israeliano potrebbero essere diminuite di circa il 20% secondo fonti non ufficiali.

Israele ha ordinato la chiusura del suo importante giacimento di gas Tamar gestito dalla Chevron Corp. nel Mediterraneo orientale, citando problemi di sicurezza mentre gli scontri tra le sue forze militari e Hamas si intensificano. Il Governo israeliano non ha informato l’Egitto di alcun blocco del giacimento di gas Leviathan, molto più grande, ha detto uno dei funzionari.

Il mercato, quindi è teso. Il Paese egiziano esporta Gnl trasformato da gas prodotto internamente e anche da giacimenti in Israele. Il blocco di Tamar potrebbe comportare una riduzione delle spedizioni agli acquirenti in Europa, che fanno sempre più affidamento su alternative ai flussi di gasdotti russi, soprattutto durante la stagione di riscaldamento invernale.

Il Mediterraneo orientale è ormai al centro degli interessi anche europei proprio per la sua ricchezza in pozzi e giacimenti che potrebbero fornire gas prezioso all’Europa tramite Cipro e Grecia, per esempio. Senza contare che l’anno scorso Eni e TotalEnergies hanno trovato un’intesa con Tel Aviv per cercare depositi di gas naturale al largo delle coste di Israele e del Libano.

La zona è molto attraente e promettente per Italia ed Europa a caccia di questo carburante. La guerra può bloccare e stravolgere tutto, oltre che restringere ulteriormente l’offerta di gas e farne aumentare i prezzi.

Perché l’Italia deve preoccuparsi

Il gas naturale in Italia arriva principalmente da Algeria (36%), Russia e Azerbaigian (circa il 15%), Qatar (10%), Norvegia (8,6%), Libia (4,3%). Importanti, inoltre, i contributi via nave da Spagna, Egitto, Nigeria.

Il conflitto israelo-palestinese sulla carta non dovrebbe preoccupare le forniture nazionali. Tuttavia, i rischi anche per il nostro Paese ci sono. Innanzitutto perché un mercato globale che diventa più teso e con meno offerta fa salire i prezzi di riferimento anche in Europa e quindi in Italia.

Inoltre, occorre considerare che la guerra in Medio Oriente getta ombre su una situazione non solida nemmeno per l’Italia. Per esempio, quale ruolo giocherà l’Algeria? Il Paese del Nord Africa ha condannato gli attacchi israeliani su Gaza e dato sostegno al popolo palestinese. Questa posizione politica potrebbe tradursi in ritorsioni economiche contro l’Occidente, schierato a supporto di Israele? Non sarebbe così semplice in realtà, ma la situazione rimane tesa.

Così come lo è in Azerbaijan con il Nagorno-Karabach. Italia ed Europa sono rimasti cauti spettatori dinanzi alla tragedia degli armeni anche in considerazione dell’importanza del gas azero che arriva da noi.

Se si aggiunge l’instabilità cronica della Libia, altro fornitore di gas per l’Italia, il quadro che ne esce è di estrema fragilità. Anche per il nostro Paese.

Il prezzo del gas può salire ancora: l’allarme AIE

Le prospettive sul mercato del gas, specialmente in Europa, rimangono incerte. E i prezzi possono ancora aumentare.

Lo ha ribadito l’Agenzia Internazionale dell’Energia, secondo la quale le forniture globali di gas naturale rimangono limitate, anche con le recenti riduzioni della domanda, quindi il clima particolarmente gelido in questa stagione di riscaldamento potrebbe la minaccia di ulteriori oscillazioni dei prezzi.

I siti di stoccaggio europei sono quasi pieni – molto prima del previsto – ma “questo non è garanzia di prezzi stabili per tutta la stagione. Il rischio di volatilità dei prezzi, soprattutto in caso di un inverno freddo, è motivo di preoccupazione.

In prospettiva, “dopo il periodo di massimo splendore tra il 2011 e il 2021, i mercati mondiali del gas sono entrati in un nuovo periodo più incerto, che sarà probabilmente caratterizzato da una crescita più lenta e da una maggiore volatilità, e che potrebbe portare a un picco della domanda globale entro la fine di questo decennio”, ha affermato Keisuke Sadamori, direttore dei mercati energetici e della sicurezza dell’AIE.

Attenzione, comunque, alle dinamiche di domanda nello scenario di un’offerta tesa. Sebbene il consumo sia destinato a diminuire nei mercati maturi del gas, qualsiasi crescita sarà concentrata principalmente nei Paesi che rappresentano quasi la metà del consumo globale di gas: i mercati emergenti in Asia, nonché le economie ricche di gas in Medio Oriente e Africa.

Si prevede che la Cina da sola rappresenterà quasi la metà della crescita totale della domanda globale di gas tra il 2022 e il 2026, attingendo al carburante per servire la produzione industriale, il settore energetico e le aree urbane.

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