Lo smart working ha un enorme impatto anche sui Comuni, dal fronte del gettito fiscale ai trasporti pubblici, dal fenomeno della migrazione a quello immobiliare e ambientale.
Dopo aver analizzato gli effetti dello smart working sui dipendenti e sulle aziende, oggi passiamo a fare un’analisi riguardo a come esso impatterà a livello comunale.
Perché è logico che un tale sconvolgimento delle abitudini lavorative e produttive non può non avere ripercussioni, anche profonde, sui diversi aspetti di una comunità.
Affrontiamo l’argomento suddividendo questo approfondimento in più paragrafi, ognuno dei quali va ad esaminare un diverso aspetto coinvolto nel processo.
1) Gettito fiscale
La diffusione del telelavoro, a livello di introiti comunali, prenderà due differenti pieghe: nei Comuni più piccoli di provincia sarà una vera manna dal cielo mentre per le grandi città sarà un problema molto grosso.
Lo smart working avvierà diversi cambiamenti nelle abitudini lavorative dei dipendenti e nella gestione delle aziende. Le persone tenderanno a spostarsi nei Comuni più piccoli e tranquilli lontano dai grossi centri urbani, mentre a livello aziendale inizierà un rimpicciolimento dei cespiti che potrebbe sfociare nella conclusione di tenere solo un ufficio ad ore in centro e tutto il resto alienato, oppure potrebbero optare per spostarsi lontano dalla città dove vi sono costi di gestione più bassi e tenere in centro solo un ufficio di rappresentanza.
Questo però si traduce in un calo vistoso del gettito fiscale delle città.
Se le aziende si spostano in provincia e le sedi cittadine si restringono, con essi si restringono anche le imposte e le tasse comunali che esse pagano. Inoltre, quando questo fenomeno diventerà consistente molti immobili saranno costretti a cambiare destinazione d’uso, che da uso ufficio passerà probabilmente ad uso abitativo.
Anche questo farà abbassare gli introiti fiscali comunali. Ma non finisce qui.
Il minor numero di lavoratori che frequenteranno la città renderanno superflue molte attività il cui core business prevedeva l’erogazione di servizi a quest’ultimi. Vedesi ad esempio i bar, fast-food, le trattorie e tutte quelle attività tipicamente frequentati da lavoratori in pausa pranzo, o mentre sono intende ad effettuare il trasferimento casa/lavoro.
Certo, qualcuno di loro modificherà l’attività per renderla attrattiva la sera. In pratica farà in modo di modificare il proprio pubblico target di riferimento, ma quelle dei quartieri più periferici difficilmente potranno riuscire nell’intento e, alla fine, in molti saranno costretti a chiudere, e con esso il Comune perderà una parte dei suoi proventi fiscali.
Dall’altro lato, però, i piccoli Comuni di provincia vedranno aumentare la popolazione e di conseguenza aumenterà anche la domanda di beni e servizi. Questo comporterà un probabile aumento delle dimensioni delle attività commerciali site in questi piccoli centri di provincia, nonché l’apertura di nuove attività, che come conseguenza avranno quella di aumentare il gettito fiscale comunale.
Inoltre, con l’introduzione del processo di digitalizzazione dei processi, l’abbattimento dei costi produttivi che si otterrà grazie all’avvio della quarta rivoluzione industriale permetterà di avviare tutta una serie di attività che mezzo secolo fa erano state sbattute fuori dal mercato dallo sviluppo delle PMI.
Queste attività saranno delle micro-aziende, quasi sempre a gestione familiare, che porteranno in auge una produzione estremamente geo-localizzata a filiera corta o cortissima ma che in ogni caso genererà un ulteriore gettito fiscale per i piccoli centri di provincia.
2) Costi dei servizi e trasporto pubblico
L’altra faccia della medaglia è rappresentato dalle spese che i Comuni devono sostenere per lo svolgimento delle varie attività comunali. Anche in questo caso la ripercussione sulle casse comunali sarà differente rispetto alle dimensioni del centro urbano.
Le grandi città, che fino ad oggi hanno visto una concentrazione di attività lavorative e commerciali nel loro territorio, hanno anche sviluppato adeguati sistemi di trasporto pubblico che permettessero ai lavoratori di recarsi nei loro posti di lavoro, nonché tutta una serie di servizi necessari per sorreggere in loco una grande mole di cittadini.
In realtà questa affermazione andrebbe calibrata all’effettiva realtà dei fatti, in quanto molte città, che pur hanno un volume di pendolari enorme hanno un’offerta di mezzi pubblici e di servizi alla cittadinanza a dir poco carente. Le città hanno un sistema di trasporto pubblico e di servizi, seppur sottodimensionato, sicuramente di dimensioni tali da differenziarsi ampiamente dai centri urbani di provincia.
Questi servizi hanno un costo di gestione notevole che viene ammortato, spesso solo parzialmente, dalla vendita di biglietti e abbonamenti nel caso del trasporto pubblico, oppure mediante un costo calmierato per gli altri servizi.
Le grandi città, che hanno anche i sistemi di trasporto più ramificati e costosi da gestire, vedendosi ridurre di molto il volume dei passeggeri subiranno una contrazione notevole degli incassi, un grosso problema per le casse comunali. Dovranno continuare a manutenere tutto l’arredo urbano, il verde pubblico e quant’altro ma potendo usufruire di un gettito fiscale inferiore rispetto a prima.
Ma questo che cosa comporterà?
In futuro si noterà quasi sicuramente un abbassamento del livello dei servizi, come ad esempio dei mezzi pubblici con una frequenza inferiore, arredo urbano che tenderà a degradarsi e non essere più manutenuto, eccetera.
Di conseguenza, questo porterà ad un aumento del traffico veicolare dovuto a quei dipendenti che per vari motivi lavorano in aziende che non applicano lo smart working ma che troveranno via via meno pratico usare i mezzi pubblici o avranno timore di girare a piedi.
Se non si interverrà con un apposito trasferimento di risorse finanziarie dal livello statale a quello comunale che va ad appianare il calo dei gettito fiscale locale la situazione potrebbe scappare di mano come in quelle città americane stile Detroit, diventate nel tempo un vero e proprio inferno.
Di contro, le piccole località di provincia aumenteranno il proprio gettito fiscale. Avranno sì un aumento delle spese di gestione, ma spesso questo aumento sarà inferiore all’aumento degli incassi. Detto più semplicemente: da un lato avranno un aumento del gettito fiscale ma dall’altro aumenteranno anche alcune spese che devono affrontare, come quelle necessarie per predisporre un maggior numero di asili, scuole elementari, maggiore manutenzione dell’arredo urbano, eccetera. Tuttavia, le spese che aumentano potrebbero essere inferiori rispetto ai potenziali maggiori incassi che otterranno, e questo comporta un miglioramento economico nella gestione dei flussi di cassa.
In un certo qual senso, più il Comune è piccolo migliori saranno i conti pubblici nel loro futuro.
3) Migrazioni
Ovviamente, il ridimensionamento delle imprese se non addirittura lo spostamento fisico in un’altra zona della nazione provocherà automaticamente una migrazione dei cittadini residenti nelle grandi città verso i Comuni della provincia o verso il Sud.
Se fino ad ora tutti cercavano di vivere il più vicino possibile ai grossi centri urbani in modo da ridurre il disaggio di trasferta casa/lavoro, adesso le cose tenderanno a ribaltarsi.
Le città che prima erano quelle che possedevano un maggior numero di attività economiche vedranno nel tempo un drastico calo dei residenti. Si sta già notando questo fenomeno in città come Londra, New York e Parigi, ma sicuramente il fenomeno inizierà presto anche nelle grandi città italiane.
Addirittura nella grande mela si stima che ci sia, al momento, una migrazione verso i piccoli centri e verso gli Stati del Sud stimata in 100 mila abitanti all’anno. Sono tantissimi ed è una cosa che non accadeva più dalla depressione degli anni ’30.
Oltre che alle questioni viste prima, come l’impatto sul gettito fiscale comunale, sull’erogazione dei servizi e i costi annessi, un calo del numero di abitanti - per di più se esso avviene in tempi rapidi, - comporta uno sconquasso a livello sociale ed economico.
Cose simili non sono una novità e durante il XX secolo sono accadute più volte in più nazioni. Quello che accade è un crollo del reddito medio degli abitanti della città, che porta con sé un automatico aumento della micro-criminalità e la trasformazione di tutto il centro urbano in una specie di grosso ghetto.
L’esempio più lampante è la già citata città di Detroit, che ad un certo punto ha visto la chiusura di gran parte delle fabbriche e una drastrica riduzione dell’indotto legato al mondo dell’automobile, innescando una migrazione dei suoi abitanti verso altri lidi in cerca di fortuna.
Hanno abbandonato la città le persone più qualificate, che potevano facilmente ricollocarsi altrove, ma sono rimaste in loco tutta quella massa di persone che prima lavorava nelle posizioni lavorative di bassissimo profilo e che non ha alcuna possibilità di reinventarsi o ricollocarsi da altre parti.
A questo punto, andata via la parte più produttiva della città, i meno produttivi si sono ritrovati in condizioni economiche disperate e si sono dovuti adattare per sopravvivere. Cose di questo tipo potrebbero accadere, in prospettiva, negli attuali grossi centri urbani d’Italia.
Se noi consideriamo che i lavori che verranno maggiormente telematizzati sono quelli da ufficio e di concetto, e quindi a più alta concentrazione di qualifiche, e se aggiungiamo che le new-entry provenienti dall’estero sono semi-analfabete e clandestine, si può già fare una proiezione plausibile di cosa accadrà in futuro.
Ci ritroveremo con grossi centri urbani che piano piano si spopoleranno di persone qualificate e si popoleranno di persone di basso rango sociale e culturale. Queste ultime saranno impossibilitate a integrarsi in un mondo lavorativo fondato sulla digital economy, in quanto non sufficientemente qualificate a svolgere questo tipo di mansioni, ed inoltre sono anche tagliate fuori dall’apertura di micro-aziende locali di produzione artigianale o a filiera corta.
In pratica, l’essere giovani, virguti e possedere due braccia, in futuro, non servirà quasi a nulla perché tutta la produzione ruoterà intorno alle idee, alla cultura, all’automazione e all’ingegno.
4) Ambiente
Un calo della popolazione nei grossi centri porterà anche delle buone notizie. La principale sicuramente riguarda l’abbassamento dei tassi di inquinamento, che è notoriamente un problema legato ai grandi centri urbani.
Ricorderete sicuramente le vecchie strategie delle targhe alterne, l’uso del car pooling, l’abbassamento delle temperature degli edifici in inverno, eccetera.
Se diminuisce la popolazione si ottengono i medesimi benefici automaticamente. Meno persone significa meno spostamenti, così come meno ambienti da climatizzare. Si dovrebbe quindi notare un calo di emissioni di CO2 e delle pericolose polveri sottili tipicamente legate al riscaldamento domestico.
Tuttavia occorre anche considerare che le persone non spariscono nel nulla, e quindi tendenzialmente continueranno a inquinare, ma da un’altra parte. Se si spostano lungo tutto il territorio anche l’inquinamento si diluirà lungo tutto il territorio.
Occorre però considerare altri aspetti: innanzitutto molti lavori diventando telematizzati non necessiteranno più uno spostamento quotidiano, e quindi ci sarà sicuramente un calo di emissioni dovuto all’utilizzo delle automobili e anche per via del minor utilizzo dei mezzi pubblici.
Inoltre, vivere in centri urbani più piccoli permette di compiere molte mansioni domestiche quotidiane senza necessità di usare un’auto. Pensate ad esempio a fare la spesa, accompagnare i figli a scuola o andare in palestra. In piccoli centri urbani si può spesso fare tutto a piedi, o in ogni caso, in genere è sicuro spostarsi in bici anche considerando le distanze estremamente contenute.
Di contro, aumenteranno notevolmente gli acquisti online e di conseguenza le consegne di merci per posta, il che si traduce in furgoni dei corrieri che viaggiano in lungo ed in largo per tutta la rete stradale nazionale.
Questo produce un sicuro inquinamento, tuttavia un furgone che gira per diversi comuni a consegnare colli inquina meno rispetto a tutti i singoli acquirenti che autonomamente andavano a comprare i prodotti recandosi tutti in un centro commerciale.
Un altro aspetto da considerare è sicuramente quello dei riscaldamenti. Infatti, rimanendo più a lungo dentro casa aumenterà sicuramente la componente dell’inquinamento domestico. Se però da un lato è sicuramente vero che tale inquinamento aumenterà statisticamente in modo considerevole, anche per via degli immobili che fuori dai grossi centri sono dimensionalmente più grandi, occorre anche dire che gli immobili in zone meno urbanizzate si possono far diventare facilmente a impatto zero o comunque diminuirlo notevolmente.
Facile è installare pannelli solari fotovoltaici o termici, coibentare l’esterno con un cappotto termico, modificare gli interni installando riscaldamenti a parete o a pavimento, eccetera. Cose che teoricamente si possono fare anche negli alloggi in centro, ma siccome sono in genere condominiali non è mai una cosa così agevole avviare modifiche di questo tipo quando ci sono diversi punti di vista e diversi redditi tra gli abitanti nello stesso edificio.
5) Immobiliare
Vista l’importanza che riveste il possesso di immobili in Italia, come non focalizzarsi sul settore ed in particolar modo sull’investimento immobiliare in una società di lavoratori che via via verranno telematizzati.
In futuro osserveremo un calo della domanda di immobili, sia ad uso abitativo che ad uso lavorativo, che coinvolgerà tutti i grandi centri urbani. Questo si tramuterà in un calo delle quotazioni, che in alcuni casi spingerà i proprietari degli stessi a variarne la destinazione d’uso per attutire l’impatto economico negativo e recuperare il recuperabile.
Tuttavia, il potenziale rientro dei lavoratori telematici nei propri luoghi di origine farà aumentare il valore agli immobili dei piccoli paesi di provincia. Inoltre, molti potrebbero cercare case più comode fuori porta dando linfa ai costruttori edili che inizieranno a costruire gli immobili secondo le nuove esigenze.
Tale sccenario potrebbe rilanciare anche un’economia basata sull’adeguamento ecologico di vecchi immobili, oppure le attività legate al cambio di destinazione d’uso degli immobili cittadini o adeguarli alle nuove esigenze.
6) Università e studenti
Un ultimo aspetto è quello che riguarda l’impatto delle attività telematiche a livello universitario. Infatti, le grandi città sono in genere anche delle città universitarie ed hanno una parte considerevole dell’economia locale che ruota attorno agli studenti universitari.
Le Università vedranno, adesso, una spinta notevole verso la formazione a distanza. Non solo per via degli strascichi legislativi che lascerà la gestione della pandemia ma anche per via dei notevoli tagli che i governi dovranno effettuare sulle spese, il cui fine sarà quello di rientrare il prima possibile all’interno dei parametri europei per la stabilità economica.
Fra un po’ di tempo potremmo ritrovarci con gli studenti che dovranno scegliere tra continuare ad avere la possibilità di un’istruzione economica e alla portata delle famiglie italiane, ma che dovranno obbligatoriamente compiere la maggior parte del percorso a casa. Oppure, frequentare l’Università come in passato ma farlo privatamente, più o meno come accade negli Stati Uniti, dove le famiglie italiane saranno costrette a pagare delle rette che costerà non meno di 10 mila euro annui per le facoltà più economiche come quelle umanistiche e che potrà arrivare a 30 mila euro o più per alcuni indirizzi di ingegneria oppure per medicina.
Siccome in pochi si potranno permettere di spendere così tanto per l’istruzione, visto che qui non siamo negli USA che fin dalla culla i genitori mettono da parte i soldi per poi mandarli al college, quello che accadrà è che tutta un economia cittadina basata sugli studenti, evaporerà.
Scomparirà il business dell’affitto camere per studenti, così come tutte quelle attività commerciali che vendevano libri, le edicole, i locali tipici di ritrovo per studenti, eccetera.
Tra l’altro, uno spopolamento delle città dovuto alla “scomparsa” degli studenti universitari significa, anche, un innalzamento dell’età media dei suoi cittadini.
Questo si tramuta in un cambio delle logiche economiche che sorreggono il centro urbano stesso, nonché un cambiamento del core business delle attività attrattive della città che ne subirà l’influenza dovendo adattarsi ad un pubblico sicuramente meno frizzante ed incline alla movida rispetto a quello universitario.
D’altro canto, in una città che vede trasformare i propri posti di lavoro per via dello smart working si innescherà un ulteriore problema a carico degli studenti: grosse difficoltà a trovare lavoretti da fare per mantenersi gli studi e a trovare aziende in cui fare degli stage per arricchire il curriculum.
Diventerà teoricamente più facile lavorare da studente vicino casa in provincia che non in città.
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