Troppe pressioni per imporre alle partite Iva di aderire al concordato preventivo biennali con punizioni che vanno dai maggiori controlli all’applicazioni di sanzioni accessorie.
Il concordato preventivo biennale rischia di essere un bel problema per le partite Iva. Non accettare la posposta del Fisco esporrebbe il lavoratore autonomo e il professionista anche a conseguenze che si ripercuoterebbero sulle sanzioni tributarie.
Inizialmente si era parlato dell’esposizione a controlli fiscali per chi non era disposto ad accettare la proposta di concordato preventivo, ma una novità contenuta nel decreto legislativo di riforma delle sanzioni prevede anche delle novità sul fronte delle sanzioni.
Le due punizioni del Fisco per chi non accetta il concordato
Chi deciderà di non aderire al concordato preventivo biennale potrebbe scontrarsi con una sorta di punizione doppia da parte del Fisco.
Da una parte i controlli maggiori che graveranno su coloro che non aderiranno al concordato preventivo biennale. Adesso si aggiungono però anche una disciplina sanzionatoria con maggiorazioni.
Il nuovo decreto, che sta terminando il suo iter parlamentare, prevede, se viene elevata una sanzione amministrativa per violazioni da riferirsi a periodi di imposta per i quali non si aderito alla proposta di concordato preventivo biennale
che le soglie per applicare la sanzione siano ridotte della metà e la stessa riduzione colpisce anche chi, pur avendo aderito al concordato, è decaduto dall’accordo per non aver osservato le norme che lo disciplinano.
L’intervento, nello specifico, riguarda il limite di 50.000 euro che per chi non ha accettato la proposta di concordato si riduce della metà (25.000 euro).
Le sanzioni accessorie si applicano per un periodo variabile da tre a sei mesi per sanzioni che superano i 25.000 euro e fino a 12 mesi se le sanzioni superano i 50.000 euro.
Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti aveva già sottolineato la gravosità delle regole legate proprio al concordato preventivo.
Troppe pressioni per accettare il concordato preventivo
I maggiori controlli e il dimezzamento delle soglie per l’applicazione delle sanzioni accessorie sembrano essere una pressione per fare si che le partite Iva accettino la proposta di concordato preventivo biennale, un istituto nato su base di adesione volontaria. In questo modo, proprio per le troppe pressioni e le “punizioni” previste per chi non aderisce, non c’è più molta libertà di scelta.
Il problema principale è che la politica fiscale del prossimo biennio fa troppo conto sulle entrate che deriveranno dal concordato preventivo biennale e lo stesso Viceministro Leo a più riprese ha affermato che saranno proprio queste entrate a finanziare la riforma dell’Irpef del 2025.
Quello però, di cui non si tiene conto, è proprio il fatto che per le partite Iva aderire al concordato preventivo per un biennio rappresenta una scommessa e che in molti casi significherà versare più tasse del dovuto. Per i lavoratori autonomi e i professionisti, infatti, anche un lungo periodo di malattia rappresenta un periodo di non guadagno che, con il concordato, poterebbe a dover versare un maggior numero di tasse a fronte di ricavi minori.
I guadagni nel mondo del lavoro autonomo troppo spesso sono poco valutabili da un anno all’altro: la perdita di un committente, un periodo di infortunio o qualsiasi altro intoppo che porti ad avere guadagni minori, infatti, fa risultare la proposta del Fisco poco conveniente e proprio per questo motivo si deve lasciar liberi i diretti interessati di scegliere se aderire o meno alla proposta del Fisco, senza prevedere punizioni per non aver contribuito a finanziare il taglio delle aliquote Irpef previsto per il 2025.
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