La flat tax torna a essere protagonista di questa campagna elettorale. Ma il principio di progressività previsto dalla Costituzione potrebbe impedire l’adozione di un’imposta unica per tutti.
Se ne parla da anni, ma ancora sono in tanti a chiedersi cos’è la flat tax e come funziona una tassa fissa del 15% per tutti.
Principale motivo di discussione nel corso di quest’ultima campagna elettorale in vista delle elezioni del 25 settembre, la «flat tax» divide gli schieramenti politici e gli economisti. Storica bandiera dalla Lega recepita in forma diversa anche da Forza Italia, l’introduzione della “tassa piatta” è baluardo del centrodestra, che la mette al centro del proprio programma politico, mentre il Partito Democratico e la sinistra sono fortemente e storicamente contrari.
La flat tax è una misura fiscale che, contrapponendosi a un sistema di tassazione progressivo Irpef con aliquote a scaglioni, prevede un’imposizione fiscale comune per tutti coloro che si trovano sotto una determinata fascia di reddito stabilita dalla legge.
Attualmente in Italia non è applicata a pieno regime ed è riservata alle partite Iva, con aliquota al 15% per i redditi fino a 65mila euro. Ma una imposta fissa uguale per tutti sarebbe costituzionale o si rischia di violare i principi alla base del sistema fiscale italiano?
È questa una delle domande che ci si pone quando si parla di flat tax, e a prescindere dalle valutazioni circa convenienza e svantaggi, è bene per noi soffermarci su alcuni chiarimenti.
Come funziona la flat tax?
Ideata per la prima volta nel 1956 dall’economista statunitense Milton Friedman, premio Nobel per l’economia del 1976, la flat tax è un sistema a una sola aliquota che, però, può essere associata anche a detrazioni o deduzioni.
In questa ipotesi, si ha la stessa aliquota legale per tutti, costante, sebbene, di fatto, l’aliquota media cresca in proporzione all’aumento del reddito. In genere tale aliquota viene riferita al reddito familiare mentre, in altri casi, può essere applicata anche al reddito delle imprese.
L’idea di una tassa piatta è sempre stata il baluardo di Silvio Berlusconi: già nel 1994, durante il suo primo Governo, l’aveva proposta con il professor Antonio Martino, allievo di Friedman.
Si tratta di un sistema poco comune nelle economie capitalistiche avanzate dove, nella maggior parte dei casi, i sistemi nazionali di tassazione sono ispirati al modello progressivo puro, ovvero con l’aliquota applicata che varia col reddito delle famiglie (o degli utili delle aziende), aumentando in modo più che proporzionale all’aumentare del reddito stesso.
Nel nostro continente sono principalmente i Paesi dell’Est ad aver adottato questo sistema di tassazione. Tutti, nel periodo appena successivo all’introduzione della misura, hanno visto una consistente riduzione delle entrate fiscali.
La flat tax nel nostro Paese
Sebbene in Italia si potrebbe lecitamente sollevare anche più di un dubbio sulla legittimità della flat tax, dal momento che la Costituzione prevede all’art. 53 che il sistema tributario sia uniformato da criteri di progressività della tassazione, con la capacità contributiva del cittadino, c’è da dire che, limitatamente alle imprese, la flat tax esiste già: si tratta dell’Ires (Imposta sul Reddito delle Società), che prevede una sola aliquota pari al 24% dei loro utili.
Sul piano politico, la flat tax è sempre stato un argomento caldeggiato dalla destra: Silvio Berlusconi fu il primo a proporlo già nel 1994, al tempo della sua entrata in politica, ma da sempre c’è stato un nutrito fronte di oppositori tra gli economisti liberali e statalisti che si ritrovavano nella politica economica dettata da Giulio Tremonti.
Per chi è contrario alla sua introduzione, la flat tax sarebbe incostituzionale in quanto violerebbe il principio di progressività del sistema fiscale, previsto dall’articolo 53 della Costituzione, prevedendo l’applicazione di un’imposta uguale per tutti a svantaggio dei redditi più bassi.
Ma a fare la differenza è in realtà il sistema alla base del calcolo della base imponibile per l’applicazione della flat tax: la riduzione della progressività del sistema di tassazione andrebbe valutato tenendo conto delle possibili riforme che verrebbero prese sul lato della spesa e dell’intero sistema di welfare.
La flat tax nella Costituzione
Al di là delle differenze tecniche, che rimangono sostanziose tra l’uno e l’altro partito della coalizione di centrodestra, diversi analisti e avversari politici notano come questa proposta possa risultare contraria alla Costituzione.
Eppure, occorre ricordare, che già dal 2004 in Italia è entrata in vigore una sorta di tassa piatta: si tratta dell’Ires, l’Imposta sul Reddito delle Società che nel 2018 ha avuto una aliquota fissa al 24%.
Il principio di costituzionalità di una tassa piatta solleva principalmente delle polemiche sull’aliquota fissa: secondo l’art. 53 della Costituzione, infatti, il sistema italiano deve osservare un principio di progressività nell’imposizione fiscale.
Ma l’interpretazione di questo articolo è dibattuta: per molti le varie detrazioni, le esenzioni e i limiti di reddito per aderire alla flat tax andrebbero a rispondere alle indicazioni della Costituzione.
Letteralmente l’art.53 della nostra Carta Costituzionale così recita:
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.
Ora, dalla lettura di questa norma, constatiamo che esiste un principio che riguarda il sistema tributario, secondo il quale l’aliquota di imposizione deve crescere in modo più che proporzionale rispetto al reddito. In poche parole il sacrificio richiesto ai più ricchi deve essere più alto di quello richiesto ai poveri.
Il cosiddetto principio di progressività contribuisce a eliminare, all’interno della comunità tutti gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, andando a colpire maggiormente i contribuenti che possiedono una capacità contributiva più elevata.
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Cos’è il principio di progressività?
Il principio sancito dalla nostra Costituzione assicura una redistribuzione della ricchezza tra i vari contribuenti. Esso però non obbliga il legislatore a istituire solamente imposte progressive, ma può anche prevedere imposte proporzionali e regressive, senza intaccare quel «criterio progressivo» del nostro sistema tributario nel suo complesso.
Il principio di progressività può essere attuato con diverse modalità:
- per detrazione, quando si colpisce la base imponibile con un’aliquota costante, dopo aver detratto un ammontare fisso direttamente dalla base imponibile;
- per classi, quando a ogni classe imponibile corrisponde un’aliquota costante, che cresce passando da una classe più bassa a una più alta;
- per scaglioni, quando per ogni classe di imponibile è prevista un’aliquota che si applica solo allo scaglione di imponibile previsto in quella determinata classe;
- per continuità, quando l’aliquota aumenta continuamente con l’aumentare della base imponibile, fino a un tetto massimo, raggiunto il quale essa rimane invariata.
La flat tax potrebbe essere incostituzionale?
Stando all’interpretazione letterale del sopra citato articolo 53, la flat tax risulterebbe incostituzionale proprio in quanto non progressiva. Ma c’è da specificare, come sopra già premesso, che la Costituzione non indica nello specifico quale imposta debba essere necessariamente progressiva.
In effetti, solamente l’Irpef può definirsi realmente tale. La gradazione delle imposte in ragione della capacità contributiva del contribuente e progressività dell’imposta sono i principi alla base del sistema fiscale italiano e l’Irpef, strutturata per aliquote e scaglioni, è l’imposta che maggiormente rispecchia tali criteri. Ma nessuno a oggi ha messo in dubbio la costituzionalità dell’Ires, o vecchia Irpeg, così come dell’Iva o dell’Imu.
Per chi si schiera contro l’introduzione di una tassa piatta non sarebbe possibile sostituire le quattro aliquote Irpef con una flat tax del 15 o del 23%, in quanto incostituzionale. Ma possiamo davvero pensarla così?
In realtà, l’introduzione di una tassa piatta non è del tutto impossibile. A scongiurare il rischio di incostituzionalità della flat tax vi sarebbero le deduzioni dalla base imponibile per il calcolo della tassa piatta, applicate al reddito del dichiarante.
Un sistema che è alla base anche della proposta di legge in merito depositata in Senato dalla Lega, la quale prevede un sistema di deduzioni riconosciute in base al reddito della famiglia fiscale e della sua composizione.
Si tratta di una proposta di riforma che punta a ridurre tutte le aliquote Irpef a una sola, valida per tutti con la progressività dell’imposizione garantita dalla no tax area (ossia un reddito minimo entro il quale non sono dovute imposte) e con l’introduzione di un sistema di deduzioni fiscali strutturate in relazione al reddito del dichiarante. Detrazioni fiscali che, invece, non verrebbero concesse ai redditi più alti.
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