Cos’è un’impresa familiare? Definizione e indicazioni di legge su come costituirla e come chiuderla.
Molto diffusa in Italia e nel mondo e parte significativa della struttura economica di diversi Paesi, l’impresa familiare è una forma giuridica aziendale importante. Di cosa si tratta e come funziona?
In sostanza, un imprenditore individuale può decidere di avvalersi, nello svolgimento della propria attività, della collaborazione di membri della famiglia. Normalmente ciò accade quando l’attività inizia a espandersi e l’imprenditore non riesce più a fare tutto da solo: è questo il caso in cui sorge la necessità dell’impresa familiare.
In parole semplici essa è un’attività economica in cui la proprietà e la gestione sono controllate da membri della stessa famiglia. Questo tipo di impresa è caratterizzato dalla partecipazione diretta di parenti (come coniugi, figli, fratelli, ecc.) alla conduzione dell’attività e spesso si tramanda di generazione in generazione.
Il cosiddetto family business rappresenta circa il 90% del tessuto produttivo e imprenditoriale nazionale. Per questo, è interessante sapere cos’è, la costituzione e cosa dice la legge dell’impresa familiare.
Cos’è un’impresa familiare: diamo una definizione
L’impresa familiare è, dal punto di vista giuridico, un’impresa individuale a tutti gli effetti. Il riferimento normativo fondamentale è l’articolo 230 bis del codice civile.
Nell’impresa familiare collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.
Per definizione possiamo dire che:
l’impresa familiare è un’attività economica in cui uno o più membri della stessa famiglia collaborano nella gestione e nella conduzione dell’impresa, contribuendo con il proprio lavoro e/o capitale
L’impresa familiare si distingue per il forte legame tra la proprietà e la gestione, spesso finalizzata alla trasmissione dell’attività alle generazioni future.
Aziende a conduzione familiare: le direttive del codice civile
In Italia, le aziende a conduzione familiare sono regolate dall’articolo 230-bis del Codice Civile, che disciplina il ruolo e i diritti dei familiari che collaborano all’attività d’impresa.
Secondo le disposizioni del Codice, hanno diritto a partecipare all’impresa familiare: il coniuge, i parenti entro il terzo grado (es. figli, fratelli, nipoti) e gli affini entro il secondo grado (es. suoceri, cognati).
I familiari che prestano attività lavorativa continuativa senza un contratto di lavoro dipendente hanno diritto a:
- partecipare agli utili dell’impresa
- partecipare alle decisioni aziendali riguardanti la gestione straordinaria
- ricevere una quota di beni aziendali e dell’avviamento in caso di cessazione dell’attività
Il codice stabilisce anche che il titolare dell’impresa mantiene la gestione ordinaria. Le decisioni straordinarie (es. vendita dell’azienda) devono essere prese con il consenso della maggioranza dei familiari partecipanti.
Inoltre, in caso di morte del titolare, l’impresa non si estingue automaticamente, ma può essere trasmessa agli eredi secondo le regole della successione. La partecipazione del familiare all’impresa non configura un rapporto di lavoro dipendente, a meno che non vi sia un contratto specifico.
Come costituire una ditta familiare
Per costituire una ditta familiare, l’accordo tra il titolare e i familiari deve essere formalizzato con un atto notarile o scrittura privata autenticata.
Il documento deve contenere i nominativi dei familiari e le quote di partecipazione agli utili (massimo 49% ai collaboratori), servendo inoltre per riconoscere diritti economici e successori ai familiari.
A questo punto, l’imprenditore deve aprire una Partita IVA presso l’Agenzia delle Entrate, scegliendo il codice ATECO adatto all’attività.
Si effettua poi la registrazione presso la Camera di Commercio (CCIAA) tramite la pratica ComUnica.
L’imprenditore e i collaboratori devono iscriversi all’INPS nella Gestione Artigiani e Commercianti.
Se l’attività è rischiosa, è obbligatoria anche l’iscrizione all’INAIL per la copertura contro gli infortuni.
Impresa familiare: i diritti dei familiari dell’imprenditore
Come già sottolineato, la legge si preoccupa di garantire che, nell’ambito dell’impresa familiare, siano tutelati i diritti dei familiari dell’imprenditore ovvero:
- diritto di partecipare agli utili e agli incrementi di patrimonio ma non alle perdite dell’impresa di cui deve rispondere comunque il titolare;
- diritto di intervento nelle decisioni relative all’impiego degli utili e degli incrementi patrimoniali;
- diritto di partecipare alle decisioni relative agli indirizzi strategici e produttivi dell’impresa, sia ordinarie che straordinarie;
- diritto di preferenza in caso di cessione a terzi dell’attività aziendale;
- diritto di prelazione in caso di divisione ereditaria.
Come uscire da un’azienda familiare?
Uscire da un’azienda familiare è possibile e dipende dalla sua forma giuridica e dagli accordi tra i membri.
È consigliabile inviare una comunicazione scritta agli altri membri della famiglia e agli amministratori dell’impresa. Se l’impresa è regolata da un patto familiare o da uno statuto, bisogna verificare le modalità di recesso previste.
In generale, chi esce ha diritto a una quota del patrimonio aziendale proporzionata al suo apporto. In società di persone o di capitali si può vendere la propria quota agli altri soci o a un terzo (se permesso dallo statuto).
Come chiudere la società familiare
Chiudere una società familiare in Italia richiede diversi passaggi legali e burocratici, che dipendono dalla forma giuridica della società.
La cessazione dell’impresa familiare può avvenire per:
- Decisione dell’imprenditore titolare;
- Recesso dei collaboratori familiari:
- Cessazione dell’attività per cause esterne (es. mancanza di redditività)
I passaggi da compiere comprendono:
- Cessazione della Partita IVA, da comunicare all’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dalla chiusura.
- Cancellazione dal Registro delle Imprese;
- Chiusura delle posizioni INPS e INAIL
Tassazione dell’impresa familiare: aspetti fiscali e dichiarazione dei redditi
Dal punto di vista fiscale, l’impresa familiare è regolata dai commi 4 e 5 dell’articolo 5 del TUIR.
Nell’impresa familiare il reddito prodotto deve essere distribuito:
- all’imprenditore, nel limite minimo del 51% del reddito complessivamente prodotto;
- ai familiari, nel limite massimo del 49% del reddito complessivamente prodotto.
L’impresa familiare è ammessa dal punto di vista fiscale se e solo se sussistono le seguenti condizioni:
- che i familiari partecipanti all’impresa risultino nominativamente, con l’indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l’imprenditore, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata anteriore all’inizio del periodo di imposta, recante la sottoscrizione dell’imprenditore e dei familiari partecipanti;
- che la dichiarazione dei redditi dell’imprenditore rechi l’indicazione delle quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari e l’attestazione che le quote stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell’impresa, in modo continuativo e prevalente, nel periodo di imposta;
- che ciascun familiare attesti, nella propria dichiarazione dei redditi, di aver prestato la sua attività di lavoro nell’impresa in modo continuativo e prevalente.
La normativa fiscale, in perfetta analogia con quella civilistica, definisce impresa familiare quell’impresa in cui, oltre all’imprenditore, collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.
Impresa familiare: qualche esempio concreto per capire
Sono tante le imprese familiari che operano in Italia, sia come grandi aziende di successo che come PMI.
Fiat, Pirelli, Benetton, Marzotto, Luxottica, Ferrero, Rana sono nomi stirici di aziende a conduzione familiare che hanno fatto la storia imprenditoriale del Paese.
Per capire cos’è in concreto un’impresa familiare basta un esempio generico:
Tizio apre un panificio e coinvolge sua moglie e suo figlio nella gestione dell’attività. Tizio è l’imprenditore e detiene il 51% del reddito.
La moglie e il figlio lavorano stabilmente nel panificio e ricevono il 49% del reddito, diviso in base al loro contributo.
Tutti pagano le tasse sul proprio reddito e versano i contributi INPS.
L’impresa familiare è registrata presso la Camera di Commercio e ha una Partita IVA.
Se il panificio genera 50.000€ di reddito, Marco terrà almeno 25.500€, mentre la moglie e il figlio divideranno il resto secondo le loro quote.
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