I salari reali stanno aumentando rapidamente grazie alle condizioni molto dinamiche del mercato del lavoro; di pari passo la disoccupazione è al 2,8%, al minimo record post-sovietico.
Lo scoppio della guerra in Ucraina ha cambiato radicalmente l’economia della Russia. Non solo perché Mosca, in seguito all’operazione militare contro Kiev, è stata tagliata fuori dalle relazioni commerciali con l’Occidente (leggi: Europa), ma anche perché Vladimir Putin è stato costretto a trovare nuovi partner con i quali commerciare nel tentativo di annullare l’effetto delle sanzioni internazionali che hanno colpito a raffica il Cremlino.
È così che il governo russo ha iniziato ad investire massicciamente nel suo comparto industriale militare – per sostenere, ovviamente, lo sforzo dell’esercito sul territorio ucraino – ma anche in altri settori. Sarebbe infatti riduttivo accendere i riflettori soltanto sull’ “economia di guerra” di Mosca, visto che Putin ha anche lanciato, nel 2021, il piano “Progetti Nazionali 2.0” con il chiaro obiettivo di investire anche nell’economia civile, migliorare la quotidianità dei cittadini russi e aumentare la competitività della Russia nel mercato globale.
La cosiddetta Putinomics, l’economia diretta da Putin, è dunque cambiata radicalmente rispetto al passato, quando poggiava per lo più su due pilastri: l’accumulo di enormi riserve (che superavano i 600 miliardi di dollari prima della guerra) e il mantenimento del debito ridicolmente basso. Il tempo dell’austerità è terminato. In seguito allo scoppio della guerra, Mosca ha iniziato ad avere un deficit di bilancio per la prima volta in due decenni e a spendere pesantemente. [...]
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