L’Italia ha predisposto lo schema di attuazione della direttiva Ue 2019/1158 che mira a sostenere le donne nel mondo del lavoro. Scopriamo cosa cambia.
Conciliare lavoro e famiglia non sempre è semplice e purtroppo nel tempo si sono cristallizzate situazioni di sfavore nei confronti delle madri lavoratrici, che fanno fatica a mantenere il posto di lavoro dopo la gravidanza. Questo perché il ruolo di cura ricade prevalentemente su di loro. Diverse sono state le misure adottate dall’Italia per incentivare il ruolo di cura dei padri in modo da consentire una maggiore facilità per le donne a rimanere competitive nel mondo del lavoro, ma le disparità restano. A provare ad arginare il problema c’è la direttiva Ue 2019/1158 a cui gli Stati Membri devono adeguarsi entro il 2 agosto 2022.
L’Italia ha dato il via alla procedura attraverso lo “schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (Ue) 2019/1158, relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza.” Ecco cosa cambia per i genitori lavoratori rispetto al passato.
Lavoro e famiglia: nuove regole dalla Ue
Il congedo di paternità
L’articolo 1 dello schema legislativo sottolinea che l’obiettivo della normativa è conseguire la condivisione delle responsabilità di cura tra uomini e donne e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare.
La prima novità importante riguarda il congedo di paternità, cioè il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro per il padre della durata di 10 giorni e che può essere fruito entro i primi 5 mesi dalla nascita del bambino, oppure dal suo ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento e 5 mesi dall’ingresso del bambino in Italia in caso di adozione internazionale.
Con la nuova disciplina il congedo di paternità può essere fruito anche prima del parto, in particolare nei due mesi antecedenti la data prevista per il parto. Sono aumentati a 20 i giorni fruibili in caso di parto plurimo. Il congedo di paternità obbligatorio con lo schema di attuazione della Direttiva viene esteso anche ai dipendenti pubblici che attualmente sono esclusi. Con la nuova disciplina viene ridotto a cinque giorni il termine di preavviso in favore del datore di lavoro da rispettare per poter fruire del congedo di paternità.
Nel caso in cui il datore di lavoro ostacoli la fruizione del congedo di paternità obbligatorio è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria di importo minimo di 516 € e massimo di 2.582 €.
Naturalmente in favore del genitore che fruisce di tale misura è previsto il divieto di licenziamento e di sospensione del lavoro. Il divieto di licenziamento si applica per tutto il primo anno di vita del bambino e oltre a essere prevista la nullità del licenziamento che se intimato in tale periodo, può portare a una sanzione amministrativa pecuniaria di valore compreso tra 1.032 euro e 2.582 euro.
Continua a spettare la retribuzione al 100% per il padre che usufruisce del congedo con accredito figurativo della relativa contribuzione a fini pensionistici. La direttiva sottolinea che la fruizione del congedo di paternità non può essere subordinata a condizioni, ad esempio a una certa anzianità contributiva e deve essere riconosciuto indipendentemente dallo stato civile.
Dal congedo di paternità obbligatorio deve essere distinto il congedo di paternità alternativo, cioè il congedo riconosciuto ai padri nel caso in cui la madre, per varie ragioni, non possa usufruirne. Anche in questo caso è prevista la sanzione per i datori di lavoro che dovessero ostacolarne la fruizione con arresto anche fino a sei mesi.
Cosa cambia con il congedo parentale?
Miglioramenti sono stati previsti anche per il congedo parentale, cioè il periodo di astensione dal lavoro concesso ai genitori nei primi anni di vita del bambino. Le nuove norme, contenute nell’articolo 2 dello schema di decreto legislativo per l’attuazione della direttiva Ue 2019/1158, vanno a modificare gli articoli 32, 34 e 36 del decreto legislativo 151 del 2001.
In passato il periodo di congedo parentale poteva essere fruito nell’arco dei primi 8 anni di vita del bambino (articolo 31 comma 1) ora si passa a 12 anni.
L’articolo 32 prevedeva che nel caso di genitore solo questi potesse usufruire di 10 mesi di congedo parentale, ora il termine è elevato a 11 mesi (articolo 32, comma 1 lettera c). Nello schema di decreto legislativo viene invece sottolineato che la normativa italiana già in precedenza prevedeva che ciascun genitore potesse usufruire di un periodo massimo di congedo parentale di 6 mesi, elevati però a 7 mesi per il padre che avesse usufruito di un periodo di congedo parentale continuato o frazionato non inferiore ai 3 mesi. In questo caso il periodo massimo in cui i due genitori complessivamente possono usufruire del congedo parentale viene elevato a 11 mesi. I termini restano uguali in quanto la disciplina è maggiormente favorevole rispetto al minimo previsto dall’Unione Europea.
Rispetto al passato cambia il modo di calcolare l’indennità spettante al lavoratore che decide di fruire del congedo parentale.
In primo luogo, il periodo di cui usufruire del congedo parentale “retribuito” è di tre mesi, non trasferibili, per ciascun genitore per tutti i primi 12 anni di vita del bambino (in precedenza solo per i periodi fruiti nei primi sei anni di vita del bambino). Un’ulteriore indennità per 3 mesi e riconosciuta a un solo genitore. Infine, in caso di genitore solo, l’indennità spetta per 9 mesi.
Se l’indennità spettante è inferiore a 2,5 volte rispetto al trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria oppure se il congedo ricade nel periodo di prolungamento spettante in casi di bambini colpiti handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, l’indennità spetta per tutto il periodo di congedo parentale di cui si usufruisce. In passato spettava solo per i periodi fruiti nei primi 6 anni di vita del bambino, oppure 8 anni in caso in caso di minore disabile.
Il modo di calcolare il 30% dell’indennità cambia: in passato la base di calcolo era rappresentata dalla retribuzione ordinaria, ora invece deve essere tenuto come riferimento anche il rateo giornaliero della gratifica natalizia o della tredicesima mensilità e altri premi e trattamenti accessori erogati al lavoratore.
Trattamenti previsti per lavoratori e lavoratrici autonomi
Un’altra novità importante è l’estensione del riconoscimento del trattamento di maternità ai due mesi antecedenti la data del parto a:
- coltivatrici dirette;
- colone;
- mezzadre;
- imprenditrici agricole professionali;
- artigiane;
- libere professioniste iscritte a una forma obbligatoria di previdenza gestita da un ente di diritto privato.
Tali categorie possono però usufruire del trattamento di maternità per il periodo antecedente il parto solo in presenza di gravi complicanze della gravidanza, persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza.
I lavoratori iscritti alla Gestione Separata Inps possono avere un congedo parentale di durata non superiore a 9 mesi e ciascun genitore può usuifruire di un periodo massimo di 6 mesi per i primi 12 anni di vita del bambino (non viene elevato a 7 mesi il periodo fruibile dal padre).
Con la direttiva 2019/1158 si provvede al riconoscimento dei diritto al congedo parentale anche a coltivatori diretti, coloni, mezzadri, artigiani, imprenditori agricoli professionali, esercenti attività commerciali, pescatori autonomi della piccola pesca marittima e delle acque interne. In questo caso però per lavoratrici e lavoratori viene riconosciuto per un periodo massimo di tre mesi entro il primo anno di vita del bambino.
Lavoro agile e part time
La normativa prevede, infine, delle priorità per i genitori che hanno figli disabili o comunque sono caregiver, questi hanno la priorità in caso di richiesta di lavoro agile o di trasformazione del contratto da tempo pieno a parziale. Hanno diritto a tale priorità i lavoratori che:
- usufruiscono del permesso giornaliero di due ore riconosciuto per il figlio disabile fino a 3 anni;
- hanno un figlio di età ò non superiore a 12 anni o un figlio di qualsiasi età in condizione di disabilità grave
- lavoratori che rientrano nella nozione di caregiver.
Cambiano i criteri di priorità per la trasformazione del contratto da full time a part time. In presenza di diverse domande da parte dei lavoratori, la priorità deve essere riconosciuta in caso di patologie oncologiche o gravi patologie cronico- degenerative ingravescenti. Tale riconoscimento di priorità non riguarda solo il caso in cui la patologia riguardi il lavoratore, ma anche nel caso in cui riguardi il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore/lavoratrice. Inoltre, viene riconosciuta tutela anche per la parte dell’unione civile.
I lavoratori che richiedono di poter accedere a tali benefici non devono essere sanzionati, demansionati, licenziati, trasferiti o comunque sottoposti a modalità organizzative che possano avere effetti negativi diretti o indiretti sulle condizioni di lavoro. Tali comportamenti devono essere considerati discriminatori o distorsivi. Ogni misura adottata in violazione delle norme viste deve essere considerata nulla.
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