Ecco tutte le informazioni sull’indicazione dell’immobile in comodato d’uso gratuito ai fini Isee e cosa rischia chi dichiara il falso.
Nel mese di gennaio per i cittadini arriva il momento di rinnovare l’Isee, indispensabile per usufruire di agevolazioni e benefici a esso correlate, dipendenti dal proprio reddito. Ormai, infatti, ogni Isee scade alla fine dell’anno, indipendentemente dalla data di presentazione. A tal scopo è necessario indicare numerose informazioni relative a redditi, patrimoni e spese sopportate. Anche per questo 2025 molti contribuenti sono confusi sulla corretta indicazione dell’abitazione in comodato d’uso gratuito, che effettivamente trova spazio all’interno della dichiarazione, pur senza effetti particolari.
Isee del proprietario dell’immobile
Cominciamo dal proprietario dell’immobile, cioè il comodante. Molti pensano di poter usufruire del comodato d’uso gratuito concesso a un altro soggetto per abbassare il proprio Isee, ma in realtà non c’è alcun effetto fiscale in seguito a questo contratto. Nella dichiarazione Isee sarà infatti sempre doveroso indicare l’immobile sul quale ricade il diritto di proprietà. Secondo la normativa vigente, infatti, i redditi fondiari sono sempre attribuiti al titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale sul bene immobile.
Come sappiamo, il comodato d’uso gratuito, che peraltro è necessariamente temporaneo, non trasferisce i diritti reali sull’immobile. Di conseguenza, il bene deve essere indicato nell’Isee del comodante. Ovviamente, trattandosi di una cessione gratuita, non ci sarà alcun aumento in conseguenza al comodato. Per esempio, la situazione è differente rispetto all’immobile in locazione, proprio perché il locatore percepisce il canone d’affitto che viene considerato ai fini Isee.
Isee del comodatario
Il comodatario, cioè chi usa effettivamente l’immobile a titolo gratuito, non ha alcun diritto reale sul bene. Per questo motivo, non deve essere inserito nella Dichiarazione sostitutiva unica (Dsu), visto che per la regola sopra enunciata non trae alcun reddito dalla casa. Allo stesso tempo, il bene immobile dovrà essere indicato come abitazione. Tutti i diritti di godimento, come anche la cosiddetta nuda proprietà, non comportano infatti alcun reddito per il titolare del diritto e non sono da includere nel patrimonio immobiliare ai fini Isee.
Quest’ultimo deve invece comprendere necessariamente i diritti reali di godimento immobiliare, ovvero:
- usufrutto;
- uso;
- abitazione;
- servitù;
- superficie;
- enfiteusi.
In altre parole, il comodatario non rileverà alcun aumento del reddito nell’Isee a seguito del contratto di comodato, per il quale ovviamente non potrà nemmeno addurre spese. Per definizione stessa, chi abita un immobile in comodato d’uso gratuito non paga alcun corrispettivo, perciò il suo reddito non sopporta spese addebitabili a canoni di locazione e similari.
Oltretutto, è bene sapere che ai soli fini Isee il comodato d’uso è valido anche se il contratto non è stato registrato. Non si tratta di un adempimento indispensabile, proprio in considerazione del fatto che non ha effetti su redditi e patrimoni delle parti.
Cosa rischia chi dichiara il falso
Quando c’è un vero contratto di comodato d’uso gratuito, compilare la Dsu per rinnovare l’Isee non comporta alcun problema particolare, né l’esistenza del contratto (registrato o meno) comporta cambiamenti in redditi e patrimoni. Ciò però non significa che il comodato d’uso debba essere impiegato come stratagemma per abbassare il proprio Isee, ovviamente in riferimento ai proprietari che tentano così di occultare la locazione in nero del proprio immobile per non dichiarare la percezione dei canoni.
La simulazione di un comodato d’uso fittizio ai fini Isee è invece molto più rara da parte della persona che vive nell’immobile, che appunto non è in alcun modo agevolato da questa circostanza, ma anzi dovrebbe preferire l’indicazione dei canoni d’affitto che paga. Difficile che questo accada, tuttavia, se è stato pattuito un contratto d’affitto in nero, per quanto non ci siano benefici per il comodatario.
È tuttavia opportuno sapere che, al di là delle specifiche violazioni commesse, la presentazione di un Isee falso è da evitare assolutamente. Questa violazione comporta infatti l’automatica perdita di tutti i benefici ottenuti e non spettanti, oltre alla dovuta restituzione delle somme (eventuali) percepite indebitamente. Non è tutto, se i controlli confermano che la falsa dichiarazione è stata resa con volontà e consapevolezza, può essere contestato il reato di falso. Quest’ultimo, che non è affatto da prendere alla leggera, si applica anche a chi esibisce atti falsi o rende dichiarazioni sostitutive di certificazioni e atti di notorietà false, e può essere punito con la reclusione fino a 6 anni.
leggi anche
Cosa rischia chi dichiara il falso?
© RIPRODUZIONE RISERVATA