Si parla di indennità di occupazione quando, a fronte dell’occupazione illegittima di un immobile, il proprietario riceve un ristoro economico quale risarcimento. Vediamo meglio cos’è e come funziona.
Con il termine «indennità di occupazione» si intende il risarcimento cui un soggetto ha diritto qualora l’immobile di sua proprietà sia occupato illegittimamente da terzi.
È ciò che accade, ad esempio, alla scadenza di un contratto di locazione o successivamente all’intimazione di uno sfratto, quando l’inquilino continua ad usufruire dell’appartamento non liberandolo.
In questo caso, infatti, il canone che veniva pagato sulla base del contratto di locazione, poi divenuto inefficace per scadenza o risoluzione, viene sostituito da un’indennità di occupazione ad esso commisurata.
Un’altra ipotesi in cui può sorgere questo diritto si verifica quando l’immobile è stato occupato abusivamente da estranei per un tempo protratto, oppure, alla scadenza di un contratto di comodato, in forza del quale l’immobile era stato concesso in godimento a terzi (a dei parenti, ad esempio) che abbiano deciso, poi, di non restituirlo.
Anche qui si parla di indennità di occupazione quale mezzo del proprietario per ottenere un ristoro economico a seguito del pregiudizio dovuto all’impossibilità di godere del bene o di ricavarne un reddito, magari, concedendolo in locazione ad altri.
Cerchiamo ora di capire, nel dettaglio, cos’è l’indennità di occupazione e come funziona.
L’indennità di occupazione
Cos’è l’indennità di occupazione
Abbiamo detto che l’indennità di occupazione è il ristoro economico spettante al proprietario di un immobile dal momento in cui questo viene occupato, in maniera pressoché stabile, da un terzo, senza un valido titolo legittimante.
Ma cosa può fare il proprietario per ottenere il riconoscimento di tale indennità?
Egli ha subito (o sta tutt’ora subendo) un danno e deve, pertanto, agire in giudizio contro l’occupante formulando un’apposita domanda risarcitoria.
In particolare, in questi casi si parla di risarcimento del danno da occupazione senza titolo, il quale comprende (art. 1223, c.c.):
- il danno emergente, ovvero il danno economico rappresentato dall’impossibilità stessa di utilizzare il bene, che implica per il proprietario una perdita economica perché costretto, ad esempio, a dover prendere in locazione un’altra abitazione;
- il lucro cessante, ossia il danno derivante dall’impossibilità di sfruttare economicamente l’immobile per ricavarne un reddito, ad esempio, concedendolo ad altri verso corrispettivo (come nella locazione).
Come noto, tuttavia, il danno, per essere risarcito, deve essere anche dimostrato, sia nella sua esistenza (“an”) che nel suo ammontare (“quantum debeatur”).
A seconda dei casi, infatti, il cosiddetto onere della prova, per il proprietario che intende richiedere il risarcimento del danno da occupazione senza titolo, può essere più o meno gravoso.
Al riguardo, occorre distinguere due principali ipotesi:
- il caso in cui l’immobile rimanga occupato successivamente alla scadenza di un contratto di locazione o allo sfratto dell’inquilino;
- tutti gli altri casi in cui l’immobile è occupato senza titolo da terzi.
Vediamo, allora, come funziona l’indennità di occupazione in entrambe le ipotesi indicate.
1) L’indennità di occupazione dopo il rapporto di locazione
Potrebbe accadere che, successivamente alla conclusione di un rapporto di locazione fra proprietario e inquilino, quest’ultimo decida deliberatamente di rimanere all’interno dell’immobile.
Il proprietario, in questo modo, subisce un danno rappresentato dal fatto che, nonostante il contratto sia cessato e il canone di locazione non venga più versato dal conduttore, non ha ancora ottenuto la disponibilità materiale dell’immobile, non potendolo, così, sfruttare in alcun modo (né per esigenze abitative né, tanto meno, per concederlo in locazione a terzi).
A cosa ha diritto, allora, il proprietario rimasto privo della possibilità di godere dell’immobile?
Risponde a tale quesito l’art. 1591 del Codice civile, il quale, parlando di
“danni per ritardata restituzione”, così dispone:
“Il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno”.
Ciò significa che, qualora alla cessazione del contratto l’inquilino decida di rimanere abusivamente all’interno dell’immobile, egli dovrà versare al proprietario un’indennità di occupazione commisurata al canone di locazione originariamente pattuito, fino alla restituzione definitiva del bene.
In questo caso, quindi, la legge dispensa il proprietario dal compito di dover dimostrare l’esistenza e l’ammontare del danno, presumendo tali elementi dal contratto di locazione in precedenza esistente tra le parti.
Ciò significa che il proprietario non dovrà dimostrare di aver subito concretamente un danno dall’occupazione abusiva del bene, poiché già riconosciuto, a monte, dalla legge.
1.1) La prova del «maggior danno»
Se poi il proprietario, oltre all’indennità di occupazione in senso stretto, intende richiedere anche il risarcimento del maggior danno subito a causa del comportamento illegittimo dell’inquilino, egli dovrà fornire la piena dimostrazione dell’esistenza e dell’ammontare del danno.
Secondo la Cassazione, infatti, il locatore deve sempre fornire la prova dell’eventuale maggior danno, dimostrando, ad esempio, che la ritardata restituzione dell’immobile ha concretamente pregiudicato la possibilità di locare il bene a terzi per un canone superiore al corrispettivo convenuto con l’inquilino inadempiente (Cass. n. 15899/2014).
2) L’indennità di occupazione negli altri casi
Abbiamo finora parlato dell’indennità di occupazione dovuta al proprietario successivamente alla conclusione di un contratto di locazione.
Ben diversa, invece, è l’ipotesi che vede l’occupazione senza titolo non preceduta da un rapporto di locazione: vediamo perché.
Si pensi al caso in cui la vostra abitazione sia stata occupata abusivamente da soggetti estranei o all’eventualità che la stessa, nonostante la scadenza del contratto di comodato con il quale era stata concessa in godimento a terzi, non vi venga restituita.
Ebbene, in questi casi, non trova applicazione l’art. 1591, c.c. in precedenza esaminato, perché riferito soltanto all’ipotesi del contratto di locazione non più efficace.
Cosa dovrà fare, allora, il proprietario per ottenere il giusto ristoro del danno sofferto?
Secondo la Cassazione, in tutte le ipotesi dove il proprietario richieda in giudizio il pagamento di un’indennità per l’occupazione senza titolo del proprio immobile, senza che sia stato in precedenza stipulato un contratto di locazione con l’occupante, dovrà provare di aver subito un’effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto, ad esempio, locare o altrimenti utilizzare il bene, per aver perso l’occasione di venderlo a un prezzo conveniente o, ancora, per aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli (Cass. n. 15111/2013).
In altre parole, per la Cassazione, il proprietario che intende ottenere l’indennità di occupazione dovrà dimostrare in giudizio, ad esempio (Cass. n. 13071/2018):
- la sua intenzione concreta di concedere in locazione l’immobile durante il periodo di occupazione abusiva;
- l’avere sostenuto spese che altrimenti non avrebbe dovuto affrontare per risiedere egli stesso durante tale periodo in un altro immobile;
- l’avere avuto concreta intenzione, nel frattempo, di vendere l’immobile.
In mancanza, infatti, il giudice non potrà accordare alcun risarcimento per l’illegittima occupazione del bene.
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