L’unica azienda europea con il potenziale per contrastare l’egemonia cinese nella produzione di batterie sta fallendo.
La nostra speranza più grande per contrastare l’egemonia cinese nel campo delle batterie sta sfumando. Per sempre.
Northvolt, azienda svedese un tempo leader nell’industria europea delle batterie, è ormai vicina al fallimento. Sta riorganizzando le sue attività ma lo sforzo - neanche così impetuoso - potrebbero non bastare. L’impreparazione dell’Europa è ormai confermata.
La crisi di Northvolt, spiegata
Sono settimane che la crisi di Northvolt monopolizza la copertura mediatica svedese. A settembre il produttore di batterie ha annunciato 1.600 licenziamenti, circa il 20% della sua forza lavoro, insieme a una riorganizzazione della sua operatività. Queste decisioni “sono necessarie per adeguarsi alle realtà attuali e consentire il successo a lungo termine di Northvolt”, ha dichiarato Peter Carlsson, amministratore delegato della società.
Northvolt è stata spesso definita l’unica speranza dell’Europa nella corsa alla produzione di batterie per veicoli elettrici (EV), un mercato ad oggi dominato dai produttori cinesi CATL e BYD. Negli otto anni dalla sua fondazione, la società ha raccolto 15 miliardi di dollari, più di qualsiasi altra startup privata europea, grazie soprattutto ad accordi con big dell’automotive come Volkswagen e Volvo.
Nonostante la sua crescita rapidissima, Northvolt non riesce ad aumentare la sua capacità produttiva. All’inizio del 2024, l’azienda ha annunciato di averla triplicata fino ad arrivare a 60.000 celle di batterie a settimana. Ma è una quantità ben lontana dalla produzione annuale precedentemente annunciata di 1 GWh di batterie, necessaria per alimentare 17.000 auto.
Frustrata a causa di una tale lentezza, a giugno, BMW, uno degli azionisti principali, ha annullato un accordo da 2 miliardi di dollari, rivolgendosi a Samsung. E la crescita della domanda inferiore alle aspettative ha costretto l’azienda a tagliare i costi.
Perché la crisi di Northvolt è più importante di quanto sembri
La maggior parte delle batterie per auto elettriche è prodotta in Cina. L’Europa è indietro nella produzione. E sarebbe necessaria una filiera di produzione di batterie locale per rendere l’Europa competitiva e meno dipendente all’interno del settore.
Con la società su cui tutta l’Europa puntava vicino al fallimento, ecco svelata la totale impreparazione dell’industria delle batterie del Vecchio Continente.
La difficoltà nel costruire una capacità europea basata su un sistema di libero scambio globale e sul business as usual ora è sotto gli occhi di tutti. La Cina riesce a vendere prodotti tecnologici eccellenti - che in Europa ancora non abbiamo - a un prezzo più basso. Diventa così incredibilmente difficile per le aziende europee competere.
Già da tempo Pechino è riuscita a mettere in piedi una filiera produttiva efficiente, tanto da arrivare a dominare la produzione di batterie a livello globale, con una capacità produttiva maggiore rispetto a quella di qualsiasi Paese nel mondo.
Nel 2023 sono stati prodotti oltre 680 GWh di celle per batterie. La cinese CATL ne è stata il produttore più prolifico, con oltre 243 GWh di celle prodotte, seguita dalla connazionale BYD con 117 GWh.
Questo grafico mostra la capacità produttiva mondiale di batterie agli ioni di litio per veicoli elettrici divisa per area geografica:
Quale futuro per l’Europa?
L’Europa è chiamata a spingere sull’acceleratore, lavorando su una strategia chiara capace di supportare la produzione locale.
Come? Ad esempio confermando la normativa sulla CO2 per costringere le case automobilistiche a rispettarla, oppure aumentando i dazi sulle importazioni, così da premiare i produttori locali. E il Fondo europeo per le batterie, deciso a fine 2023, dovrebbe essere indirizzato verso il finanziamento delle aziende europee produttrici di batterie.
Tenendo però una porta aperta agli investimenti asiatici. Le aziende del continente asiatico hanno un certo know how sull’aumento della produzione, competenze dalle quali l’UE può trarre vantaggio. Si fa sempre più forte il bisogno di una nuova politica più forte sugli investimenti cinesi in joint venture e con accordi di licenza dall’estero.
Ma è tutt’altro che sicuro che un’iniezione di liquidità possa risolvere il problema. Si andrebbe a sostenere un’attività a scopo di lucro nel mercato globale, il che non è né equo né sostenibile. Usare i soldi dei contribuenti europei per sostenere un’attività privata ha davvero senso?
Forse no, Ma è inutile nasconderci dietro a un dito: gran parte del futuro del settore delle batterie in Europa dipenderà dalle decisioni prese dai produttori di automobili. Compreranno da un produttore europeo, che potrebbe non garantire le quantità necessarie, o dalla Cina, che assicura quantità, qualità e convenienza?
Cosa succede ora a Northvolt
Harald Mix, fondatore e uno dei principali azionisti di Northvolt, ha annunciato che avrebbe fornito nuovo capitale alla società, dato il suo ruolo cruciale nella competitività europea. E secondo Bloombergs i creditori potrebbero concedere a Northvolt l’accesso a uno strumento di finanziamento da 5 miliardi di dollari.
Volkswagen, che possiede un quinto della società svedese, in un primo momento ha dichiarato di voler supportare la società di batterie nonostante l’incertezza sui futuri investimenti nella società. Ma il colosso automobilistico tedesco sta attraversando un periodo difficile, e il suo sostegno potrebbe venire meno.
I prossimi mesi saranno decisivi.
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