Pechino, il più grande importatore di greggio al mondo, nel 2024 ha importato 11,1 milioni di barili al giorno, in calo rispetto agli 11,3 milioni del 2023.
La Cina ha sempre meno sete di petrolio. I numeri parlano chiaro: Pechino, il più grande importatore di greggio al mondo, nel 2024 ha importato 11,1 milioni di barili al giorno, in calo rispetto agli 11,3 milioni del 2023. Il rallentamento della domanda ha portato meno lavoro alle raffinerie nazionali e spinto numerose strutture indipendenti a chiudere.
Il motivo di tutto questo? La domanda cinese di carburante avrebbe raggiunto il picco prima del previsto, mentre la strategia del governo di eliminare le aziende inefficienti, unita al taglio degli sconti sulle imposte sui consumi per l’import di materie prime, ha aumentato ancora di più la pressione sui piccoli impianti autonomi noti come “teiere” (attività in grado di sfornare mediamente circa 320mila barili al giorno).
Nella provincia dello Shandong, per esempio, pare che abbiano sospeso le attività alcuni centri gestiti da Shandong Shangneng Group, Kelida Petrochemical, Wonfull Petrochemical e China Overseas Energy Technology. Con il nuovo regime fiscale, le raffinerie ricevono rimborsi pari a circa il 50%-80% dei 1.218 yuan (167,18 dollari) per tonnellata di imposta sui consumi pagati per le importazioni di materie prime; questo avrebbe fatto aumentare i costi delle materie prime di 33-83 dollari per tonnellata, fino a 12,8 dollari al barile, causando perdite tra i 300 e i 600 yuan per tonnellata. [...]
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