L’ultimo confronto tra le parti ridefinisce diritti e doveri per datori e professionisti. Risposte caso per caso per sapere cosa fare sul posto di lavoro.
C’è molta confusione sulle norme anti-Covid da applicare negli ambienti di lavoro. A seguito di un intenso incontro svoltosi tra il ministero del Lavoro, ministero della Salute, il ministero dello Sviluppo economico, l’Inail e le parti sociali però sono state definite delle regole univoche che sciolgono alcuni dubbi, o meglio, demandano la decisione ai singoli contesti professionali e alle scelte dei datori di lavoro.
Finora a ora, l’ultima stesura risaliva al 6 aprile 2021, i lavoratori hanno dovuto tenere la mascherina chirurgica per lavorare poiché indicata nel protocollo come obbligatoria. In base alle nuove disposizioni invece il «dispositivo di protezione» delle vie respiratorie anti-Covid sarà la mascherina filtrante FFP2, ma solo per alcuni lavoratori.
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L’ultima decisione del ministero
La mascherina non è sempre obbligatoria in azienda; le regole sono state semplificate ma non c’è un «liberi tutti».
A stabilirlo è il protocollo che aggiorna le misure anti-Covid negli ambienti di lavoro fino al 31 ottobre. Le normative attuali stabiliscono come il datore di lavoro, le Rsa e il medico competente siano le figure preposte a decidere quali lavoratori sono tenuti a indossare la mascherina FFP2 al lavoro. Il protocollo rimette quindi a datori e medici il compito di individuare i «gruppi particolari di lavoratori ai quali fornire adeguati dispositivi di protezione individuali (FFP2), avendo particolare riguardo ai soggetti fragili sulla base delle valutazioni del medico competente».
In questi casi però è il datore di lavoro che deve fornire le mascherine per consentire la tutela della salute degli impiegati nei contesti di maggior rischio.
Tra i nuovi obblighi c’è quello per i datori di lavoro di aggiornare i protocolli aziendali previa consultazione delle rappresentanze sindacali sentito il medico competente, ma anche la necessità di istituire un «Comitato» per l’applicazione e la verifica delle regole del protocollo nonché nell’ipotesi in cui sia necessario gestire un focolaio infettivo in azienda.
Queste disposizioni variabili regoleranno in particolar modo contesti di lavoro in ambienti chiusi e condivisi da più lavoratori, luoghi aperti al pubblico o spazi dove non c’è il distanziamento interpersonale di un metro per le specificità delle attività lavorative. Alla responsabilità dell’azienda sono demandati inoltre il contingentamento di accesso agli spazi comuni comprese le mense aziendali, le aree fumatori e gli spogliatoi con la previsione di una ventilazione continua dei locali, la sanificazione periodica e la pulizia giornaliera con appositi detergenti.
Per tutti gli altri professionisti a cui non è prescritta la mascherina il suo uso è facoltativo ma vivamente raccomandato: è possibile indossarla scegliendo se portare una FFP2 o una mascherina chirurgica.
La «mascherina chirurgica» quale Dpi (dispositivo di protezione individuale delle vie respiratorie) obbligatorio e indiscriminato quindi decade in via ufficiale.
Smart working per i fragili
Il nuovo protocollo fornisce anche delle indicazioni sullo smart working, una modalità che, dalla bozza del documento, viene mantenuta seppur in un formato ridimensionato. Si legge infatti che «pur nel mutato contesto e preso atto del venir meno dell’emergenza pandemica, si ritiene che il lavoro agile rappresenti, anche nella situazione attuale, uno strumento utile per contrastare la diffusione del contagio da Covid-19, soprattutto con riferimento ai lavoratori fragili, maggiormente esposti ai rischi derivanti dalla malattia».
In particolare quindi le parti sociali chiedono una proroga al 31 dicembre 2022 della disciplina a protezione dei lavoratori fragili.
Il caso degli appalti
Nella stessa sede sono poi state definite due importanti novità in caso di appalti per cui quindi c’è la presenza di lavoratori di terze aziende nello stesso sito produttivo del committente (manutentori, fornitori, etc.).
In questo caso l’azienda committente è tenuta a dare all’impresa appaltatrice un’informativa completa dei contenuti del protocollo aziendale nonché a vigilare affinché tutti i lavoratori (sia propri che appartenenti ad aziende terze) rispettino integralmente le normative.
Se invece un lavoratore dell’appaltatore risulta positivo al Covid, è l’appaltatore deve informare immediatamente il committente per il tramite del medico competente.
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