Si alza lo scontro: l’espansione della legge cinese non farà che accelerare la fuga di capitali stranieri.
Il Partito Comunista Cinese ha approvato la sua nuova legge anti-spionaggio, che entrerà in vigore il 1° luglio di quest’anno. Si tratta di una rivisitazione rispetto alla versione del novembre 2014.
La nuova regolamentazione - che estende la portata soggettiva ed oggettiva di quella precedente - presenta evidenti analogie con la legge sull’intelligence nazionale (National Intelligence Law of the People’s Republic of China) con particolare riferimento all’introduzione dell’obbligo erga omnes di collaborare con l’intelligence di stato, anche quando i soggetti passivi (cittadini, imprese, organizzazioni, ecc.) risiedono al di fuori dei confini nazionali. In tal modo, tutte le persone fisiche e giuridiche diventano una potenziale estensione estera dell’intelligence di Pechino.
La revisione amplia anche la definizione di spionaggio, rendendola più vasta e vaga. Anche gli osservatori dei diritti umani ritengono che si tratti di un’escalation non solo nella repressione del popolo cinese ma che verrà utilizzata anche per colpire ulteriormente individui e società straniere in Cina.
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