Indicatori economici, quali sono i principali e a cosa servono

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15 Gennaio 2025 - 12:49

Cosa sono gli indicatori economici e perché è importante conoscerli? Ecco quali sono i dati in grado di dare informazioni in merito al mercato.

Indicatori economici, quali sono i principali e a cosa servono

Che si voglia intraprendere il primo passo nel mondo della finanza o semplicemente comprendere più a fondo lo stato economico del Paese, conoscere gli indicatori economici è una tappa obbligatoria. Questi strumenti, veri e propri pilastri dell’analisi economica, rappresentano una bussola fondamentale per chiunque desideri orientarsi nel mare spesso imprevedibile dell’economia.

Esistono numerosi tipi di indicatori economici, ciascuno con tempistiche di pubblicazione, ambiti di applicazione e destinatari differenti. La varietà di dati può sembrare inizialmente scoraggiante, ma non è necessario imparare a leggerli tutti in modo approfondito. La chiave sta nell’individuare quelli più rilevanti per i propri obiettivi, che si tratti di investimenti, analisi macroeconomica o semplicemente di una maggiore consapevolezza sulle dinamiche economiche.

Cosa sono gli indicatori economici?

Gli indicatori economici sono dati e statistiche che riflettono l’attività economica di un Paese o di specifici settori. Rappresentano una finestra sullo stato dell’economia e offrono preziose indicazioni a economisti, investitori e decisori politici. Grazie a questi dati, è possibile non solo analizzare le condizioni attuali, ma anche formulare previsioni sulle tendenze future, dalle prospettive di crescita economica alle fluttuazioni dei mercati finanziari.

Questi indicatori, pubblicati regolarmente da governi, istituzioni finanziarie e organizzazioni internazionali, sono essenziali per interpretare fenomeni complessi e prendere decisioni informate. Ad esempio, i dati sull’inflazione, la disoccupazione o il PIL sono utilizzati per definire politiche economiche e strategie di investimento.

Tra i molti indicatori disponibili, alcuni si distinguono per la loro capacità di fornire una visione chiara dello stato generale dell’economia. Conoscerli significa avere in mano uno strumento potente per interpretare il presente e anticipare il futuro.

Tipologie di indicatori economici

A seconda del tempismo con cui vengono presentati, gli indicatori economici si possono dividere in tre macro categorie:

  • i leading indicators, anche detti indicatori di anticipo o indicatori economici avanzati. Attraverso questi si può avere un’idea anticipata di come si andrà a comportare l’economia in futuro, tenendo sempre presente che può esserci un certo margine di errore;
  • i coincident indicators, o indicatori coincidenti, si verificano in concomitanza alle condizioni che studiano, i cui cambiamenti avvengono in contemporanea con quelli dell’economia. Tra questi, il tasso di disoccupazione;
  • i lagging indicators, o indicatori economici in ritardo o a posteriori; si riferiscono a eventi passati e compaiono in seguito a un cambiamento nell’economia. Servono da conferma, e ne fa parte il PIL, per esempio.

Ogni indicatore economico ha una frequenza di rilascio ben precisa, conosciuta in anticipo dai traders, che può essere giornaliera, settimanale, quadrimestrale o anche annuale. La pubblicazione dei report, comunque, deve essere sempre puntale per poter permettere un’analisi veritiera.

Quali sono i principali indicatori economici

Tra i diversi indicatori economici presenti, sono quattro quelli principali pubblicati dal governo. In questo caso la pubblicazione avviene attraverso dei report, sia su base mensile, sia trimestrale, sempre a seconda dell’indicatore in questione.

Questi report possono avere ripercussioni sia nel breve termine, sia sul lungo termine, non solo per quel che riguarda il tasso di cambio di un singolo Paese, ma anche per tutti gli altri. Per questo è bene esserne a conoscenza.

Siccome il mercato si concentra esclusivamente su un paio di numeri presenti nei diversi report, questo tipo di indicatore può essere chiamato “number trade”, proprio perché i traders tengono conto di un solo valore, e non dell’interezza del report pubblicato.

I principali indicatori economici (o number trade) che comportano le maggiori oscillazioni di mercato sono i seguenti:

PIL

Il Prodotto Interno Lordo (PIL) è la misura più utilizzata per valutare la produzione economica totale di un paese. Rappresenta il valore di tutti i beni e servizi prodotti in un dato periodo ed è un indicatore fondamentale per comprendere la crescita economica.

Il tasso di crescita del PIL aiuta a identificare fasi di espansione o contrazione economica.

Due rapporti legati al PIL sono particolarmente significativi:

  • rapporto Deficit/PIL: Indica la percentuale di deficit pubblico rispetto al PIL. Un deficit elevato può segnalare squilibri fiscali e la necessità di ridurre la spesa pubblica o aumentare le entrate;
  • rapporto Debito/PIL: misura la sostenibilità del debito pubblico rispetto alla capacità produttiva di un paese. Un rapporto elevato può indicare rischi di insolvenza o di dipendenza da finanziamenti esterni.

Il PIL, insieme ai suoi rapporti correlati, è essenziale per definire politiche economiche sostenibili e per attrarre investimenti, fungendo da punto di riferimento per analisti, governi e istituzioni internazionali.

Occupazione e disoccupazione

Attraverso il rapporto mensile sulla crescita dell’occupazione o della disoccupazione si hanno indicazioni riguardanti l’andamento dell’economia. In questo caso, l’interesse ricade sul numero netto dei posti di lavoro creati o persi.

Nel caso di un alto tasso di disoccupazione, infatti, l’economia di un Paese presenta dei problemi, al contrario risulterebbe in fase di crescita.

Quindi, come indicatore economico possiamo dire che:

il tasso di disoccupazione misura la percentuale della forza lavoro che è attivamente in cerca di occupazione ma non riesce a trovare un lavoro. Complementare è il tasso di occupazione, che misura la percentuale della popolazione in età lavorativa effettivamente occupata.

Il tasso di disoccupazione è spesso suddiviso per settori, gruppi demografici e aree geografiche per identificare eventuali disparità. È, inoltre, strettamente monitorato per analizzare fenomeni come la disoccupazione strutturale (dovuta a cambiamenti tecnologici o settoriali) e la disoccupazione ciclica (legata ai cicli economici).

Governare questi indicatori è una priorità per i policy maker, poiché una bassa disoccupazione sostiene i consumi e la crescita economica. Tuttavia, livelli troppo bassi possono anche generare pressioni inflazionistiche, poiché le imprese competono per un numero limitato di lavoratori, aumentando i salari.

Vendita al dettaglio

Anche questo dato viene rilevato attraverso un rapporto mensile, e serve per considerare la forza o la debolezza dell’economia di un Paese. Rilasciato mensilmente dall’Istat ed è il principale misuratore delle spese dei consumatori.

L’indicatore delle vendite al dettaglio misura il valore totale delle vendite di beni e servizi effettuate dai rivenditori ai consumatori finali in un determinato periodo. Questo parametro è un indicatore diretto della domanda dei consumatori ed è una componente fondamentale del Prodotto Interno Lordo (PIL).

Un aumento delle vendite al dettaglio è un segnale positivo per l’economia, poiché suggerisce fiducia dei consumatori, maggiore reddito disponibile e un potenziale aumento della produzione industriale. Al contrario, un calo delle vendite può indicare difficoltà economiche, perdita di potere d’acquisto o incertezza finanziaria.

Ecco dove trovare gli aggiornamenti mensili riguardanti le vendite al dettaglio in Italia.

Inflazione

Questo dato è essenziale per tanti altri indicatori economici. L’inflazione misura l’aumento generale dei prezzi di beni e servizi in un’economia, influenzando direttamente il potere d’acquisto della moneta. È un indicatore cruciale per valutare la salute economica, ed è spesso espressa come variazione percentuale annuale.

Al contrario, la deflazione rappresenta una diminuzione prolungata dei prezzi, che può essere sintomo di debolezza economica, mentre la stagflazione combina alta inflazione con stagnazione economica e alta disoccupazione.

La deflazione, meno comune, rappresenta un rischio significativo perché può innescare una spirale negativa di riduzione dei consumi e degli investimenti, peggiorando le prospettive economiche. La stagflazione, invece, rappresenta una sfida complessa per i policy maker, poiché richiede politiche che bilancino il contenimento dell’inflazione con la stimolazione della crescita.

L’analisi dell’inflazione è essenziale per investitori, imprese e governi, poiché influisce sulle politiche monetarie, sulle decisioni di investimento e sulla pianificazione finanziaria. Indicatori come il CPI e il PPI sono fondamentali per misurarla e anticipare le sue conseguenze.

Indice dei prezzi al consumo

L’Indice dei Prezzi al Consumo (CPI) e l’Indice dei Prezzi alla Produzione (PPI) sono due strumenti chiave per misurare i cambiamenti nei prezzi e valutare l’inflazione in un’economia. Il CPI rappresenta la variazione dei prezzi di un paniere di beni e servizi acquistati dai consumatori finali. Include cibo, energia, trasporti, salute e altri beni essenziali, fornendo un’indicazione diretta del costo della vita.

Il PPI, invece, misura le variazioni dei prezzi dei beni e servizi a livello di produzione, prima che questi raggiungano i consumatori. È spesso considerato un indicatore anticipatore, poiché un aumento del PPI tende a riflettersi successivamente nel CPI. Il PPI è rilevante per analizzare i costi sostenuti dalle imprese e per valutare la competitività dei settori produttivi.

Entrambi gli indici sono fondamentali per le banche centrali, poiché forniscono indicazioni cruciali per determinare le politiche monetarie, come l’adeguamento dei tassi di interesse per mantenere l’inflazione sotto controllo.

Spread

Lo spread è un indicatore fondamentale che misura la differenza di rendimento tra due titoli obbligazionari, generalmente utilizzato per confrontare i titoli di Stato di un paese con quelli di un paese di riferimento.

Nell’Eurozona, lo spread tra i BTP italiani e i Bund tedeschi è uno degli esempi più comuni. Questo indicatore è cruciale per valutare la percezione del rischio sovrano, poiché esprime quanto un paese deve pagare in più rispetto alla Germania, considerata il benchmark di solidità.

Uno spread elevato indica che il paese è percepito come più rischioso dagli investitori, il che può riflettersi in un aumento del costo del debito pubblico e delle condizioni di credito per famiglie e imprese.

I governi monitorano attentamente lo spread, poiché un suo incremento può segnalare una perdita di fiducia nelle politiche economiche o nella stabilità finanziaria. Per esempio, un aumento dello spread può derivare da una politica fiscale considerata insostenibile o da tensioni geopolitiche che minano la stabilità economica di un paese.

Oltre agli effetti sul costo del debito pubblico, lo spread influisce indirettamente anche sui tassi di interesse applicati a mutui e prestiti, penalizzando famiglie e imprese. Per questo motivo, è un indicatore chiave per gli investitori e i policy maker.

Tassi di Interesse

I tassi di interesse rappresentano il costo del denaro, determinato principalmente dalle politiche delle banche centrali. Essi influenzano i prestiti, i mutui, gli investimenti e, più in generale, l’attività economica. Un tasso di interesse più basso tende a stimolare l’economia, rendendo più accessibili i finanziamenti, mentre un tasso più alto aiuta a contenere l’inflazione, rendendo il denaro più costoso.

Il tasso di interesse reale, invece, è il tasso nominale corretto per l’inflazione. Fornisce una misura più accurata del rendimento effettivo per gli investitori e del costo reale del credito per i mutuatari. Ad esempio, se un tasso nominale è del 5% e l’inflazione è del 3%, il tasso reale sarà del 2%. Questo dato è fondamentale per valutare il potere d’acquisto degli investimenti e il peso del debito.

CCI (Indice di Fiducia dei Consumatori)

Infine, l’Indice di Fiducia dei Consumatori (CCI) misura il livello di ottimismo o pessimismo dei consumatori rispetto all’economia di un Paese. Questo indicatore si basa su sondaggi che valutano la percezione delle persone sulle condizioni economiche attuali e future, come la sicurezza del lavoro, il reddito disponibile e l’intenzione di fare acquisti importanti.

Un valore elevato dell’indice indica un’aspettativa positiva, che si traduce in una maggiore propensione alla spesa, stimolando la crescita economica. Al contrario, un valore basso riflette un aumento dell’incertezza e una probabile contrazione nei consumi.

Il CCI è utile anche per prevedere la direzione futura dell’economia, poiché la spesa dei consumatori rappresenta una parte significativa del PIL.
Le imprese e i governi monitorano attentamente questo indicatore, poiché un aumento della fiducia può incentivare investimenti e politiche espansive, mentre un calo richiede interventi mirati, come incentivi fiscali o sostegni diretti alle famiglie.

Gli indicatori sopra citati permettono di avere una buona lettura economica, utile per capire come imparare a giocare in borsa, ma anche per avere un’idea più chiara degli eventi economici di un Paese.

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