L’analisi dei progetti del PNRR, annunciata da Draghi, diventa concreta con l’affidamento del compito a una struttura terza e specialistica come McKinsey.
Una reazione immediata, a 360 gradi e tutti i media scatenati. Questa la scontata reazione all’affidamento di Draghi delle analisi dei progetti da inviare a Bruxelles come PNRR. I motivi di una reazione così scomposta? Chiari. Non vogliono alcuna analisi costi benefici (ACB), come abituati da sempre e promuovendo come “strategici”, “ottimi” i progetti cari a politici locali e centrali.
L’ACB era nel regolamento attuativo della VIA, ma senza alcun valore vincolante. Nel 2011 un Dlgs ne rendeva obbligatoria la procedura, poi un DPCM del 2012 e un DM del Ministero delle Infrastrutture del 2015 ne cambiano alcuni aspetti. Il Ministero creò la “Struttura tecnica di missione per l’indirizzo strategico, lo sviluppo delle infrastrutture e l’alta sorveglianza”, che definì anche la metodologia di valutazione economico-finanziaria, nota come “Linee Guida”. Risultato? Nessuna analisi per nessuna opera è stata fatta. La Banca Mondiale come prassi, per evitare manipolazioni politiche, assegna a organismi terzi la valutazione delle opere. La soluzione Renzi/Delrio è stata: tutto va valutato tranne le opere strategiche che valgono 133 miliardi di euro e sono strategiche perché sono nell’elenco.
Nemmeno l’efficacia delle politiche di sviluppo territoriale sono mai state oggetto di valutazioni. Non gli incentivi alle imprese disciplinati dalla legge 488 del 1992, non i contratti di programma nati nel 1986, non i contratti d’area, i programmi operativi regionali finanziati dai fondi strutturali, né le politiche per l’innovazione note come smart specialization strategies o le politiche di rigenerazione urbana. Analisi indipendenti di ricercatori hanno appurato che questi strumenti di politica di sviluppo locale non hanno ottenuto risultati in termini di crescita, di produttività e occupazione.
Interrogarsi se gli euro spesi utilizzando i fondi pubblici abbiano ricadute positive sull’economia locale e nazionale è un dovere primario dell’amministrazione pubblica. L’analisi dei progetti del PNRR, annunciata da Draghi in un’intervista, diventa concreta con l’affidamento del compito a una struttura terza e specialistica come McKinsey.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) approvato dal Governo il 12 gennaio 2021 riporta valutazioni quantitative dei progetti? Solo un richiamo al modello macroeconomico comunitario, “Quest III” (Quarterly European Simulation Tool); è la versione più recente del modello di equilibrio generale sviluppato dalla Commissione Europea - uno strumento di analisi e simulazione per comprendere gli effetti di riforme strutturali e studiare la risposta dell’economia a shock di varia natura o a interventi di policy) che ha indotto qualche autorevolissimo esperto di settore ad affermare che il modello assume che tutti i progetti non analizzati siano i migliori possibili in termini di impatto sul PIL.
Intervenendo al Meeting di Rimini Draghi dichiarò che era buono il debito riferito alle infrastrutture “cruciali per la produzione”, e di queste andava valutata l’utilità superando determinati test, in riferimento proprio al “tasso sociale di rendimento”, che deriva dall’Analisi Costi Benefici. Draghi, se riesce sul problema ACB, rompe un muro della politica che non vuole conoscere, probabilmente per interessi elettorali di breve periodo.
Nella redazione del Piano si fa riferimento al dossier del Parlamento del 25 gennaio:
“Il 21 dicembre 2020 la Commissione europea ha pubblicato dei modelli di orientamento settoriali, che potranno essere aggiornati, per assistere gli Stati membri nell’elaborazione dei Piani in conformità delle norme in materia di aiuti di Stato(..) dettagliare i progetti, le misure e le riforme previste nelle seguenti aree di intervento riconducibili a sei pilastri:
1) transizione verde;
2) trasformazione digitale;
3) crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, compresi coesione economica, occupazione, produttività, competitività, ricerca, sviluppo e innovazione e un mercato unico ben funzionante con PMI forti;
4) coesione sociale e territoriale;
5) salute e resilienza economica, sociale e istituzionale, anche al fine di aumentare la capacità di reazione e la preparazione alle crisi;
6) politiche per la prossima generazione, infanzia e gioventù, incluse istruzione e competenze”.
Inoltre i piani nazionali devono essere coerenti “con le priorità specifiche per PAESE individuate nel contesto del Semestre europeo, e segnatamente nelle raccomandazioni specifiche per Paese e nella raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona Euro (..) Se, invece, la Commissione stabilisce, che i target intermedi e finali non sono stati rispettati in modo soddisfacente, il pagamento di tutto o parte del contributo finanziario può essere sospeso. Lo Stato membro interessato può presentare le sue osservazioni entro un mese dalla comunicazione della valutazione della Commissione. Come già previsto nell’accordo raggiunto in sede di Consiglio europeo a luglio, l’accordo provvisorio disciplina misure per collegare il dispositivo a una sana governance macroeconomica. Tali meccanismi, che sono allineati alle norme comuni sui fondi strutturali, prevedono che la Commissione proponga al Consiglio una sospensione, totale o parziale, degli impegni o dei pagamenti qualora uno Stato non abbia adottato misure efficaci per correggere il disavanzo eccessivo, a meno che non sia stato determinato da una grave recessione economica per l’Unione nel suo insieme”.
Nel PNRR di Conte tre le priorità: giovani, donne e Sud. Sarà altrettanto per il nuovo PNRR? Intanto l’Ufficio parlamentare di bilancio aveva rilevato un’elevata “frammentazione” delle linee d’intervento e richiamato a “concentrare le risorse su un numero minore di priorità, per avere un impatto maggiormente visibile”. Banca d’Italia in un’audizione, aveva chiesto “discontinuità”, e una riscrittura del PNRR da presentare alla Commissione Ue entro aprile.
Intanto Draghi ha fatto capire che l’intenzione è riorientare il piano “dalla spesa all’investimento”.
Rivoluzionario per la prassi politica italiana è l’analisi dei progetti e l’affidamento a una struttura terza come nella tradizione di Banca Mondiale e di FMI della valutazione. Una ACB seria non può che portare benefici a una “questione Italia” che diventa sempre più drammaticamente seria.
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