Le materie plastiche riscontrate nei campioni sono state classificate per forma, colore e dimensione.
L’allarme arriva dalle ultime ricerche scientifiche: oltre ai mari e agli ocieani, plastiche e microplastiche hanno invaso i principali bacini di acqua dolce nel mondo. A lasciare ancor più interdetti è il fatto che i laghi più inquinati del pianeta, siano i bacini di Lugano, nella Svizzera italiana, e Maggiore. A rivelarlo è una ricerca pubblicata nei giorni scorsi dalla rivista scientifica Nature secondo la quale a livello globale, ogni anno vengono prodotti circa 400 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica. Particelle microscopiche che si infiltrano nelle aree più remote e incontaminate del pianeta, laghi inclusi.
La ricerca
L’autorevole studio porta la firma di Veronica Nava e Barbara Leoni. L’indagine ha coinvolto 79 ricercatori di tutto il mondo e si basa sui campioni prelevati in 38 laghi di 23 Paesi. Tra i bacini in cui è stata documentata la più alta contaminazione da plastica, figurano il Lago Maggiore, quello di Lugano, il lago Tahoe negli Stati Uniti e il Neagh in Gran Bretagna. A colpire è il fatto che lo studio certifichi la presenza delle microplastiche in tutti i laghi presi in esame, seppure con diverse concentrazioni.
L’importanza dello studio italiano
Nava, giovane scienziata bergamasca, e Leoni hanno guidato lo studio che per la prima volta ha messo in evidenza la concentrazione di plastica presente negli ambienti d’acqua dolce, rilevando come questa sia addirittra più elevata di quella mappata nelle isole di plastica oceaniche. Le due scienziate italiane lavorano al dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra dell’Università di Milano-Bicocca e sono a capo del gruppo di ricerca che ha condotto lo studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Nature dal titolo “Plastic debris in lakes and reservoirs”.
Standard condivisi
Un altro elemento messo in evidenza dalla ricerca riguarda la parte metodologica relativa alle modalità con le quali ottenere misurazioni corrette. Oggi nei Paesi manca uno standard condiviso indispensabile per misurare l’inquinamento da plastica secondo i medesimi criteri. Lo studio a guida italiana ha dato vita ad un protocollo per classificare e misurare l’inquinamento da plastica nei campioni di acqua dolce e lo ha applicato a quanto raccolto sulla superficie di 38 laghi e bacini idrici, la maggior parte dei quali nell’emisfero settentrionale.
Gli oceani soffrono
La ricerca italiana completa un altro studio realizzato da Hudson Pinheiro e dai suoi colleghi, sempre pubblicato da Nature. I dati mostrano come i pezzi più grandi di rifiuti di plastica, noti come macroplastiche, rappresentino la quota maggiore di detriti prodotti dall’uomo trovati nelle barriere coralline basse e profonde in 25 località nei bacini dell’Oceano Pacifico, Atlantico e Indiano. Questi studi, conferma Nature, saranno molto importanti per le Nazioni Unite, dove si sta lavorando per definire una strategia comune utile a contrastare l’inquinamento da plastica. Si tratta di un obiettivo ambizioso che richiede un cambiamento radicale nei processi produttivi, di riciclo e smaltimento della plastica. Il trattato sulla plastica attualmente in corso ha un programma molto ricco: i confronti sono iniziati nel marzo 2022 e dovrebbero concludersi con un testo finale nel 2024, passando poi la parola ai singoli Paesi che dovranno adottarli nel propri ordinamento noermativo entro il 2025.
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